Referendum: istigazione al voto di scambio … avviso per De Luca … ma quanto gli costa una frittura di pesce ?

Aldo Bianchini

SALERNO – “Uomo avvisato, mezzo salvato”, un antico detto che si attaglia alla perfezione alla situazione che da ieri pomeriggio sta vivendo il governatore della Campania, Vincenzo De Luca, dopo la frittura di pesce da regalare a chi avesse deciso di votare per il “SI” al referendum costituzionale. Per chiunque un avviso di garanzia sarebbe abbastanza inquietante, per Vincenzo De Luca invece la situazione è completamente ribaltabile sia dal punto di vista formale che sostanziale. Tutto quello che per gli altri è tragico, per De Luca diventa stranamente risibile; sarà così anche questa volta ? Decisamente “SI” proprio come la risposta che Lui invitava a dare nel segreto delle urne a sindaci e semplici elettori; lo avrebbe fatto almeno in una riunione, quella presso l’Hotel Ramada di Napoli, anche se gli investigatori stanno cercando elementi probatori per altri inviti in altre riunioni. Ci sono, però, diversi osservatori che diversamente da me pensano che questa volta il kaimano rischia grosso per la sua maledetta abitudine di sparare battute e freddure che colpiscono l’immaginario della gente in maniera positiva ma che spesso danno fastidio a pubblico e istituzioni. Ma perché questa volta De Luca rischia ?; potrebbe andargli male perché al di là della estemporaneità dell’invito a regalare “una frittura di pesce” alle persone che promettevano un voto per il “SI” ci sono ulteriori e diversi elementi sui quali la Procura di Napoli indaga per: “”L’invito «a non fare i fessi», ma anche «a mandare i fax con i numeri dei voti per il sì» dai rispettivi municipi. Poi: l’appello a rimanere uniti, di fronte a un governo con il quale c’è un’interlocuzione vantaggiosa, per la quale saranno investiti milioni in Campania e ancora l’esortazione «ad andare porta a porta e a segnalare i voti raccolti per il sì» in vista del quattro dicembre, il giorno del referendum costituzionale””. La famigerata “frittura di pesce” si defila all’orizzonte di uno scenario che vedrebbe nuovi e più seri momenti di indagini che potrebbero essere trasformati in “capi d’imputazione”; insomma la sostanza per un’accusa seria c’è tutta e va ben al di là della frittura che rimane, come dicevo, all’orizzonte ed assume la veste di una battuta, forzata e sconcertante fin che si vuole, ma sempre una battuta. E Vincenzo De Luca, intelligentemente, in questi giorni ha posto sempre l’accento sulla “frittura” tenendo il discorso ben lontano dagli altri punti pericolosi; ecco perché la Procura (con il procuratore aggiunto Alfonso D’Avino e il pm Stefania Buda) si è decisa, dopo aver aperto un fascicolo senza indagati a notificare un avviso di garanzia direttamente al governatore. L’altro ieri è già stato sentito il portavoce del governatore, il giornalista Paolo Russo, che se vogliamo portavoce lo è stato solo sulla carta in quanto non ha mai parlato in nome e per conto del governatore; anche questo aspetto sicuramente i giudici avranno tenuto in buon conto. “”Ci sono passaggi su cui gli inquirenti puntano a fare chiarezza. Da un lato, il governatore invita a fare clientela (prendendo come esempio il sindaco cilentano Franco Alfieri, ironicamente indicato da De Luca come un campione di clientele), magari offrendo fritture di pesce o gite in barca ai propri elettori; dall’altro, invece, il ragionamento di De Luca si fa serio e diretto: -Per la prima volta qui in Campania useremo i fondi europei anche per gli studi professionali-. Poi: -Ci sono 400 laboratori – insisteva al Ramada – sono tanti voti, mandatemi fax con numeri realistici dei voti per il Sì. Fate il porta a porta e non pensate ad altro-. Ma c’è anche un’altra circostanza su cui la Procura ha deciso di vederci chiaro. È il ruolo di commissario in pectore alla sanità campana con cui De Luca si presenta alla platea dei sindaci. Stando a quanto trapela dalle pieghe delle indagini, il riferimento agli studi professionali, ai laboratori e ai manager non sarebbe piazzato a caso. Anzi”” (fonte Il Mattino mobile del 14.12.16). L’ultima ipotesi investigativa è quella più pericolosa a mio sommesso giudizio; anche perché le leggi non sono affatto cambiate rispetto all’epoca di tangentopoli quando per un caso del genere sarebbero state fatte follie. Nell’attesa degli sviluppi eventuali è solo il caso di ricordare quanto accadde nella campagna elettorale per le politiche del 1992. Per i socialisti, in quelle elezioni, era candidato in quota PSI l’ex sindaco di Vallo della Lucania Antonio La Gloria molto vicino all’allora ministro Carmelo Conte e grande amico del patron della sanità privata avv. Leonardo Calabrese. Quest’ultimo prima delle elezioni riunì i dipendenti (circa duecento) per segnalare la candidatura di La Gloria come sponsorizzata anche da Conte. Cioè un terzo invita al voto gente che La Gloria e soprattutto Conte non hanno mai conosciuto non essendo neppure presenti alla riunione, ma scoppia uno scandalo senza fine e si arriva anche ad un giudizio (senza Conte perché subito scagionato da ogni accusa) che dopo qualche anno finirà nel nulla di fatto. Nel fatto della riunione all’Hotel Ramada di Napoli non solo il governatore era presente ma è proprio lui ad incoraggiare ad esercitare ogni potere pur di assicurarsi quanti più voti possibili per il “SI”. Resto convinto che il tutto finirà nell’ennesima bolla di sapone, ma è necessario comunque aspettare gli ulteriori sviluppi.

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