BIMALTEX: quelle “vite in cenere” e … quella porta chiusa !! per un caso risolto o un “cold case”.

 

 

 

 

 

 

 

 

Aldo Bianchini

 

SALERNO – Domani sera 5 luglio 2018, alle ore 18.00, nell’auditorium Polo Culturale Cappuccini di Sala Consilina sarà presentata la piece teatrale “Vite in cenere” scritta qualche anno fa dall’ottima Rosaria Zizzo; una piece che rievoca, esattamente dodo dodici anni, la tremenda sciagura sul lavoro

In cui persero la vita Giovanna Curcio e Annamaria Mercadante, arse vive nel bagno del piccolo laboratorio di materassi in Montesano sulla Marcellana.

            Rosaria Zizzo, che conosco da tanti anni, lotta da sempre non solo per l’emancipazione femminile ma anche per la loro sicurezza contro le prevaricazioni maschili e maschiliste e i suoi lavori sono apprezzati dovunque ed a qualsiasi livello culturale ed intellettuale.

            La rappresentazione sarà preceduta dai saluti istituzionali di Gaetana Esposito (presidente della consulta delle amministratrici del Vallo di Diano), Francesco Cavallone (sindaco di Sala Consilina) e Giuseppe Rinaldi (sindaco di Montesano sulla Marcellana). Gli interventi di Katia Pafundi (responsabile centro antiviolenza Aretusa) e di Carmine Oliviero (sostituto procuratore della repubblica) saranno coordinati dall’ottimo giornalista Pietro Cusati; non mancherà, ovviamente, la presenza dell’autrice della piece teatrale.

            Io in passato ho scritto tantissimo sul tremendo incidente mortale sul lavoro ed ho anche polemizzato con  gli inquirenti e con le Autorità Istituzionali (quali il Comune di Montesano, la Commissione Lavoro dell’ex UPLMO, l’Ispettorato del Lavoro, ecc.) perché ho sempre pensato e ritenuto che al disvelamento della verità su quanto accaduto alle 11.00 di quella mattina di dodici anni fa mancasse qualche tassello investigativo molto importante di cui nessuno, Procura della Repubblica compresa, ha mai voluto tener conto per non dover forse ammettere deficienze poco edificanti per uno Stato che vuole scoprire la verità in senso lato.

            Non mi dilungo, quindi, sulla ricostruzione di quanto accaduto quella mattina e sul lungo iter processuale che ha portato a sentenza definitiva di condanna in danno dell’unico responsabile Biagio Maceri ed all’assoluzione (ma in  un secondo momento ed a compimento di un processo collaterale e slegato dal filone principale) della Commissione Lavoro dell’UPLMO che non  fece il proprio dovere fino in fondo dopo le denunce, delle operaie Anna Elisa Pepe Lady Mary Cristian De Masi (difese dall’avv. Renivaldo La Greca) cadute quasi nel vuoto se non fosse stato per i miei ripetuti interventi giornalistici.

            In questa occasione (riprendo il discorso per le due operaie dopo alcuni anni) mi limiterò a riportare il racconto dell’accaduto fatto su La Repubblica da Irene De Arcangelis sull’edizione in edicola la mattina del 6 luglio 2006:

“” … Poco dopo le 11 di ieri. All’ interno del laboratorio della ditta Bimaltex, sotto il livello della strada, sono al lavoro quattro operaie (tra cui la quindicenne). C’ è anche il titolare, che da tempo ha chiesto un lotto nella zona industriale di Casalbuono per trasferire la fabbrica. Nei locali c’ è di tutto: materassi vecchi e nuovi ammassati l’uno sull’ altro, montagne di lana e stoffe, materiali altamente infiammabili. Ci sono perfino alcune bombole del gas semi vuote che, per fortuna, non sono esplose durante l’incendio. La scintilla si accende nel materiale accatastato ma in pochi secondi trova nutrimento. L’ aria è satura di fumo. Due delle operaie tentano, insieme al titolare della ditta, di raggiungere le colleghe e fuggire. Non riescono e, costrette a rinunciare, si salvano all’ aperto. Giovanna Curcio e Annamaria Mercadante, invece di scappare, si chiudono nella loro trappola, il bagno. Cercano dell’acqua per spegnere il fuoco che intanto è diventato un grande rogo, imbattibile se solo con qualche secchio d’ acqua. Si ritrovano prigioniere del fumo, chiudono la porta del bagno ma oramai è tardi. Sono irraggiungibili, nessuno le potrà salvare. Muoiono per asfissia, una accanto all’ altra. Intanto arrivano i soccorsi, i vigili del fuoco spengono le fiamme e, dopo qualche ora, vengono trovati i cadaveri delle due donne. Le sette famiglie che vivono nella palazzina vengono sgomberate. Inchiesta affidata al pm Carmine Oliviero della procura della Repubblica di Sala Consilina, i carabinieri del capitano Giorgio Borrelli cominciano subito a interrogare i testimoni e i superstiti in attesa dei risultati, tra qualche giorno, delle autopsie. Ma Giovanna Curcio, a quindici anni, lavorava nella fabbrica? Sì, dicono le operaie superstiti, era con noi nel laboratorio””.

La Suprema Corte di Cassazione, come anticipavo, ha confermato la sentenza di secondo grado di condanna dell’unico responsabile riconosciuto nella figura di Biagio Maceri, titolare del laboratorio e datore di lavoro delle due operaie bruciate vive.

A distanza di dodici anni mi sento di poter ripetere la domanda che già posi il 10 aprile del 2014 “Biagio Maceri, titolare del materassificio, è l’unico colpevole della tragedia del 5 luglio 2006  in cui persero la vita Giovanna Curcio (nata nel 1990) e Annamaria Mercadante (nata nel 1957) ?”. La risposta, almeno per quanto mi riguarda e come nella precedente occasione, è semplice: “NO”.

Perché, da conoscitore delle dinamiche infortunistiche sul lavoro (sono stato non  a caso per 38 anni ispettore di vigilanza degli infortuni) non sono convinto che tutte le indagini siano state in dirizzate nella maniera giusta ed a 360°; ho letto e riletto atti, dichiarazioni, conclusione e ne ho ricavato la sensazione che, forse, si poteva e si doveva fare di più a cominciare dal pm Oliviero (che domani sera sarà presente a Sala Consilina) per passare al capitano Borrelli, al comandante dei vigili urbani di Montesano il maresciallo Recano e finire ai Vigli del Fuoco. Non parlo dell’inchiesta sulla morte a causa di infortunio sul lavoro provocato dall’incendio, quella inchiesta è stata condotta in maniera perfetta ed è stata consacrata e storicizzata dalla Cassazione; parlo di altri aspetti che probabilmente l’inchiesta ha trascurato.

Basterebbe chiedersi, difatti, alcune cose semplici: 1)  perché due soggetti in preda ad evidente panico invece di imboccare come altri la via di uscita abbiano preferito rinchiudersi nel bagno ? (l’istinto di sopravvivenza in questi casi è di grande aiuto nella scelta delle soluzioni migliori) 2) la porta del bagno è stata trovata chiusa dall’interno con la chiave regolarmente nella toppa quasi liquefatta ?; 3) la porta era aperta o in vece risultava chiusa dall’esterno ?.

Quest’ultima domanda è quella più inquietante anche perché, dopo la pulizia dei locali annunciata dall’allora sindaco Volentini nell’ottobre 2011 sarà molto difficile ricostruire la “scena del crimine” se tutti gli elementi probatori non sono stati doverosamente rapportati all’ Autorità Giudiziaria anche se, apparentemente, una porta chiusa o aperta avrebbe avuto in quel momento poca importanza.

Ho scritto questo, assumendomene ogni responsabilità, perché da tempo si sussurrano voci che alimentano un’altra dinamica del fatto, una dinamica che, al di là delle indiscusse responsabilità del Maceri sotto il profilo delle misure di sicurezza e prevenzione, potrebbe addirittura scagionarlo dall’accusa di omicidio colposo.

Siamo di fronte ad una fantasiosa ricostruzione giornalistica, ad un caso chiuso definitivamente o ad un “cold case” con tutte le sorprese possibili ed inimmaginabili. Alla prossima, intanto godiamoci lo spettacolo offerto dalla piece scritta mirabilmente da Rosaria Zizzo.

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