Sanità: D’Alto, un medico eccellente ?

 

Aldo Bianchini

MONTE SAN GIACOMO – Circa un anno fa la mia attenzione fu calamitata da un articolo, a firma di Claudia Monaco, apparso sul quotidiano online “Ondanews.it” (diretto dall’ottimo Antonio Colombo) per descrivere le grosse capacità professionali di un medico del Vallo di Diano.

Un’eccellenza che profuma di Vallo di Diano è il dottore Michele D’Alto, medico originario di Monte San Giacomo che è tra i luminari che si prodigano nella ricerca e cura dell’ipertensione polmonare, una malattia rarissima”; questa la frase di attacco dell’articolo del 4 giugno 2017.

Ma chi è Michele D’Alto ? mi chiesi e mi chiedo; e l’articolo è frutto di una ostentata piaggeria  nei confronti di un personaggio del ristretto mondo del Vallo di Diano o rispecchia la realtà ?

Mentre riflettevo su quale risposta dare alle esposte domande ecco arrivare, in data 20 luglio 2017, addirittura un’intervista sempre realizzata dalla brava Claudia Monaco; un’intervista molto interessante, nel contesto della quale l’eccellente medico esponeva la sua teoria della prevenzione, una teoria assolutamente condivisibile anche perché con Michele D’Alto si parla essenzialmente di malattie cardiache, cioè soprattutto di infarto ma anche di “ipertensione polmonare” che è un’altra delle specializzazioni conseguite dal medico sangiacomese nel corso degli anni, una specializzazione che lo ha portato nei migliori convegni nazionali ed internazionali di medicina di specialità e, quindi, di eccellenza.

Poi l’ineluttabilità del tempo che passa aveva fatto passare in secondo piano le risposte che volevo dare a me stesso ed ai lettori sulla figura di un “medico nostrano” ma eccellente; ma ecco che il 17 febbraio 2018 sempre il quotidiano online “Ondanews.it” ritorna alla carica e sfodera un’altra importante notizia inerente il medico di Monte San Giacomo: “Michele D’Alto, cardiologo di Monte San Giacomo, al Congresso Mondiale sulla Sclerosi sistemica in Francia – Il professionista valdianese è stato tra i 3 medici cardiologi italiani invitati a Bordeaux.

Ebbene, a questo punto non potevo più far finta di niente ed eccomi pronto a sgomberare il possibile pregiudizio sulle notizie e sugli articoli del noto giornale valdianese; rispondo subito alla seconda domanda dicendo che in maniera assoluta la giornalista ha fatto il suo mestiere (altro che piaggeria !!), e lo ha fatto anche bene nell’eclatare una eccellenza del territorio che in caso contrario per le istituzioni locali sarebbe passata (come è passata) quasi inosservata.

Più complessa è la risposta alla prima domanda: “Chi è Michele D’Alto ?”.

Personalmente non ho mai avuto l’occasione di conoscerlo direttamente, di lui e della sua passione per la medicina ho sentito, invece, parlare diverse volte e in maniera diffusa in più ambienti e sempre in forma elogiativa per le qualità di eccellenza raggiunte nella sua attività di medico cardiologo, ma anche per la sua mai ostentata umiltà e umanità.

Michele D’Alto viene da una famiglia della buona borghesia locale caratterizzata da una esponenziale professionalità di tutti i suoi componenti; una famiglia senza blasone che è stata in grado di dare all’intera comunità sangiacomese momenti di crescita ed a gran parte delle nuove generazioni obiettivi di svolta etico-sociale.

A mio opinabile giudizio Michele D’Alto appartiene a quella generazione di medici che ha ereditato tutti i pregi ed ha scremato tutti i difetti della generazione precedente costituita, in massima parte, da personaggi connotati da un odioso e radicato “don” che per decenni aveva innalzato una vera e propria barriera tra l’essere medico e l’essere cittadino normale, sebbene dal profilo professionale anche elevato.

Insomma Michele D’Alto rappresenta quella specie di “passaggio” dall’epoca in cui in ogni paese c’erano, si e no, un paio di medici a quella in cui fortunatamente i medici sono tanti e nessuno viene più apostrofato con il “don”; un passaggio che ha sensibilmente umanizzato il difficile rapporto tra medico e paziente nell’ottica dell’abbattimento degli ultimi sprazzi di un antico e brutto retaggio che, forse, è alla base anche del problema odierno dell’aumento delle aggressioni nei confronti di questi professionisti che nella stragrande maggioranza dei casi lavorano e operano sempre e soltanto nell’ottica del giuramento di Ippocrate.

Questo passaggio ha verosimilmente prodotto un livellamento (non so se verso il basso o verso l’alto) della professione medica, sicuramente ha dato la stura ad eccellenze che prima erano impensabili per i comuni mortali ed erano riservate soltanto alle dinastie baronali dei padri-padroni della medicina. Soltanto che oggi per raggiungere le eccellenze è necessario fare enormi sacrifici, certamente molti di più di quelli fatti in passato dai figli dei baroni.

E di sacrifici Michele D’Alto ne ha fatti davvero tanti, fin da quando da giovane studente universitario presso la Federico II di Napoli occupava insieme ad altri giovani un modesto appartamento in affitto; quasi tutti quei giovani sono oggi professionisti stimati e lavorano chi in ospedale a Polla e chi in tribunale a Lagonegro.

Lui, Michele D’Alto, è diventato un’eccellenza e per realizzare il suo sogno è stato costretto ad allontanarsi dalle sue radici e stabilirsi a Napoli prima per essere allievo di quella invidiabile palestra professionale  e poi per essere egli stesso un maestro di mestiere e di vita. Presta la sua attività professionale nel mitico “Monaldi” considerato, di per sé, un’eccellenza nazionale ed internazionale della cardiologia.

Le premesse ci sono tutte, gli attestati non mancano, le presenze costruttive nei grandi convegni internazionali altrettanto, gli articoli di stampa fioccano a ritmi che definire cardiaci è poco. Di fronte a se ha ancora tanti sacrifici, ma questa è una parola che non spaventa Michele D’Alto che è e rimane portatore di una schietta e sana umiltà e di una naturale umanità che trasfonde quotidianamente nel rapporto con i pazienti e con i semplici cittadini.

Mi piace riportare una frase pronunciata dal medico valdianese nel corso dell’intervista rilasciata l’anno scorso alla giornalista di Ondanews.it: “Molto spesso cerco di parlare con i pazienti, una volta ricordo di una paziente a cui chiesi in cosa potessimo migliorare e rispose di prestare più ascolto. Questa cosa mi ha colpito perché spesso la fretta la fa da padrona. Da allora abbiamo aumentato i giorni di ambulatorio, ridotto il numero di visite e trovato i fondi per due psicologi che lavorano con noi, perché quando si tratta di una malattia grave come l’ipertensione, il supporto psicologico è fondamentale”.

E’ questo, come dicevo prima, il punto nodale per migliorare la qualità dell’assistenza medica, dagli studi di provincia ai grandi complessi sanitari nazionali; parlare con i pazienti è virtù di pochi, e Michele D’Alto la possiede in grande quantità.

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