Frà Gigino: tra mito e idolatria !!

 

Aldo Bianchini

 

SALERNO – Conosco da molti anni padre Luigi Petrone, al secolo Frà Gigino, ed anche se da molto tempo non l’ho più incontrato ho sempre avuto una particolare attenzione per quanto il “frate coraggioso” di Cava de’ Tirreni andava facendo e dicendo. Spesso ho scritto di lui in maniera anche sarcastica, lo riconosco, ma a me non piacciono gli atteggiamenti troppo forzati e al di là delle normali linee di corretta convivenza civile. Nell’agosto di due anni fa scrivevo su questo giornale che: “”Quella in scena a Cava non è come l’eterna sfida tra “Peppone e don Camillo” di guareschiana memoria. A Brescello il prete voleva continuare a fare il prete e il sindaco voleva continuare a fare il sindaco (semmai con qualche parentesi in Parlamento). A Cava de’ Tirreni, invece, sembra proprio che ormai siamo all’epilogo dell’eterno scontro tra i sindaci che si sono succeduti nel tempo e il mitico “frà Gigino”, l’esplosivo cappuccino della Chiesa di San Francesco; egli vuole altro, molto altro. Non mi soffermo sulle ragioni del ripetuto e reiterato scontro istituzionale (se così si può dire !!) tra il Comune e il frate, scontro cominciato fin dai tempi del sindaco Alfredo Messina e continuato con gli altri fino a Vincenzo Servalli; senza dimenticare il frastuono delle campane contestato in Chiesa dal figlio del già non più sindaco Luigi Gravagnuolo e la vicenda del “bambinello” che lacrimava sangue, con strascichi giudiziari ancora in corso. Mi piace mettere in evidenza, invece, le ambizioni del fraticello cavese che in fatto di “conquista del potere temporale o religioso” non è secondo a nessuno””. Tutto questo, ed anche di più, lo scrivevo nell’agosto di due anni fa e rispetto a quanto ho scritto il quadro non è sostanzialmente cambiato di molto; anzi sembrava essersi appesantito con la probabile decisione della Curia dei Frati Minori in Baronissi di allontanare il “frate coraggioso” dal suo nido naturale che è il santuario di San Francesco e Sant’Antonio di Cava; una struttura che in pochissimi anni Frà Gigino ha preso dal degrado assoluto e dall’abbandono e l’ha restituita alla città metelliana in tutto il suo splendore donandole una perfetta organizzazione manageriale e moderna senza intaccare la vetusta antichità del complesso. In queste ore è giunta la notizia che Frà Gigino potrà rimanere a Cava a curare il “suo santuario” per continuare la sua missione in favore della sterminata popolazione di fedeli che da sempre è schierata dalla sua parte. Faccio ammenda, quindi, per aver avuto anche io in passato un punto di vista diverso da quello del frate; non ho cambiato le mie idee di fondo e né cado in contraddizione ma scrivo spesso che chi pratica il mestiere di giornalista deve saper scindere il proprio pensiero personale da quello del sentire comune,ovvero della maggioranza. La democrazia, del resto, funziona così e bisogna farsene una ragione. E la stragrande maggioranza della popolazione cavese sta dalla parte di Frà Gigino. Per rendermi conto ancora di più di quanto è stato capace di fare questo “fenomeno vivente” la sera di domenica scorsa mi sono recato nel santuario di San Francesco e Sant’Antonio che non visitavo da almeno una decina di anni. Una fiumana di fedeli per le aree aperte, la chiesa gremita, tutta la struttura praticamente invasa dai visitatori; un bar simile ad una struttura superbamente moderna, la copertura dell’enorme cortile interno, le aiuole, il palco, la cripta, la splendida chiesa, la mensa con annesso salone per le feste, il presepe permanente, finanche i bagni super organizzati anche dal punto di vista dell’igiene; questo ho visto e questo descrivo. Insomma nelle ore in cui la Curia era chiamata a decidere il destino di Frà Gigino la gente, tanta gente, ha invaso letteralmente il santuario per essere vicino al suo fraticello che, opportunamente, ha anche evitato di condurre il rito religioso della domenica sera e di fare un passo indietro per l’attesissima omelia; forse un nuovo aspetto caratteriale del frate e della sua necessità di obbedienza. La gente ha scelto, la Curia ha scelto, Frà Gigino ha vinto alla grande questa battaglia dallo strano sapore guareschiano andato in scena al tempo di Peppone e Don Camillo. Le decisioni sono sempre difficili per qualsiasi organismo chiamato a decidere, figurarsi quando si parla della Chiesa i cui organi decisionali hanno tempi lunghissimi; ma quando la decisione arriva, e nel caso di Frà Gigino è arrivata, è sempre una decisione meditata e sofferta, mai arrogante o dettata dal fumus della conquista del potere. I siti online si sono sbizzarriti in queste ore ha diffondere la notizia dell’assoluzione (si fa per dire !!) di Fra Gigino ed anche a riportare alcune sue dichiarazioni rese al termine dell’incontro con i ministri della Curia: “”E’ andata molto bene, abbiamo discusso. Ho presentato due lettere, una per il trasferimento presso la Basilica di Sant’Antonio al Laterano in Roma ed una per recarmi due giorni in Spagna, per ritirare la statua della ‘’Dolorosa’’ che uscirà in processione il giovedì santo. La seconda lettera è stata accolta, circa la prima il Padre provinciale mi ha comunicato che può concedermi al massimo una settimana di riposo nella località religiosa che più preferisco ma al termine di questo periodo devo ritornare a Cava a lavorare e ricominciare da capo perché la città ha bisogno. Certo non è facile e questa volta bisogna anche essere obbedienti, anche se tante volte uno preferisce andare fuori. In merito alle incomprensioni, si possono superare. A dire il vero qualche mese in più di vacanza lo farei, ma si avvicinano importanti eventi ed insieme a Frate Pietro e Frate Corrado dobbiamo riprendere a lavorare in pieno regime””. Meglio di così non poteva andare e la mitica “fabbrica del santuario” (un’opera che sfiora i 20milioni di euro) non conoscerà sosta e, soprattutto, non perderà il suo vero cuore pulsante che è rappresentato dall’opera continua e tenace del piccolo francescano. Ora bisognerà lavorare per una pacificazione completa e senza appelli tra il potere temporale e quello politico-amministrativo che, al momento, tace. Fra mito o idolatria ? chiedevo nel titolo. Secondo me siamo di fronte più ma un mito che ad un personaggio idolatrato.

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