Vassallo: vince la ragione … Damiani non è il killer

 

 

 

 

 

Aldo Bianchini

SALERNO – Ci sono voluti ben 2.775 giorni (poco più di sette anni e mezzo) affinchè tutti, dico tutti ivi compresi i magistrati inquirenti, anche se non volendo e con insana riluttanza dessero ragione alla mia posizione di innocentista assunta fin dalle prime ore dopo il gravissimo delitto dell’ex sindaco pescatore Angelo Vassallo di Acciaroli.

            Il gip del tribunale di Salerno, Emiliana Ascoli, ha firmato il decreto che ha riconosciuto come “estraneo ai fatti” quel Bruno Humberto Damiani (di padre salernitano e madre brasiliana) che tutti, dico tutti ivi compresi i magistrati inquirenti, volevano trattenere in carcere come “assassino” dell’ex  plenipotenziario dell’ex PCI prima e del PD dopo “Angelo Vassallo”.

            Ma la stessa Emiliana Ascoli ha, comunque, sottoscritto l’apertura di un nuovo fascicolo sul delitto per “affari di droga” alla ricerca di improbabilissimi “piccoli spacciatori” napoletani che d’estate invaderebbero le spiagge dorate del Cilento.

            Così come ho da sempre sostenuto che Damiani non era il colpevole, allo stesso modo sostengo che la droga non c’entra affatto nel determinismo del ferale delitto; semmai dovesse entrarci e per quel pochissimo che c’entra bisognerà prendere atto di una situazione che da sempre è stata sotto gli occhi di tutti e che nessuno mostra di voler prendere in considerazione; una situazione che lambisce stranamente tutti o quasi i “ragazzi bene” della stella cilentana per via di alcune amicizie sbagliate, ivi compreso Bruno Humberto Damiani che sicuramente vivacchiava nel giro dei piccoli fornitori e per colpa del quale sta scontando un periodo medio lungo di carcere.

            Il delitto Vassallo è, e rimane, per me un “delitto d’impeto” per cause molto lontane dalle vie della droga e più riconducibili alla conoscenze ed alle frequentazioni personali dello stesso Angelo Vassallo. In tal senso, con abbandona di particolari, ebbi modo di dichiarare ufficialmente alla dr.ssa Rosa Volpe (titolare dell’inchiesta) che mi aveva convocato in Procura come persona informata dei fatti. E non c’è dubbio che quei particolari importanti indussero, forse, la stessa PM a recarsi in sud America per ascoltare una prima volta Bruno Humberto che colà era detenuto per altri reati. Ma la linea della Volpe, che era a 360°, non è mai passata in una Procura che per oltre sette anni è rimasta inchiodata sulle prime direttrici delle indagini preliminari che portavano forzatamente gli investigatori verso le “vie della droga”.

            Così come non è mai passata la mia linea giornalistica di assoluta innocenza di Damiani e di delitto d’impeto verso cui la procura non si è mai voluta piegare. Eppure fin dal primo giorno, alla pubblicazione del mio primo articolo, ci furono reazioni scomposte e forse anche minacciose nei miei confronti; fino allo scontro epistolare con Peppe Tarallo (primo sindaco verde e a lungo presidente del Parco Nazionale del Cilento – Vallo di Diano – Alburni) che contestò aspramente almeno in parte la mia ipotesi sul delitto che portava anche, e non solo, ad una verità da ricercare nei circoli politici ed in quelli anarchici.

            Ma è storia passata, ora bisognerà prendere il fascicolo tra le mani in maniera convinta e ricominciare tutto daccapo facendo finta che nessuna indagine è stata mai svolta per non essere condizionato dalle scelte pregresse che non hanno portato da nessuna parte.

            In questi ultimi mesi, forse presi dall’odore di una assoluzione per Damiani, c’è stato uno sbarramento di fuoco quasi commovente anche se inutile; ha cominciato, nell’agosto 2017, lo scrittore cilentano Leonardo Guzzo con uno dei suoi classici racconti d’estate accostando la figura di Angelo Vassallo a quella molto più austera di Ernest Miller Hemingway:

  “”Acciaroli, inizio anni ’50. Un uomo barbuto si aggira per la piazzetta. È prima mattina, claudica leggermente, regge un taccuino, gironzola senza meta e fa domande ai pescatori, chiede dell’acucella e della lampara, il vino (?!), se e come lo fanno. Qualche ora di attività flemmatica poi sprofonda sulla seggiola in vimini di un bar all’aperto, la pancia gonfia (la nutre d’alcol a ritmo regolare), si dà a una contemplazione più estatica da fermo. Indugia su una ragazza, fresco abito estivo, l’espressione tradisce compiacimento: arriva una donna bionda e sono scintille. “What the hell are you doing?”, “Nothing, dear”; l’occhio furbo non asseconda la parola, la donna si sbraccia, inveisce, fa dietro front e bye bye, se ne torna a Napoli con l’autista e il buon vino veneto. L’uomo barbuto, taccuino alla mano, resta solitario nella pensione. Nei giorni a venire – quanti è incerto – si attacca alla pettola del lupo di mare Antonio Masarone ...””.

            Il 5 febbraio 2018, in piena campagna elettorale, l’attacco inverecondo contro il candidato Franco Alfieri, il 7 febbraio la richiesta di nuove indagini da parte di 80 parlamentari nazionali e il 10 febbraio una nuova marcia con tanto di fiaccolata per non dimenticare.

            Ma i giorni passano, ne sono passati esattamente 2775 da quel maledetto 5 settembre 2010 al 13 aprile 2018 quando la gip Emiliana Ascoli, lungimirante e determinata, ha segnato la fine del primo filone di indagini avviandone un secondo che dovrebbe dare, lo si spera, i suoi frutti.

            Un’ultima notazione; sul piano squisitamente giudiziario la battaglia l’ha vinta anche l’avv. Michele Sarno, legale di fiducia dell’imputato, che non ha mai creduto nella colpevolezza del suo assistito..

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