San Matteo 2017: tra Comune e Curia c’è … Pulcinella

Aldo Bianchini

SALERNO – La dinastia deluchiana ha vinto, anzi ha stravinto, ed ha costretto alla resa senza condizioni la stessa Curia con la quale aveva per decenni celebrato a braccetto l’unica vera festa religiosa e civile sentita ed avvertita da tutti i salernitani.

            La giornata di ieri passerà alla storia e sarà iscritta negli annali della festa per il Santo Patrono San Matteo anche come la celebrazione del consolidamento della dinastia imperiale che ha aggiunto alle cinque statue di Santi da portare in processione il 21 settembre anche la statua di San Vincenzo; ma le contrattazioni vanno avanti e, molto probabilmente, si concluderanno fra qualche anno con l’aggregazione della statua di San Piero. Tanto c’è tempo fino al 2393, quasi trecento anni, per transitare nell’immortalità quand’anche il secondogenito Roberto (una volta finita l’esperienza di Sindaco) farà parte della Trimurti con la sua statua. E appunto nel 2393 il sindaco Cosimo De Luca, ultimo discendente della nota dinastia imperiale, potrà celebrare dinanzi al “sacrario di Piazza della Libertà” la nomenclatura dinastica. Mentre in lontananza, quasi evanescente, l’arcivescovo del tempo avrà soltanto il ruolo di “capo paranza” della statua di San Matteo.

            Ieri, come dicevo, è stata scritta la storia su una lastra di marmo da affiggere alla sommità dello scalone centrale di Palazzo Guerra dove il Santo Patrono si è genuflesso, contro ogni regola, all’autorità civile ovvero alla già forte dinastia deluchiana. Come tutti già sapranno il patto scellerato si è consumato ieri quando, quasi alla chetichella la statua di San Matteo è stata portata a spalle dal Duomo fin dentro l’atrio del palazzo di città dove ad accoglierla c’era un imbarazzatissimo sindaco (Enzo Napoli, ndr !!) stretto tra i due primi discendenti della opprimente dinastia; mentre più in là un poco accorto ma solerte funzionario del comune riprendeva in face-time la cerimonia per farla vedere in diretta al kaimano comodamente assiso sulla sua poltrona di Palazzo Santa Lucia a Napoli.

            Non solo ha vinto la dinastia deluchiana ma, insieme alla stessa, hanno vinto anche tutti i portatori di San Matteo che potranno, adesso, vantare un punto a favore nelle fasi ancora da concludere del processo giudiziario a loro carico incardinato dopo i fattacci di qualche anno fa con la rivolta volgare e minacciosa contro l’arcivescovo Moretti.

            Come sono lontani i tempi delle mediazioni elaborate, in nome e per conto di mons. Pierro, dall’attento e perspicace “don Comincio” che non ha mai lasciato niente al caso; oggi abbiamo un arcivescovo stretto nelle spire di una balbettante strategia della curia senza possibilità di decisione diretta e consapevole e senza l’evidente necessità di spiegare al popolo dei fedeli il perché del Santo trascinato alla chetichella in Comune; non c’è una logica operativa, qui non parliamo di un braccio o di un’altra reliquia ma parliamo della statua di San Matteo che deve uscire sempre e soltanto nel giorno della sua festa e della sua processione. L’uscita di San Matteo fuori dalla sua data non appartiene alla tradizione e neppure alle logiche religiose con cui la Curia di Salerno si è sempre mossa, almeno fino a quando non è arrivato il nuovo arcivescovo.

            Speriamo soltanto che la sera del 21 settembre qualche buontempone non faccia sfilare in processione dietro quella del Santo Patrono anche la statua di Pulcinella.

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