TREZZA: un’altra morte bianca ?

Aldo Bianchini

SALERNO – A leggere i giornali di questi giorni si ha l’esatta dimensione della gravissima tragedia abbattutasi sulla famiglia Trezza per la perdita improvvisa, inaspettata e violenta del loro caro LINO. Un’altra morte bianca, l’ennesima di una catena che non si riesce proprio a spezzare nonostante gli sforzi istituzionali nella lotta per la sicurezza nei cantieri e nei luoghi di lavoro. Quando si parla di “infortuni sul lavoro”, perché quello di Lino Trezza è un infortunio sul lavoro, bisogna sempre avvicinarsi al problema con un bagaglio relativamente ben attrezzato per non correre il rischio di scrivere cavolate come quella che ho letto su un giornale e che suona così: “E’ morto dissanguato Lino Trezza, l’operaio 35enne che martedì sera (22 novembre 2016), mentre era a lavoro nel porto alla guida di un muletto, si è schiantato con il mezzo contro dei containers. E’ quanto emerge dall’esame autoptico svolto nella tarda mattinata di ieri (l’articolo è del 26 novembre) dal medico legale Giovanni Zotti incaricato dal sostituto procuratore Roberto Penna di accertare le reali cause del decesso e, quindi, anche se il giovane possa avere avuto un malore che gli abbia potuto far perdere i sensi. Esclusa questa ultima ipotesidall’esame medico, la Procura di Salerno non ha più dubbi che si tratti di un incidente sul lavoro”. Ho riportato questo stralcio apparso su un giornale perché la sua lettura mi ha fatto sorridere, seppure il mio pensiero sia andato alla tragedia, e mi sono posto subito una domanda: “Perché se Trezza avesse avuto un malore il suo infortunio non poteva essere ricondotto ugualmente sotto la protezione della legge infortuni ?”. Insomma quando si scrive di infortunistica sul lavoro è bene seguire il consiglio di cui prima e regolarsi sulla base di quanto mi accingo a scrivere. L’infortunistica, soprattutto quella del lavoro, è una materia vasta ma affascinante che si modella sull’andamento lavorativo del soggetto, sia esso dipendente o autonomo; nel primo caso, il più classico, l’accadimento si identifica come “infortunio dovuto a causa violenta in occasione di lavoro dipendente che produca almeno una invalidità temporanea assoluta al lavoro per un minimo di tre giorni”. La stessa formula, con una coda peggiorativa, si applica nei casi di infortunio che ha prodotto la morte del soggetto, com’è accaduto al malcapitato Lino Trezza. Bisogna poi distinguere la vita del lavoratore (che gli esperti limitano in una fascia di 40 anni, dai 20 ai 60 anni di età) in quattro specifici ambiti temporali: il primo dai 20 ai 30 anni, il secondo da 30 ai 40 anni, il terzo dai 40 ai 50 anni e il quarto dai 50 ai 60 anni. Partendo dal presupposto che l’infortunio non è mai voluto o cercato (altrimenti sfoceremmo nell’infortunio per “rischio elettivo”) e che il suo determinismo, nella stragrande maggioranza dei casi, è dovuto a mera fatalità che molto spesso si accompagna ad uno di questi quattro specifici elementi: inesperienza (dai 20 ai 30 anni), produttività (dai 30 ai 40),      eccesso di sicurezza (dai 40 ai 50), caduta dei livelli di guardia (dai 50 ai 60). A queste specifici elementi di qualificazione dell’infortunio bisogna aggiungere, sempre secondo gli esperti, l’orario; il maggior numero degli infortuni accadono di mattina o di pomeriggio subito dopo la pausa pranzo; ovvero nelle prime ore di lavoro e nella seconda parte dello stesso. C’è, comunque, un elemento fondamentale che le istituzioni non vogliono riconoscere come veritiero e che gli altri soggetti in campo fanno finta di non conoscere. L’elemento è la progettazione della macchina operatrice che il lavoratore è chiamato ad utilizzare; la macchina viene sempre progettata innanzitutto perché deve rendere al massimo della produttività, subito dopo viene la creazione di tutti quegli accessori utili alla sicurezza personale del soggetto che le usa. Molte figure sono state create nel corso di questi ultimi decenni, grazie all’ottima legislazione esistente per la materia nel nostro Paese, a tutela dei lavoratori dipendenti; figure sulle quali ricade buona parte della responsabilità degli infortuni. Tecnicamente ed astrattamente un infortunio sul lavoro non dovrebbe mai accadere, purtroppo esiste l’imponderabile dovuto alla sorte ed anche alla corretta esecuzione del lavoro. Ma allora perché è accaduto un infortunio così grave al malcapitato Trezza ? Le cause possono essere tantissime e da ricercare in ogni ambito della sopra esposta declaratoria, non soltanto nei risvolti che portano alla responsabilità, in via prevalente, del datore di lavoro e/ dei preposti alla sicurezza. Ma questo cercherò di analizzarlo nel prossimo articolo.

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