CRESCENT: i teoremi investigativi e la logica rigorosa dell’accertamento dei fatti; il 20 luglio De Luca in aula per dichiarazioni spontanee.

 

 

 

 

 

 

 

Aldo Bianchini

SALERNO – Venerdì 20 luglio prossimo sarà, forse, il giorno della verità per il processo “Crescent” incardinato presso il tribunale di Salerno, processo che vede oltre venti rinviati a giudizio tra i quali, in primis, il governatore Vincenzo De Luca. Sarà il giorno della verità perché in aula si fionderà proprio Vincenzo De Luca che ha chiesto ed ottenuto di poter rendere spontanee dichiarazioni sui fatti che hanno portato a questo nuovo e quasi farsesco processo contro il cosiddetto “sistema di potere deluchiano”.

            Qualcuno rimarrà sicuramente sorpreso per queste mie parole; rassicuro tutti, io sono e rimarrò decisamente un oppositore della politica deluchiana, ma sono e rimarrò uno strenuo difensore dello stato di diritto di ognuno e non mi stancherò mai di affermare che alcuni processi, molti processi, somigliano più a compassate sceneggiate napoletane che ad un momento elevato del diritto penale che deve andare, sempre e solo, alla ricerca della verità partendo dalla rigorosa analisi dei fatti.

            Per spiegare meglio il mio pensiero partirò dall’esame attento e scrupoloso dell’arringa pronunciata in aula dall’avv. Cecchino Cacciatore (difensore dell’assessore regionale Luca Cascone) il 15 giugno scorso ed avrò necessità di esternare il mio pensiero attraverso la pubblicazione di alcuni articoli perché per meglio spiegare fatti e circostanze occorre spazio e tempo.

            L’avvocato Cecchino Cacciatore, a mio sindacabile giudizio, ha centrato l’obiettivo ed ha cercato non solo di porlo come antitesi alla tesi accusatoria ma anche come strumento di convincimento per quello che lui stesso definisce “eccellente Presidente ed attento Tribunale”; una con siderazione che anche io condivido non avendo prove del contrario.

            Il problema è: “fino a che punto un sistema politico di potere può essere trascinato e giudicato in aula senza scindere l’azione politica dalla logica rigorosa dell’accertamento dei fatti ?”.

E’ questo il tema principale sul corretto funzionamento della giustizia che dovrebbe essere capace di distinguere quella distributiva (appannaggio della politica) da quella commutativa (appannaggio dei giudici); se non riusciamo a fare questo partendo da una logica democratica aperta a 360° non andremo da nessuna parte. Tutto il resto fa parte della dinamica giornalistica che non deve seguire gli stretti canoni del diritto e può dilettarsi con fantasiose ricostruzioni che mescolano a piacimento le due tipologie della giustizia per la costruzione, anche surreale e suggestiva (fa parte del gioco !!), delle vicende giudiziarie che coinvolgono politica e magistratura; il PM è come l’avvocato della difesa, deve costruire il suo castello accusatorio partendo dai fatti ed andando anche alla ricerca delle prove a favore dell’indagato, così come la difesa costruisce il suo castello difensivo dimostrando che i fatti reali e contestabili non possono essere mescolati con l’azione politica che è ben altra cosa e non  attiene, comunque, alla responsabilità personale dell’individuo. Quando il magistrato irrompe sulla scena del quadro dell’azione politica rischia di fare soltanto sfracelli e niente più; da qui si spiegano le innumerevoli assoluzioni che quando arrivano sono sempre in ritardo e non fanno mai giustizia. E l’avvocato non deve essere costretto, per difendere il principio di innocenza fino a sentenza passata in giudicato, a “prendere la parola con sentimenti di smarrimento e di angoscia, perché i Pubblici Ministeri hanno svolto una ineccepibile e lodevole requisitoria facendoli sognare di partecipare ad un campionato di salti dal fiordo di Furore” in quanto gli stessi non hanno studiato per fare salti e tuffi acrobatici ma per fare un altro mestiere (cioè l’avvocato), come ha esplicitamente dichiarato in aula l’avv. Cecchino Cacciatore nel corso della sua arrembante arringa.

Il discorso forense di Cacciatore è semplice, seppure articolato nella sua esplicitazione dialettica, e può essere facilmente raccontato in poche parole; in pratica se un amministratore sottoscrive in giunta o in consiglio una delibera per l’avvio di un lavoro pubblico compie un atto politico legittimo e non contestabile (in caso contrario dovremmo mettere sul piatto della bilancia che la giustizia è pilotata sull’onda del pensiero personale dei singoli investigatori e/o magistrati e non sulla lettura degli atti, dei fatti e delle prove conclamate); il problema di natura penale e investigativa può ovviamente nascere a valle della decisione politica ed a quel punto ogni responsabilità è di carattere personale. Ma non possiamo in alcun modo accusare un amministratore di corruzione, di peculato, di falso in atto pubblico solo perché il suo pensiero e la sua azione politica divergono dal pensiero e dall’azione degli investigatori-inquirenti che spesso, già nelle fasi preliminari, scrivono verbali come se stessero stilando delle sentenze definitive.

Un assessore comunale, come nel caso dell’ing. Luca Cascone difeso da Cecchino Cacciatore, dispiega la sua azione politica nell’ambito di una progettualità complessiva che non può certo tenere conto delle singole ipotetiche responsabilità a valle o delle pseudo confessioni di un tecnico-teste-imputato che dice di aver avuto ordini da De Luca che, per quanto mi risulta, non dà ordini ma cerca di attuare la progettazione urbanistica e strutturale della città che Egli immagina debba essere in futuro. Il sindaco, la giunta, il consiglio e le varie commissioni danno indicazioni di carattere generale nell’ambito di un discorso complessivo. Anche sbagliando, sicuramente, ma vengono votati per progettare ed attuare e su questo vanno giudicati politicamente e non giudiziariamente. Punto.

Ho la sensazione (cosa che ho già scritto) che nell’intercapedine sindaco-giunta-tecnici comunali e imprese esecutrici si sia infilato qualcuno anche all’insaputa dei predetti per millantare credito e condurre trattative riservate e personali. Questo qualcuno non hanno voluto o non hanno potuto individuarlo e per questa ragione il processo è destinato a naufragare esattamente come sono naufragati gli altri prima di quest’ultimo.

Ma l’arringa di Cecchino Cacciatore è ancora piena di spunti per giusti approfondimenti che cercherò di analizzare nelle prossime puntate di questa inchiesta; intanto prepariamoci tutti ad ascoltare in aula le dichiarazioni spontanee di Vincenzo De Luca per capire se riuscirà, ancora una volta, a smantellare le già traballanti ipotesi accusatorie di una Procura che incomincia ad annaspare nei flutti delle prove conclamate che non esistono.

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