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Vaccinazioni Hpv, «Napoli resta maglia nera». L’allarme dei pediatri di famiglia

Felice Bianchini junior

Federazione Italiana Medici Pediatri sezione di Napoli

«Napoli paga lo scotto del pregiudizio, e moltissimi genitori si oppongono alla vaccinazione per il papilloma virus (Hpv), nonostante entro il 12º anno di età sia gratuita e consigliata. In questo caso vestiamo la maglia nera dell’ignoranza». L’allarme arriva da Antonio D’Avino, segretario provinciale di Napoli della Federazione italiana dei pediatri di famiglia. «Troppi pregiudizi e in alcuni casi una vera e propria resistenza culturale causano in Campania, e in modo particolare a Napoli e provincia, una vera e propria fuga dal vaccino»

Un danno enorme alla salute e una perdita economica importante per il sistema sanitario che invece di prevenire si troverà a curare, dove possibile. «La vaccinazione per l’Hpv – aggiunge D’Avino – è molto efficace nel prevenire nelle donne il carcinoma della cervice uterina (collo dell’utero), soprattutto se effettuata prima dell’inizio dell’attività sessuale; questo perché induce una protezione maggiore prima di un eventuale contagio con il virus Hpv. Tuttavia Napoli, e più in generale la Campania, da questo punto di vista sono in ritardo rispetto al resto dell’Italia. Il Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale, da poco recepito dalla Campania, prevede l’introduzione della vaccinazione anti-Hpv per i maschi undicenni con inizio della chiamata attiva per la coorte di nati del 2006 e del 2007».

Alla base del gap che vede Napoli e la Campania tristemente in ritardo, una serie infinita di pregiudizi difficili da spazzare via, al punto che i pediatri di famiglia sono costretti a considerare il tema quasi come un tabù. «Su questo argomento pare quasi sia vietato fare prevenzione. Il pediatra di famiglia impiega molto tempo a promuovere la salute attraverso una corretta educazione sanitaria; tuttavia alcuni genitori sono oggi Aggiungi un appuntamento per oggi meno propensi a vaccinare i propri figli per il timore degli effetti collaterali che ipotizzano essere associati ai vaccini. Se continuiamo così – conclude D’Avino – tra una decina d’anni la nostra regione sarà in netta controtendenza non solo rispetto alle realtà del Nord, ma anche rispetto ad altre regioni del Mezzogiorno. E questo, oltre ad avere gravi ricadute in termini di sanità pubblica, porterà a costi altissimi per l’intero sistema sanitario regionale».

Il carcinoma della cervice uterina è infatti il secondo tumore più diffuso nelle donne. Colpisce ogni anno circa 3.500 donne e causa 1.000 decessi in Italia.

«È fondamentale prendere coscienza del fatto che la vaccinazione verso il papilloma virus è un investimento futuro per la salute pubblica della popolazione italiana; al momento resta l’unica valida vaccinazione per la prevenzione del tumore del collo uterino. È un dato di fatto che i tassi di copertura vaccinale nei distretti sanitari in cui i pediatri di famiglia vaccinano i propri assistiti registrano risultati decisamente migliori rispetto ai distretti in cui operano solo i centri vaccinali».

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