Giornalismo: lo strano mestiere più bello del mondo … da Lorenzo Peluso ad Antonio Colombo

 

Aldo Bianchini

 

SALERNO – Il 20 marzo scorso nel contesto di un mio articolo sulle BCC e sulle riforme che non cambiano gli uomini avevo confessato di non leggere www.quasimezzogiorno.it  il giornale online ottimamente diretto dal collega Lorenzo Peluso e punto di riferimento della Bcc Buonabitacolo. Avevo anche promesso che avrei iniziato a leggerlo ogni mattina; non solo l’ho letto ma sono anche andato alla ricerca degli articoli più interessanti firmati dal collega in queste ultime settimane. Ne ho scovato uno che mi ha particolarmente colpito per la professionalità con cui è stato scritto. “Questo strano mestiere ispirato da Walter Tobagi”, questo il titolo dell’articolo con cui Peluso fa un’attenta disamina del giornalismo locale partendo dal mitico giornalista nazionale, Walter Tobagi, per atterrare nel comprensorio del Vallo di Diano dove il giornalista-scrittore Lorenzo Peluso vive ed opera. Dunque, per non correre il rischio di essere scambiato per un “avventato analista di questioni bancarie che però evidentemente non conosco” preferisco approfondire il contenuto dell’articolo sullo strano mestiere in quanto non solo penso di conoscere il mestiere ma di tenere presente anche la situazione locale, e per locale intendo a livello dell’intera provincia. E “per non farmi prendere da motivazioni di carattere personale e/o di appartenenza” (che non è una massima ma semplicemente un mio modo personale di espressione) dico subito che concordo pienamente con l’analisi fatta da Lorenzo anche per il taglio che ha dato alla traduzione del suo pensiero in parole scritte, e la cosa non è assolutamente facile. Io non ho avuto, come lui, il piacere di conoscere tanta gente a livello nazionale perché essenzialmente ho fatto il giornalista con spirito dilettantistico che, forse, è la cosa migliore. E certamente non per magnificare il mio operato devo pubblicizzare un fatto molto importante; altrimenti cosa tramandiamo ai giovani ? Il fatto è che, pur non avendo conoscenze nazionali, ho prodotto attraverso le redazioni televisive che ho diretto molti giornalisti e operatori che oggi svettano a livello internazionale, nazionale e locale: Nico Piro (inviato di guerra per Rai 3), Monica Matano (giornalista sportiva di Rai 2), Mariella Anziano (giornalista di Rai 3), Vira Carbone (conduttrice di Rai 1) e Gaetano Amatruda (giornalista nazionale e già portavoce del governatore della regione Stefano Caldoro), solo per citarne alcuni; diversi altri scrivono ed operano nei giornali e nelle tv locali, come Antonio Esposito, punta di diamante di Lira Tv. Ma devo confessare che il giornalista più professionale ed acutamente interprete della notizia è stata senza alcun dubbio Ersilia Gillio che solo per un caso fortuito non è svettata in sede nazionale come avrebbe meritato, ma ha trovato la giusta collocazione presso Radio Alfa il cui proprietario e direttore, Antonio Giardullo, fin dai tempi in cui veniva bisettimanalmente a Salerno, presso la sede di Tv Oggi (che all’epoca dirigevo nei primi anni ’90) per allargare i suoi orizzonti di interesse che allora erano soltanto editoriali. Ersilia non solo ha le capacità professionali ma, per dono naturale, ha anche una splendida voce accoppiata ad una dizione perfetta. Conosco, ovviamente, tutti i colleghi del Vallo di Diano (chi più e chi meno) che Peluso ha citato nel suo articolo (Antonio Sica, Salvatore Medici, Geppino D’Amico, Angela Freda, Gianfranco Stabile, Pasquale Sorrentino, Erminio Cioffi, Federica Pistone, Antonietta Nicodemo, ecc.). Avendo io esercitato questo strano mestiere dilettantisticamente sono stato sempre propenso a dare spazio ai giovani e quelli che ho citato erano tutti giovani; non ho mai represso alcuna loro aspirazione e quando ho potuto ho dato loro dei consigli di vita, mai sul mestiere perché ero io che apprendevo da loro (da Nico e da Ersilia in particolare). Forse deluderò il collega Peluso ma io non mi sono mai ispirato a Walter Tobagi, era un personaggio che non mi piaceva molto per via anche delle sue inclinazioni di carattere politico. Ho avuto, invece, come modello due grosse affermazioni di altrettanti grandi giornalisti: “Togliere i veli ai fatti e le veline alle idee” (Beppe Fava, ucciso dalla mafia siciliana) e “”Noi giornalisti non siamo preti o suore, ma abbiamo del valori etici: e questi sono dettati soprattutto dal rispetto di se stessi e dalla professione. Il nostro ruolo è far si che altri non abusino del potere”” (Abraham Abe Rosenthal, già direttore del New York Rimes). Ecco perché ho cercato, nel mio piccolo, di favorire e dare spazio ai giovani che, spesso, mi hanno poi snobbato, ma questo fa parte della vita e ci sta. In apertura ho detto che condividevo tutto il contenuto dell’articolo di Peluso, mi dispiace solo che lui abbia dimenticato, tra i tanti citati, il nome di un giovane, Antonio Colombo, che da cinque anni dirige la testata giornalistica online più diffusa e più letta del Vallo di Diano e di buona parte del Cilento e del saprese. Quando Antonio ha iniziato la sua carriera di giornalista e di direttore di testata era davvero giovanissimo e proprio in quest’ottica andava ricordato ed anche stimato; un ragazzo che, per quanto personalmente mi risulta, si sacrifica anima e corpo per rincorrere ed afferrare le notizie, molto spesso prima degli altri. Leggendo l’articolo di Peluso ho sentito la necessità di  citare proprio lui come esempio di abnegazione e di dedizione totale allo “strano mestiere più bello del mondo”. Anche perché, solo al fine di rintuzzare una sua metaforica affermazione nel contesto dell’articolo pubblicato il 17 marzo scorso su www.quasimezzogiorno.it , io per davvero non mi faccio mai “prendere da motivazioni di carattere personale e/o di appartenenza”; difatti conosco Antonio come tanti altri e non appartengo a nessuna delle realtà giornalistiche messe in piedi sia da lui che dal padre Rocco. E’ questa la discriminante che ho sempre rimproverato al mondo del giornalismo nostrano che da sempre insiste nella creazione di piccoli presidi di potere (la casta è anche giornalistica) che agiscono come muri di gomma che non è facile valicare se non si fa parte del sistema. Lorenzo Peluso, nel suo approfondimento, ha citato Gigi Casciello e mi ha dato la possibilità di spiegare che a Salerno per decenni hanno imperato due gruppi di potere; uno faceva capo ad Edoardo Scotti-Paolo Russo e l’altro a Gigi Casciello-Tommaso D’Angelo. E questi due gruppi di potere hanno gestito a loro piacimento il mondo giornalistico nostrano assegnando incarichi nella pubblica amministrazione, uffici stampa e contratti di collaborazione. Chi non faceva parte di questo sistema era fuori dalla grazia di Dio. Ebbene con i miei pochi mezzi sono rimasto sempre al di fuori di queste logiche ma ho anche raccolto la soddisfazione di lanciare a livello nazionale tanti giovani colleghi che oggi, grazie alle loro capacità, si muovono a loro agio in un mondo molto difficile. Quando giro per il Vallo di Diano mi sembra di cogliere proprio questa discrasia incentrata su almeno due distinti gruppi giornalistici (forse tre !!) che si fronteggiano e bruciano nel nulla le rispettive risorse di professionalità che pure hanno. Tutto questo dovrebbe essere evitato per non lasciare a me la possibilità di parlare e di scrivere, e di mettere in risalto l’avventura giornalistica di un giovane figlio del Vallo di Diano che, in silenzio e con umiltà, sta dando dei punti a parecchia gente.

2 thoughts on “Giornalismo: lo strano mestiere più bello del mondo … da Lorenzo Peluso ad Antonio Colombo

  1. Caro direttore Bianchini,
    grazie per aver letto e condiviso il mio articolo su questo nostro strano mestiere. In verità io ho scritto e citato colleghi, incontrati nella mia carriera e con cui ho lavorato. In tale contesto, se mi è consentito, mi devo scusare solo con lei con il quale pure ho avuto modo di collaborare quando lei curava le pagine sud Salerno del quotidiano Il Roma. Di questo la prego di scusarmi. So che apprezza il mio modo di scrivere così come io apprezzo il suo. Solo per chiarezza, ulteriore, se ve ne fosse bisogno, ho citato colleghi che scrivono, che raccontano con la propria penna il mondo che vivono. In realtà, così come dice lei, anche nel Vallo di Diano, ci sono altri giovani colleghi che esercitano questo mestiere. Alcuni lo fanno benissimo, a mio avviso, altri meno. Non tocca a me trarre ne conclusione ne emettere giudizi. Su Colombo posso dire che ho avuto modo di conoscere meglio il padre, Rocco, di cui ho avuto stima. Su Antonio, non ho mai lavorato con lui, lo conosco di persona ma non lo conosco da questo punto di vista. Non leggo di suoi scritti se non di rado. Che diriga un quotidiano online è noto. Dunque, per concludere, mi trova daccordo sulle problematiche che questo mestiere vive anche nel Vallo di Diano. Tuttavia sono poco interessato alle dinamiche che all’interno della categoria si vivono. Le auguro ogni bene apprezzando molto il fatto di aver colto il mio invito ad analizzare a fondo anche le vicende del sistema del credito cooperativo locale, che spesso mostrano una visione contorta della realtà. ma questa, come lei mi insegna, è un’altra storia. Cordialmente e con stima.
    Lorenzo Peluso

    PS anch’io come vede la leggo ogni giorno.

  2. Grazie per l’articolo direttore.

    Creare una realtà fatta da giovani non è semplice.

    Di miei articoli il signor Peluso ne ha visti pochissimi e, non conoscendomi, non sa che difficilmente ne vedrà altri, semplicemente per due motivi…il primo è che preferisco stare “dietro le quinte” e il secondo perchè il mio compito in questa piccola realtà imprenditoriale (ondanews) è quello di creare opportunità di lavoro per me e per i giovani che vogliono lavorare in questo settore e organizzare tutto il meccanismo che regola la creazione e la successiva pubblicazione di ogni notizia. Chiaramente con il grande aiuto che mi sta dando la mia squadra e che ringrazio anche tramite le pagine del suo giornale.
    Come lei sa meglio di me, non è facile gestire un’organizzazione complessa e spesso non è neanche facile dirimere i conflitti che qualche volta pur si creano.

    Il lavoro che faccio, purtroppo, mi tiene lontano da certe dinamiche e logiche che non mi appartengono anche se anch’io registro un po’ di gelosia mista, forse, ad invidia anche di basso livello da parte di alcuni che, pur essendo in là con gli anni, anzichè incoraggiare i giovani provano a intralciarli provando addirirtura a denigrarli. Forse anche questo fa parte di questo “strano mestiere”?
    Il suo articolo mi fa pensare che c’è ancora chi crede nei sacrifici fatti da giovani.

    Un caro saluto, Antonio

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