SBALLO: da Vietri ad Alatri la maledizione del venerdi … sempre la stessa storia !!

 

Aldo Bianchini

 

SALERNO – Da Vietri sul mare di Salerno ad Alatri di Frosinone, un piccolo balzo chilometrico, un grande salto tra tradizioni e radici completamente diverse. Ma la storia è sempre la stessa, la storia dei ragazzi di provincia che molto più spesso si danno allo sballo per ingannare il tempo; o peggio ancora la storia di piccoli uomini che si atteggiano a delinquenti. Molto verosimilmente non sono né piccoli uomini e né delinquenti ma soltanto sporchi bastardi.

 E tutto accade con una violenza inaudita in un’orgia aggressiva senza pari, e con un branco di lupi che assale e finisce una piccola pecorella indifesa tra l’indifferenza insopportabile e ingiustificabile della massa indefinita di gente che è destinata a vivere sempre e soltanto nell’anonimato più spregevole.

La sera del 10 agosto 2007, venerdi, diversi giovani consumano il loro divertimento nel locale notturno “La Ciurma” di Vietri sul Mare; una scintilla  dovuta a cause banali fa scoppiare l’incendio e con esso la rabbia delinquenziale di alcuni delinquenti di piccolo cabotaggio ma già molto noti alle forze dell’ordine; un giovane, Raffaele Cesarano, reo di aver tentato di difendere la giovane fidanzata dagli apprezzamenti sgarbati e cafoni di alcuni giovani bulli, fu atteso fuori del locale e prima massacrato e poi barbaramente ucciso sotto gli occhi della stessa fidanzata.

La sera del 24 marzo 2017, venerdi, diversi giovani consumano il loro divertimento nel locale notturno “Mirò Club” di Alatri; la solita scintilla e il solito incendio, poi la furia e la violenza; due dei picchiatori già noti alle forze dell’ordine (addirittura uno dei due fratellastri arrestati era uscito dal carcere il giorno prima del masssacro) in azione; un giovane, Emanuele Morganti, viene trascinato fuori del locale e massacrato prima e poi barbaramente ucciso sotto gli occhi della stessa fidanzata.

A distanza di dieci anni, due luoghi diversi per due fatti identici; cambiano soltanto i nomi perché anche l’età è la stessa.

Le stesse indagini, le stesse frasi di circostanza, gli stessi commenti dei soloni del tubo catodico, ma nessuno che prende di petto la situazione (ormai sfuggita di mano) per risolverla una volta per tutte con pene serie e certe; è vero che gli anni di carcere non riporteranno mai sulla terra i due giovani sacrificati come capri espiatori su un altare indefinito e indefinibile. E’ vero anche che gli assassini de “La Ciurma” hanno avuto pene esemplari così come probabilmente le avranno quelli del Mirò Club. Ma alla fine le sconteranno davvero queste pene ?

Per la strage di Vietri sul Mare qualcuno si pentì e scrisse ai genitori della vittima una splendida lettera: “Da quella maledetta sera la mia vita è cambiata per sempre perché so che ho distrutto la vita di un ragazzo come me. Non posso capire il dolore che provate, posso solo chiedervi perdono per affrontare i prossimi anni di carcerazione”. Qualcuno pensò ad un pentimento dettato da una precisa strategia difensiva, io ritenni e ritengo che si trattò di vero pentimento. Probabilmente anche per la strage di Alatri ci sarà un pentito che pronuncerà le stesse parole, inutili e tardive.

Del resto cosa ci aspettiamo da una società che riesce a trovare soltanto nella “movida” la risoluzione fisico-psicologica dei tanti problemi che assillano i nostri giovani ragazzi e che ha dato vita a quella che passa come la teoria imperante: “”spettacolarizzazione del fenomeno attraverso fatti omicidiari nell’ambito di una particolare pericolosità sociale nel più ampio contesto di una consorteria completamente strutturata finalizzata alla pubblica affermazione di percettibili fisionomie criminali e della propria ferocia”” (parole contenute in una relazione sulle movide redatta dalla Procura Nazionale Antimafia). Peccato che in questo Paese ci si accorga dell’esistenza della violenza di gruppo soltanto in occasione delle tragedie come quelle di Vietri e di Alatri; inutilmente, direi, perché ad ogni occasione vengono rispolverate tutto quello che già sapevamo tutti da tempo immemore e che le Procure territoriali e la stessa Procura Nazionale Antimafia rimescolano aggiungendo frasi ad effetto per non svelare che hanno scoperto l’acqua calda.

Per la giovane fidanzata di Emanuele, dopo il dolore e i funerali, si aprirà il lungo calvario delle udienze in tribunale, degli interrogatori infiniti, delle contraddizioni che gli avvocati difensori cercheranno di pescare in ogni sua dichiarazione (come se fosse facile ricordare sempre allo stesso modo i momenti più drammatici nella vita di un giovane); la stessa strada che per anni ha percorso la fidanzata di Raffaele fino in fondo, con coraggio e passione civile, fino alla condanna definitiva degli assassini del suo uomo.

E i buttafuori ? ha chiesto qualcuno ad Alatri così come chiesero in tanti a Vietri. I buttafuori tacciono, da loro nessuna risposta. Anche qui, per i buttafuori, sembra che la macchina del Paese stranamente si inceppi nel tentativo di non voler approfondire il ruolo e l’identità di questi signori. Capisco che si rischia di scoprire che molti di essi appartengono alle stesse forze dell’ordine; persone dedite al doppio lavoro, in nero, per arrotondare i magri stipendi. E non è il caso, in questa sede, aprire approfondimenti di altra natura.

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