Destrutturalismo e oltre

 

di Angelo Giubileo e Mary Blindflowers©

 

ROMA – Inesorabilmente, ogni <termine> del linguaggio, quale che sia, subisce l’usura del tempo, che è Crono e che al fine divora tutti i suoi figli. La confusione delle lingue è tale, che è difficile ristabilire l’“ordine” dell’inizio che è l’inizio prima che il pensiero  – dice Heidegger – pensi all’inizio che: è (Parmenide).

Nel discorso dell’inizio, il senso originario della <creazione> corrisponde all’uso del termine “ordine”. La creazione è sempre duplice – rappresenta l’origine di ogni storia attraverso la lotta tra due stirpi “divine” (Asura e Deva) o “umane” -, eternamente divisa tra il mondo degli dei e il mondo degli uomini.

La creazione stessa non esiste in termini di realtà, è un fenomeno ciclico e naturale che l’uomo definisce come inizio, in sintesi è solo una fase, un concetto puramente aleatorio, esattamente come quello del centro. Non esiste un centro, non esiste un inizio, non esiste una fine. È il cervello umano, che per convenzione e comodità, crea questi falsi miti. Sic et simpliciter nel momento in cui nascono nuove consapevolezze, nasce una mentalità diversa, si parla di creazione ed inizio, per sottolineare che qualcosa si muove nell’immobilità perenne del già visto e già dato e già deciso. Ma la maturazione è già nell’ordine naturale delle cose, connaturata all’uomo, e quest’ordine che nasce come caos e distruzione, è solo apparentemente caotico. Si tratta di una rivoluzione consapevole e necessaria, di un pasto dovuto, di una lotta naturale, di un’indagine intellettuale e di una giustizia che non ha paura di divorare i figli del vecchio ordine per costruire il nuovo.

Siamo già in pieno Antropocene: l’“umano” fonda un nuovo ordine, che sostituisca il precedente, lo divori e quindi si sostituisca pienamente all’originario. Quell’ordine che sarà chiamato naturale, del divino (ignoto), caotico a cui subentra l’ordine umano, che potremmo anche dire politico-teologico (mysterium fidei) – così come descritto ab imis fundamentis ne Il Politico di Platone -, è l’ordine del diocosmologico in cui il “signore” assoluto è rappresentato dalla figura del Cacciatore celeste, come più di recente, appare negli scritti di Roberto Calasso, emblema tuttavia di un mondo vecchio, che è doveroso avversare.

Ciò che appare perfino “costruzione” da parte dell’uomo non è invece altro che “cibo”, il pasto del vecchio ordine che precede e dovrà essere scalzato da un metabolismo-destrutturalismo nuovo di concetti smontati e parcellizzati nei loro elementi essenziali finalmente messi a nudo, nella distruzione del privilegio e del rancido che di questo pasto ormai scaduto fanno parte e nell’eliminazione, attraverso una coscienziosa analisi, di ciò che rende innaturale la natura, di ciò che avvilisce il talento, quello vero, quello che esplode dentro senza che nessuno l’abbia chiamato o cercato. Esiste perché c’è e questo dato di fatto, nascosto da spezie troppo piccanti di politica e sistema, deve essere salvato dal pasto avariato del vecchio regime che contiene pillole obliose del talento, a questo indifferenti e totalmente aliene in un tempo non tempo che afferma il suo è non è, continuamente, senza tregua, anche se da un passaggio all’altro passano ere, purtroppo, ere, non-ere di immobilismo troglodita.

Ma ci consola sapere che il tempo non esiste, è solo un continuum proprio perché si ritorna sempre (Nietzsche) a un’epoca – Anno zero o Età che poi si disse dell’Oro o Paradiso perduto – in cui l’intero “mondo” appariva soltanto intriso di un ardore panico, ovvero i fuochi di Agni (Sagittario) circondavano ovunque le acque da cui appariva emerso il creato (Pesci) e, mediante i processi “naturali e materiali” – narrati da Anassimandro, per primo tra tutti i fisici greci, di solidificazione ed evaporazione – sarebbero nate la terra (Venere) e il cielo (Gemelli).

E quindi: Quando sarai a Palode, annuncia che il grande Pan è morto. L’ardore di Pan, il cui attributo è per l’appunto <panico>, mostra soggettivamente il senso di forte ansia e paura che un individuo può provare di fronte a un pericolo inaspettato (Treccani). “Smarrimento” e “orrore” di fronte alla potenza della natura in atto. Tutt’altro che “stupore” e “meraviglia”, che Aristotele dice sia la causa per cui gli uomini, in origine, hanno cominciato a filosofare (Metaph. A 2, 982 11-12).

L’ordine viene così mutato? No, perché in effetti muta, di per sé, continuamente. La mutazione era già in sé, un elemento naturale presente in germe nelle ceneri del vecchio ordine, che mal si rassegna a morire e ovviamente opporrà resistenza, dirà che il nuovo ordine è follia, orrore panico, appunto, distruzione della poesia, dell’arte. Non si accorgono, le vecchie strutture rose dal tarlo, che quella stessa poesia e quell’arte di cui vanno rumorosamente cianciando, sono sepolte da ampi strati di politica e corruzione, una polvere densa e marcia che pervade tutto. Ma il continuum non perdona, è e rappresenta lo spazio-tempo o, come si diceva nel passato, l’Essere che: “è”. Secondo l’ordine del tempo, non-tempo, circolare o lineare che sia. Ovvero, il Continuum. Lo spazio, così come inventato da Parmenide, segue poi. Così scrive, infatti, Giorgio de Santillana e aggiunge: Nei tempi arcaici, ciò era apparso evidente di per sé: solo gli dei potevano far funzionare o distruggere l’universo. È lì che si dovrebbe cercare l’origine del male: perché il male rimane un mistero, non è in natura.

Non è? Non diremmo. È piuttosto l’“umano” che non vuole che sia? E allora, il male è il vuoto primordiale (Democrito), il caos delle origini (Esiodo) ma anche l’assenza del bene (Agostino), il dio sacrificato: Vrtra, Satana o piuttosto il Calunniatore, ovvero il diavolo. Sempre Colui che, nel tempo che viceversa precede l’avvento del Sole (Akhenaton), rappresenta nell’era della Luna il dio sacrificante della stirpe dei Deva, Baal, altri e in fine o all’inizio il Serpente (simbolo del farmaco che salva), che, per la via che è praticabile, muta pelle in base al ciclo delle stagioni …

La mutazione però non può avvenire senza sforzo perché la nuova pelle nata sulle ceneri della prima, sembrerà curiosa a chi la guarda, diversa da quella del vecchio ordine, avrà cose in più e i suoi pori respireranno nuove libertà che già facevano parte del ciclo eterno del continuo divenire, soltanto che gli uomini e le donne non lo sapevano e da questa ignoranza nasce la diffidenza, la mancanza di fiducia in ciò che non si è già visto, l’occhio indagatore e critico verso chi non usa una pelle vecchia e consunta per viaggiare nel mondo che muta per sua stessa natura ed essenza. La vecchia pelle attaccata al monolite del pensiero, è familiare, le sue consunte primavere ormai sbocciate e sfiorite coi fiori putrefatti che ha prodotto, per l’occhio ottenebrato dell’immobilista, è musica, stabilità, sicurezza che il mondo rimanga ben saldo nelle sue posizioni in cui niente cambia e i soliti privilegiati rimangono tali per sempre.

Il male è l’uomo stesso che non muta mai. Destrutturare significa distruggere il vecchio ordine e non fermarsi ma crearne uno nuovo, basato sul talento senza sovrastrutture di ordine politico-teologico.
                                                                                                                           

https://antichecuriosita.co.uk/manifesto-destrutturalista-contro-comune-buonsenso/

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