CONSIP: la notte della repubblica, i segreti di Woodcock e … i tarallucci e vino

 

Aldo Bianchini

SALERNO – Fortunatamente ho scritto, nel merito dello scandalo Consip, sempre nella direzione dello scandalo più grande che sta travolgendo il Paese dal secondo dopoguerra ad oggi. Ho scritto anche del tentativo, non tanto occulto, di insabbiare il tutto proprio come si faceva nella prima repubblica, così come ho scritto del cambiamento di rotta della Procura di Roma che dopo “mafia capitale” sembra essersi impantanata nella vana ricerca di reati minori se non proprio ininfluenti ma utili a deviare l’attenzione dell’opinione pubblica che è sempre assatanate di trovare un colpevole e non il colpevole.

La dimostrazione più plastica di quello che sto scrivendo viene dall’ultima eclatante notizia, in ordine di tempo, sul caso Consip: l’indagine a carico del pm Henry John Woodcock per fuga di notizie e violazione del segreto istruttorio. Quasi come se un’indagine così marginale ed assolutamente irrilevante ai fini dell’accertamento della verità sullo scandalo possa servire a distrarre l’opinione pubblica da molto tempo non ben disposta nei confronti del magistrato napoletano che a questo punto potrebbe aver commesso una serie di reati che, pur nella loro gravità, non attengono minimamente all’essenza dello scandalo che nelle sue dimensioni e vastità potrebbe essere paragonato soltanto della Banca di Roma degli inizi del ‘900. La storia è sempre quella (l’ho scritto anche nella precedente puntata) ed anche se ormai arcinota e scoperta riesce comunque ad irretire gran parte dell’immaginario collettivo che, finalmente, riceve in dono un colpevole.

Ma andiamo con rodine; dunque Henry John Woodcock, secondo gli inquirenti romani, avrebbe passato di prima mano notizie a Federica Sciarelli (conduttrice della trasmissione “Chi l’ha visto ?” di Rai/3) alla quale hanno sequestrato il telefonino e che, a sua volta, le avrebbe offerte al giornale “Il fatto quotidiano” che così avrebbe potuto spaziare in lungo e in largo tra i segreti dell’inchiesta che altro non sono se non “i segreti d’Italia”. Naturalmente il magistrato napoletano si sarebbe anche macchiato di reato per avere presumibilmente indotto il capitano del NOE, Gianpaolo Scafarto, a falsificare il rapporto giudiziario che lo stesso ufficiale avrebbe dovuto consegnare al magistrato, al fine di tirare pesantemente in ballo il papà di Matteo Renzi. Naturalmente, a questo punto, è sotto indagine anche la Sciarelli che ha già precisato che oltre alla conclamata amicizia personale con Woodcock non c’è mai stata alcuna fuga di notizie.

Capisco e giustifico ogni atteggiamento difensivo ma devo anche prendere atto che viviamo in un Paese dove le fughe di notizie sono all’ordine del giorno e dove non si riesce mai a trovare e punire un colpevole, se non proprio il colpevole. Nel frattempo, però, passa il tempo, addirittura gli anni, e venendo meno la rapidità dell’indagine l’effetto che si ricava è quello di “distrarre l’opinione pubblica” che nella foga di acchiappare il colpevole si allontana mentalmente da quella che è la vera essenza dello scandalo Consip: i soldi, tanti soldi, milioni e miliardi di euro per la gioia degli imbroglioni.

Dalle prime battute, dopo la diffusione della notizia dell’indagine a carico di Woodcock e della Sciarelli, i due indiziati sembrano, anzi appaiono, tranquilli e sereni; quasi come se la cosa fosse già attesa da tempo e come se la conclusione fosse già nota: il nulla di fatto. Mi sembra difficile che si possa raggiungere il bandolo della matassa e scoprire chi e come ha materialmente passato le notizie perché il fatto certo è che le notizie sono passate, altrimenti sia Il Fatto Quotidiano che il giornalista Marco Lillo si sarebbero appesi al tram e non avrebbero potuto scrivere niente di niente. Una linea diretta indubbiamente c’è, una linea che parte da Il Fatto ed entra nelle Procure, soprattutto quella di Napoli.

Ma di quale linea si tratta ? Il mistero è tutto qui, e per il nostro codice il sospetto non è una prova, anzi è il contrario della prova in termini squisitamente processuali. Fa parte dei “segreti d’Italia” che storicamente sono rimasti sempre tali. Pensate a quanti segreti si nascondono nella vicenda Consip: Woodcock ha i suoi segreti, la Sciarelli altrettanto, Scafarto non ne parliamo proprio, Il Fatto Quotidiano ne ha più di tutti, Lillo sui suoi segreti ci ha costruito anche un libro per eclatare una telefonata segretissima tra Renzi padre e figlio; a questi personaggi vanno aggiunti tutti gli avvocati difensori che sono custodi di altrettanti segreti professionale; e come dimenticare gli investigatori, i cancellieri, i segretari dei pm e il personale giudiziario in genere.

Mi sembra, quindi, banale (per non dire ridicola) l’inchiesta aperta da qualche ora sul pm Henry John Woodcock e sulla nota giornalista Federica Sciarelli, così come l’inchiesta a carico del capitano Gianpaolo Scafarto.

Un noto e compianto magistrato, Domenico Santacroce, al termine degli interrogatori di personaggi legati alla politica soleva dire spesso: “L’avvocato le ha insegnato bene la lezione e come al solito in Italia tutto finisce a tarallucci e vino”.

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