CONSIP: la notte della repubblica (parte seconda)

 

Aldo Bianchini

 

SALERNO – Negli ultimi articoli dedicati a quello che io definisco “lo scandalo di tutti gli scandali”, pubblicati il 18 e il 21 maggio scorsi, avevo posto delle domande che in questo articolo cercherò di commentare. Parlo del CONSIP (Concessionaria Servizi Informativi Pubblici) costituita nel 1997 per gestire i servizi informatici dell’allora Ministero del Tesoro. Il Consip è poi diventato l’unica stazione appaltante di tutto il settore pubblico per la gestione di gare per centinaia di miliardi di euro; un granaio immenso da cui attingere di tutto e di più.

            Nell’articolo del 21 maggio mettevo in evidenza come la piena avesse già toccato i gangli vitali dello Stato; una piena che in quel momento (è passato meno di un mese) appariva difficilmente fermabile anche perché per tutti rappresenta l’ultima spiaggia nella corsa forsennata alla ricerca del potere, quello sempre più forte ed incontrastato.

            Una sfida, dunque, all’ultima spiaggia tra i vari poteri dello Stato. Difficile dire chi vincerà: il terreno di scontro è ancora ricoperto dalle sabbie mobili, lo scontro tra le Procure di Roma e Napoli si fa sempre più duro, la perquisizione in casa d Tiziano Renzi fermata  dalla Procura di Roma, l’incolpazione di Woodckoc e il suo annunciato trasferimento, l’inchiesta sul capitano dei carabinieri Gianpaolo Scafarto e le sue successive parziali ammissioni di una certa insistenza del pm napoletano nel tirare in ballo i servizi segreti, sono tutti elementi che portano significativamente a ritenere che davvero la guerra tra i vari poteri dello Stato è cruenta e che non potrà concludersi senza morti e feriti (in senso metaforico, ovviamente !!).

            Insomma prima della fine di maggio tutto sembrava avviarsi verso il momento conclusivo della battaglia finale non solo tra le procure di Napoli e Roma ma anche, se non soprattutto, tra la politica e la magistratura, uno scontro sapientemente raccontato dalla penna di Massimo Adinolfi su Il Mattino del 9 maggio 2017 che apre nuovi spiragli di lettura addirittura del provvedimento di Pasquale Paolo Maria Ciccolo (procuratore generale della Cassazione) per l’azione disciplinare contro Woodckoc, e per farlo Ciccolo scrive: “”Una falsità, di una gravità inaudita, che però sa connesso lta fuori solo perché la Procura di Roma spulcia fra le carte dell’inchiesta … che nel merito delle accuse al capitano Scafarto il dottor Fragliasso (procuratore aggiunto di Napoli) tiene una riunione con i pm coinvolti, nel corso della quale Woodcok manifesta l’esigenza che l’ufficio confermi piena fiducia al capitano Scafarto e al nucleo investigativo del Noe … Cosa che avviene … che, nel corso della riunione, Fragliasso raccomanda la consegna del silenzio con gli organi di informazione per non interferire con le indaginiparole che finiscono sui giornali ed interferiscono pesantemente, perché il magistrato napoletano si perita di spiegare che, a parer suo, solo un pazzo avrebbe potuto deliberatamente compiere un falso negli atti dell’indagine in corso, escludendo dunque che potesse trattarsi di altro che di un errore. In tal modo ha pubblicamente contraddetto e svalutato l’impostazione accusatoria della Procura di Roma, fondata invece sulla ritenuta falsità””.

            Ma al di là del capire se la trascrizione dell’intercettazione è stata sbagliata (se è sbagliata !!) per errore o con l’intenzione di far precipitare alcuni personaggi in un gioco mortale, in meno di un mese è accaduto quello che nessuno poteva immaginare; l’inchiesta sembra essersi arenata e/o scomparsa nelle nebbie di una Procura che, invece, con “mafia capitale” aveva dato verso l’esterno ed anche verso il potere politico segnali di tutt’altro tenore. Da alcune settimane non se ne sa più nulla soprattutto dopo la “garbata” rivelazione dell’intercettazione della telefonata tra Matteo e Tiziano (figlio e padre); la cosa strana è che non parla più nessuno, neppure i personaggi che solitamente parlano tanto. Soprattutto non parla il capitano Gianpaolo Scafarto che appare sempre più come l’uomo giusto per fermare, con il suo silenzio e con le sue timide e poco credibili ammissioni di colpevolezza al limite tra la colpa e il dolo. Un personaggio, Scafarto che a me appare come il vero capro espiatorio di tutta queste enorme vicenda; ed è qui che si innesta l’azione meticolosa e ben articolata del suo difensore Giovanni Annunziata, una delle migliori espressioni in materia penale partorita negli ultimi anni dall’avvocatura salernitana. Ma questo avremo modo di trattarlo nella prossima puntata.

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