il Quotidiano di Salerno

direttore: Aldo Bianchini

Elezioni 2018: Alfieri … dalle fritture alla bocciatura

 

 

 

 

 

 

Aldo Bianchini

 

SALERNO – Franco Alfieri, già sindaco, assessore provinciale, consigliere personale del governatore e candidato alla Camera dei Deputati nelle scorse elezioni dalle quali è uscito come “grande sconfitto”; oggi è il suo turno.

             Qualcuno lo aveva più volte presentato come fosse il detentore di un immenso granaio da cui tirare fuori a suo piacimento i voti, le alleanze, le imposizioni, le amicizie e le inimicizie, la gestione della cosa pubblica ma anche la sicurezza di chi sa di essere ai vertici del sistema. Al di là delle singole e personali considerazioni che ognuno di voi lettori può esprimere sul noto personaggio, va detto che da molti anni aveva messo nel suo obiettivo “il potere” che aveva, poi, conquistato un passo dopo l’altro fino a raggiungere quei livelli di gestione assordantemente rumorosi, tra inquietanti scandali politici, clamorose inchieste giudiziarie e passaggi incredibili da una sponda all’altra della politica politicante.

            Franco Alfieri è stato sindaco di Torchiara quando era ancora iscritto nelle file della defunta Democrazia Cristiana, è stato sindaco di Agropoli per la prima volta quando era schierato con lo spurio della DC-PPI e con le prime frange della corrente bassoliniana del PDS, nella stessa posizione ha fatto l’assessore provinciale ai lavori pubblici, incarico che lo portò al clamoroso scontro con il sindaco di Acciaroli Angelo Vassallo, è ritornato a fare per la seconda volta e a furor di popolo il sindaco di Agropoli in quota deluchiana; nel mezzo l’aggressiva convention agropolese del PD tutto schierato contro l’allora vacillante Vincenzo De Luca e in favore dell’astro splendente di Antonio Bassolino; infine la sottomissione totale e senza condizioni al governatore-kaimano con l’ottenimento del “prestigioso” (si fa per dire !!) incarico di consigliere personale del presidente in materia di agricoltura.

            Sulla scena politica nostrana ha sempre recitato la parte, onerosa e difficile, del “grand commis elettorale” che è la nuova versione del “grande elettore” della compianta prima repubblica; ha recitato il suo ruolo alla grande, tanto da imporsi prepotentemente all’attenzione di tutti ed anche della magistratura inquirente che lo ha accusato di tutto e del contrario di tutto, a cominciare dalla strada fantasma idealizzata da Vassallo in una delle sue farneticanti accuse del tipo “sparo alzo zero” che era solito portare avanti pur di farsi largo nel panorama politico provinciale fino al punto di considerare “cosa sua” anche il Parco Nazionale del quale era presidente.

            Ma questo, tutto questo, ovviamente non salva e non mette nella nicchia santificante Franco Alfieri che di errori (non dico orrori !!) politici ne ha fatto tantissimi; errori  che vengono naturali a chi esercita il potere per il potere con spregiudicatezza e con leggerezza senza mai tener conto degli alleati e degli avversari. Nella sua mania di grandezza politica era arrivato fino al punto da chiedere e imporre la candidatura della sua fidatissima Sabrina Capozzolo che dal nulla venne proiettata nel firmamento del Parlamento nazionale dentro il quale è rimasta per ben cinque anni, andando in giro a pontificare su cose che probabilmente non aveva mai direttamente conosciute e sperimentate. Salvo poi a sbarazzarsene subito quando il suo “io” ha preso il sopravvento sulla moderazione e sulla prudenza pensando di scendere in campo direttamente in quanto ai vertici della “cupola del potere”.

            E qui è accaduto il patatrac; Franco Alfieri non aveva calcolato che il troppo storpia e che gli elettori ad un certo punto dicono stop mentalmente anche se non lo gridano ai quattro venti; e il resto è venuto da se.

            Invece di pensare ancora a crescere, per evitare la facile scivolata dal vertice della cupola verso il basso, ha creduto di essere arrivato e di poter condizionare uomini, cose e scelte di partito arrivando a brutalizzare le giuste e meritate aspirazioni politiche di Tommaso Pellegrino ed ha distrutto un intero territorio, il Cilento e il Vallo di Diano, che oggi si ritrova (anche per via delle scelte scellerate di Forza Italia nei confronti di Valentino Di Brizzi) senza alcun rappresentante diretto in parlamento.

            All’ombra del capo ha avuto, forse, la materiale convinzione di poter fare e gestire tutto, anche le cose che naturalmente non potevano rientrare nella sua sfera di potere.

            E, nonostante in molti mi dicono che è stato un buon amministratore locale, alla fine è caduto rovinosamente facendosi surclassare dalla candidata di Forza Italia Marzia Ferraioli (docente universitaria di procedura penale) e dalla semi sconosciuta Alessia D’Alessandro (piovuta dalla Germania quasi per caso grazie ai pentastellati) che oggi si consente, addirittura, di criticare aspramente l’ex “dux agropolese” del quale, ovviamente, non conosce nulla.

            Ma c’è qualcosa che va oltre la storia cronachistica dell’ascesa e della caduta di Franco Alfieri; nel corso della sua vita politica è stato abilissimo nell’accreditarsi come uomo di fiducia di Bassolino e successivamente come “deus ex machina” di De Luca e come negli antichi teatri greci appariva sulla scena nelle vesti di una divinità. E’ riuscito ad entrare finanche nel “cerchio magico allargato” del kaimano, non quello ristrettissimo di prima qualità, e si è sacrificato fino all’inverosimile, preso anche lui dalla smania del potere surrogato in nome e per conto del capo. Ed alla fine è rimasto stritolato nell’infernale tritacarne deluchiano che tutto macina e rigetta, anche se nella fattispecie c’è qualcosa di più. Nel senso che Franco Alfieri è, forse, la prima scheggia fuoriuscita da un sistema di potere che sta per implodere ed esplodere; la storia delle famigerate “fritture di pesce” è soltanto la cornice fantasiosa di un qualcosa che nell’immaginario degli elettori non dà più la sicurezza del successo e non garantisce la corrispondenza diretta tra elettore e candidato.

            “E il piatto piange” direbbe un accanito giocatore di poker che non può non definire Franco Alfieri una delle tante vittime del sistema deluchiano.

            Nonostante tutto le risorse socio-politiche non mancano a Franco Alfieri, ma dovrà rimboccarsi le maniche e fare scelte concrete e ravvicinate se vorrà sopravvivere, semmai in altre posizioni e con mutate forme, nel complicato mondo della politica partendo dalla gente comune, cioè dai singoli elettori che (mi dicono !!) ha sempre curato, ascoltato e capito.

1 Commento

  1. Caro direttore, direi che la sua analisi lascerebbe ad Alfieri – a differenza di De Luca – ancora una chance. Difficile, ma possibile. Forse perché, volendo usare una metafora, Franco Alfieri ha mantenuto spazi di accesso rispetto al “muro di gomma” eretto dall’ex sindaco di Salerno

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