Villaggio San Giuseppe: solo una presa in giro o … c’è di più ?

Aldo Bianchini
SALERNO – “Presi in giro da Moretti” è questo il titolone con cui “le Cronache” di ieri ha aperto la prima pagina della sua pubblicazione quotidiana sulla vicenda, che definire incresciosa è poco, della gestione della “Colonia San Giuseppe” patrimonio universale e non soltanto della Curia salernitana e/o dell’Arcivescovo pro-tempore.
Il quotidiano salernitano riporta integralmente il testo della dura lettera che Vittorio Zoccola, nella qualità di presidente del Consorzio Solidarietà Salernitano (CSS) ha inviato a Mons. Moretti, a S.E. Mons. Pietro Parolin, a S.. Mons. Angelo Becciu ed a S.E. Mons. Adriano Bernardini (curiali romani); lettera della quale avevamo su questo giornale dato ampia anticipazione nei mesi scorsi.
Alla luce di tutto questo la domanda (che neppure “le Cronache” pone !!) è: “Il CSS è stato solo preso in giro o dietro l’assegnazione della gestione dell’intero complesso a due soggetti apparentemente diversi c’è dell’altro ?”.
La risposta non è affatto facile. Provo a darla partendo dalle peculiarità negative che la Chiesa riesce sempre ad esprimere in se stessa ed a rilanciare verso l’esterno quando si tratta di soldi, cioè di fare cassa; in questo la Chiesa ha sempre prediletto le vie alternative, non dico illegali ed illecite ma quantomeno palesemente dubbiose. Per il mio approfondimento ho preso spunto da un post apparso, qualche giorno fa sulla pagina FB di Salvatore Memoli (notissimo direttore dell’ACI e già politico di lungo corso) che a commento del mio precedente articolo del 9 agosto scorso (titolo: Villaggio San Giuseppe: l’arcivescovo deve rispondere) ha testualmente scritto: “Quello che Bianchini e tanti non sanno è che per molti preti il denaro è lo sterco del diavolo con cui si concimano le buone opere !!”; sintetico, duro e senza appelli il post di Salvatore che è riuscito in poche parole a materializzare ciò che è sotto gli occhi di tutti, soprattutto quando si parla di preti e di denaro.
Dunque se il pensiero di Memoli rispecchia la realtà verrebbe da credere, a primo acchitto, che la Chiesa di fronte ai soldi fa il ragionamento del tipo “pochi, maledetti e subito” senza badare ad eventuali conseguenze, anche di natura penale, che potrebbero scaturire dall’alienazione forzata e senza confronto di un bene che, ripeto per l’ennesimo volta, non è una proprietà privata e sul quale neppure l’arcivescovo può permettersi il lusso di dire “faccio quello che voglio” quasi come fosse il padrone delle ferriere. L’arcivescovo è il titolare supremo della gestione del bene e deve dar conto e ragione, non solo ai fedeli, di come si acquistano o si cedono in gestione tutte le proprietà immobiliari che in gran parte provengono da donazioni e il resto da “opere pie” come quella della Colonia San Giuseppe voluta caparbiamente dell’arcivescovo Mons. Demetrio Moscato agli inizi degli anni ’50.
Per tutte queste ragioni l’arcivescovo Mons. Luigi Moretti ha l’obbligo di rispondere alle domande sulle molteplici perplessità che ha suscitato l’affidamento alle due società (apparentemente diverse) della gestione dell’intero complesso della Colonia San Giuseppe.
Rispondendo ad una lettera del CSS del 10 marzo 2017 l’arcivescovo Moretti in data 24 marzo c.a. scrive tra l’altro: “Nel decidere di affidare l’incarico a consulenti, si è espressamente convenuto di cercare, con discrezione ed oculatezza, eventuali competitori con cui discutere e in tale prospettiva l’avv. Rizzo ha avanzato la possibilità di esplorare l’interesse di operatori del settore di sua conoscenza e di già acclarata capacità e tale possibilità, al di là delle inutili illazioni che vengono da me respinte, è stata con me concordata”. Orbene, se l’ineccepibile espressione di volontà dell’arcivescovo si fosse tradotta in una pratica esercitazione, da parte della Commissione preposta alla scelta del soggetto cui affidare la gestione, non ci sarebbe stata alcuna partita da giocare in quanto il CSS è di collaudata esperienza nello specifico settore mentre i due soggetti risultano assolutamente nuovi in un settore molto delicato come quello della solidarietà e del sociale e, forse, neppure iscritti alla CCIAA al momento delle prime trattative.
Che cosa è successo o cosa ha scoperto la Commissione di così grave per negare al CSS anche l’accesso ad un semplice tavolo di concertazione, fatta eccezione di quello imbandito il 7 marzo 2017 e portato avanti con una certa supponenza dagli esponenti della Curia in maniera da far allontanare immediatamente gli esponenti del CSS “preferendo rimanere convinti di essere stati esclusi per motivi ben più futili che pare anche ridicolo ricordare” (così scrive Moretti sempre nella lettera del 24 marzo scorso).
Tutto era già stato concordato anche al di là della legittima proposta avanzata dal CSS ? Difficile rispondere anche in questo caso, sta di fatto però che nella nota del 10 aprile 2017 in risposta alla lettera della Curia del precedente 24 marzo il Consorzio scrive: “Apprendiamo dalla lettera del Vescovo di Salerno del 24 marzo 2017 che la ditta prescelta sarebbe stata individuata e presentata da ……., componente della commissione di valutazione, meritevole della fiducia dello stesso Vescovo !”. Questa affermazione, che al momento è solo di parte, se dovesse essere confermata per veritiera darebbe l’avvio ad una ridda di incredibili perplessità su come è stata gestita la vicenda, ovvero un controllore che presenta il controllato. Incredibile anche sotto il più piccolo ed insignificante dei profili di natura penale.
Solo per la cronaca ricordiamo che la proposta del CSS è risultata essere molto articolata, precisa ed inappuntabile, e formulata in tre step: il 14 settembre 2016, il 16 novembre 2016 e il 4 febbraio 2017 in funzione dei vari aggiustamenti della stessa proposta in funzione delle richieste della Curia.
Alla prossima.

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