Il mortaio di Gaspare Russo: “un esempio di buona politica”

 

Aldo Bianchini

SALERNO – “Come si mette in pratica la buona politica ?”, è questa la domanda che fanno e si fanno molti cittadini ed elettori normali in questi giorni di attesa per la formazione del nuovo Governo dopo le elezioni politiche del mese scorso. Un esempio di buona politica è senza dubbio il momento in cui due o più schieramenti contrapposti trovano la “soluzione politica” per garantire la governabilità di un Paese, in particolare del nostro Paese.

Per saperne di più sono ritornato nello studio dell’avv. Gaspare Russo (già sindaco e presidente della CCIAA di Salerno e già presidente della Regione Campania) che meglio di tanti altri conosce la politica, i suoi meccanismi e le sue strategie.

Presidente mi risulta che Lei da presidente della Regione Campania fu protagonista di un grosso momento di buona politica che stroncò sul nascere quella che poteva sfociare in una vera e propria rivoluzione dei disoccupati napoletani ?

== Senza voler maramaldeggiare, ma con grande umiltà le confermo che è vero; cioè che in realtà il mio modo di agire con calma e cautela, anche con gli acerrimi avversari politici del tempo, fu prodromo per la risoluzione complessiva di un problema non solo attinente l’emergenza disoccupati ma, più in generale, le modalità con cui un politico eletto deve comportarsi alla ricerca del bene comune che è cosa assai  diversa dalla competizione elettorale.

Presidente può essere più preciso, cosa accadde veramente ?

== Napoli e il suo interland costituiscono un’area metropolitana tra le più grandi d’Europa; in essa per storica tradizione ci sono problemi sociali e di lavoro che si trascinano da sempre. Solo con umiltà e con la elaborazione degli ststi critici si può arrivare alla pacificazione sociale sia nell’area metropolitana di Napoli che in tutta la Regione Campania che, volenti o nolenti, dipende geograficamente ed economicamente dalla città partenopea. L’inimicizia, oltre che sul piano politico anche su quello personale non ci porta da nessuna parte. L’essenza dallo scontro De Luca (presidente della Regione) e De Magistris (sindaco di Napoli) è assurdo. I due sono dalla realtà, dalla gravità e complessità dei problemi, obbligati a collaborare e non a confliggere su tutto. Situazioni che esistevano anche in passato, ma che sono state vissute ed affrontate, in un’ottica completamente diversa. Non per rivangare il passato, ma per la memoria storica, nel 1977 io democristiano ero presidente della Regione con la Democrazia Cristiana all’opposizione a Napoli e con il sindaco comunista Maurizio Valenzi. Napoli era percorsa quotidianamente da cortei di disoccupati, veri e falsi, di tutte le sigle utilizzate da molti arruffapopoli che condizionavano ogni giorno la convivenza civile della città, con pretese di tipo assistenziale, camuffate da ricerca del lavoro, paragonabili ai “redditi di cittadinanza” di oggi. Con la violenza anche fisica impedivano la celebrazione dei consigli comunali di Napoli. Dopo aspro conflitto Valenzi e tutti i capi gruppi delle forze politiche, presenti in consiglio comunale al Maschio Angioino, la democrazia proletaria, il PCI, fino al MSI, con la mediazione delle forze dell’ordine per poter svolgere il consiglio comunale si impegnarono con i disoccupati ad andare il giorno dopo alla regione per individuare soluzioni, ancorate un po’ da parte di tutti all’ottenimento di un fantomatico posto di lavoro, ovviamente impossibile da realizzare, e quindi all’ottenimento di un sussidio economico generalizzato. Valenzi, con il quale io democristiano e presidente della regione avevo un buon rapporto personale, civile, anche a causa delle molte manifestazioni che ci vedevano insieme per ragioni istituzionali. Mi chiese di soddisfare questo suo impegno, concordato con tutti i capi gruppi delle forze politiche in consiglio comunale, ivi compresi i democristiani (il mio partito) e i missini che stavano all’opposizione. All’indomani aderii alla richiesta del sindaco Valenzi di un incontro in regione con tutti i capi gruppi del c.c. per studiare le soluzioni possibili. Vennero tutti a Santa Lucia, ovviamente scortati da migliaia di lavoratori. Seguì una lunga e ferma mia posizione indisponibile alla partecipazione alla riunione anche dei rappresentanti delle varie sigle dei disoccupati organizzati, non condivisa dalle forze dell’ordine. Comunque l’incontro ci fu con il sindaco e i capi gruppi del c.c. di Napoli ed io con Valenzi, dopo una discussione con tutti i partecipanti, convenni che insieme dovevamo impegnarci per tutti i varchi possibili di nostra competenza, al chè il problema di Napoli e dell’intera area napoletana era di tale complessità ed ampiezza che le iniziative e le soluzioni andavano ricercate con il coinvolgimento del governo nazionale e della commissione europea. Ottenemmo prima un incontro a Palazzo Chigi con il presidente del cdm Giulio Andreotti e i ministri più interessati, e successivamente andammo a Bruxelles alla sede della commissione europea con le nostre richieste. Richieste che furono in larga parte ottenute sia a Roma che a Bruxelles. Vorrei appena sottolineare che l’unità d’azione tra Regione e Comune fece superare prima i blocchi nazionali e poi quelli europei. Per superare i problemi e sperare in un minimo di accoglimento è necessario la fine della conflittualità tra gli enti e tra gli esponenti delle forze politiche.

Insomma Presidente Lei vuole sostenere che questo modello potrebbe essere facilmente applicato anche per cercare di formare il nuovo governo nazionale ?

== Certamente si. La campagna elettorale è finita, le elezioni sono alle spalle, i numeri sono quelli che abbiamo sotto gli occhi, non resta che ragionare con calma e riflessione su cosa fare per il bene comune. A me sembra semplice. Spero che anche i maggiori personaggi politici del momento sappiano riflettere sulle cose che ho detto. Primi fra tutti dovrebbero riflettere anche De Luca e De Magistris.

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