Certosa: il costo di avere un direttore part time

Aldo Bianchini

PADULA – Come ogni inizio anno anche per il 2017 è tempo di bilanci per riflettere sulle cose fatte e quelle da fare, sui risultati ottenuti e su quelli che si prevede di ottenere. Nel mondo delle imprese il ruolo del direttore/amministratore, ormai definito “manager”, è quello di aumentare i profitti con le risorse disponibili e con gli investimenti giusti, un ruolo che richiede competenza e responsabilità. In Italia il ruolo di manager vero è ancora di là da venire perché come al solito è stato rapportato, nel pubblico, alla carriera e non al merito. La remunerazione del direttore è proporzionale ai profitti ottenuti, cosa buona e giusta in quanto la maggior crescita dell’impresa è nell’interesse sia della proprietà che dei dipendenti. Purtroppo nel mondo pubblico non valgono le stesse regole e ci sono casi come la Certosa di San Lorenzo dove il direttore assume un doppio incarico, dividendosi tra Padula ed un museo di Sarno con uno stipendio fisso garantito dallo Stato indipendentemente dai risultati della gestione; e questo non sicuramente per colpa o scelta sua. Un direttore però di fatto a tempo parziale per i due siti culturali di proprietà pubblica, presente il martedì (giorno di chiusura) ed il giovedì in Certosa, con a disposizione un numero elevato di personale, anch’esso stipendiato dallo Stato, 29 persone che vigilano sul monumento, 8 unità tra amministrativi e addetti alla biglietteria, 5 funzionari,  che si occupano degli adempimenti tecnici e amministrativi dal lunedì al venerdì lasciando il sabato e la domenica il monumento privo di qualsiasi riferimento organizzativo e gestionale.

Come nel mondo privato anche in quello pubblico se il direttore lavora due giorni su sette, i profitti non possono che essere ridotti al minimo e se in quei due giorni a settimana le risorse disponibili (già ridotte !!) non vengono sfruttate al meglio viene naturale non avere grandi aspettative sui risultati ottenuti nell’anno appena trascorso. L’unica differenza è che il direttore dell’impresa privata può rimetterci le penne, esponendo ad un rischio irreversibile la proprietà ed i dipendenti, mentre il direttore del bene pubblico può dormire sogni tranquilli, specialmente se prossimo al pensionamento, indipendentemente dai risultati ottenuti, quindi il suo interesse nel migliorare il bene è del tutto relativo, anche se virtualmente elevato.

La situazione attuale della Certosa è il risultato del declassamento del monumento a museo di periferia e  per la sua gestione part time, sembrerebbe quasi “a tempo perso”. In aggiunta, altri fattori negativi, già oggetto dell’inchiesta giornalistica in corso, sono gli infortuni sul lavoro, uno nascosto forse inavvertitamente e l’altro a carico di una dipendente ancora in malattia, le barriere architettoniche, gli ambienti chiusi per il pericolo della caduta degli alberi, lo Scalone Vanvitelliano in pietra di Padula  inaccessibile perché completamente cosparso dagli escrementi corrosivi dei piccioni, le mostre della passeggiata coperta chiuse, gli ambienti tenuti al buio, quelli tenuti chiusi e preclusi ai visitatori, le opere d’arte nascoste, l’erba alta nel chiostro più grande d’Italia, l’intervento dei carabinieri contro le guide abusive, l’assalto in massa alla delicata scala elicoidale, il calpestio delle maioliche settecentesche in biblioteca, l’assenza di sorveglianza all’ingresso principale che il 27 novembre ha consentito l’ingresso gratuito a centinaia di fortunati turisti  con conseguente danno erariale.

Ma la Certosa merita davvero questa disfatta? Ovviamente no, pertanto l’auspicio è che il monumento venga preso seriamente in considerazione dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo  e che il direttore sia presente a tempo pieno modificando l’attuale gestione  poco produttiva.

L’inchiesta   giornalistica, per dovere di senso civico e per il rispetto del bene pubblico, continuerà anche nel corso del 2017, non mancheranno segnalazioni e suggerimenti al solo fine di evitare situazioni di illegalità, di pericolo e di non curanza dei luoghi. Anche perché l’inchiesta ha prodotto risultati positivi grazie all’ascolto della direzione del sito, come la messa in sicurezza dei visitatori esposti al pericolo del crollo di un albero e delle tegole in una cella poi chiusa, l’illuminazione degli ambienti tenuti al buio per varie settimane ed il contrasto alle guide abusive.

Un cambiamento è indispensabile sin da subito, lasciandosi alle spalle la disfatta e adoperandosi per un riscatto che torni a far splendere la Certosa più grande d’Italia.

Un proverbio dice “chi ben comincia è alla metà dell’opera”  ovviamente non è il caso della Certosa, dove i turisti che il giorno 2 gennaio dopo aver pagato il biglietto d’ingresso, nello stupore più totale, si sono trovati nell’impossibilità di visitare numerosi  ambienti, implacabilmente chiusi e transennati. Invece, della serie “a volte ritornano”, ricordando lo scambio di battute comiche tra il vigilante spiritoso e la guida abusiva in costume, di cui esiste anche un video, nelle sale certosine sotto gli occhi dei turisti  e soprattutto dei vigilanti che dovrebbero contrastare il fenomeno, nonostante un cartello prima della biglietteria annunci il divieto e nonostante l’avviso bonario dei carabinieri nei mesi scorsi, sono ricomparse le tenaci e storiche guide abusive che continuano ad entrare indisturbate. Ma di questo ne parlerò nel prossimo articolo. Per il momento, affinchè le cose cambino positivamente, affido i miei voti oltre che a San Michele Arcangelo (senza spada e bilancia, nascoste o chissà!?) posto nella cappella del Priore, anche a San Lorenzo senza la sua testa (nascosta e mai riposta !!), posto sulla facciata della Chiesa delle donne.

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