PONTI, VIADOTTI e GALLERIE: dopo Genova, Michele Brigante e Claudio Tringali in cattedra … mentre Ilardi suggerisce.

 

 

 

Aldo Bianchini

SALERNO – In queste ultime ore due noti personaggi salernitani sono intervenuti con loro dichiarazioni sulla triste e drammatica vicenda del crollo del ponte Morandi di Genova dove hanno perso la vita 42 persone (fino al momento in cui scrivo).

            Il primo è stato l’ingegnere Michele Brigante (presidente dell’ordine provinciale) e il secondo l’ex magistrato Claudio Tringali che, con le sue inchieste giudiziarie, fu uno dei grandi protagonisti della tangentopoli salernitana degli anni ’90.

            Per dovere deontologico dico subito di essere perfettamente in linea con le dichiarazioni dell’ing. Brigante e di essere in totale disaccordo con quelle del dr. Tringali.

            Il presidente dell’ordine degli ingegneri della provincia di Salerno, Michele Brigante, è stato ospite venerdì 17 agosto, dalle ore 16.30 in poi, di una delle tante edizioni speciali del TG/1. Ho apprezzato moltissimo l’esposizione, compiuta – puntuale e tecnica, del suo pensiero e delle cause che probabilmente hanno portato al crollo del ponte non trascurando alcun dettaglio sia di natura tecnica che legislativa. Si è mosso con grande padronanza nei meandri molto intricati e controversi di una legislazione in materia di costruzioni che spesso è molto contraddittoria e che, nel corso, di questi ultimi settant’anni non è riuscita a trovare una giusta e serena sedimentazione in un unico e doveroso modello di legge che possa soddisfare tutte le esigenze. Spesso è stato anche interrotta da un’incauta giornalista-conduttrice la quale era, visibilmente, presa anche da altri interessi giornalistici tra collegamenti e interviste. Nonostante questo Michele Brigante, dall’alto della sua riconosciuta dialettica forbita e professionale, è riuscito a mantenere in piedi la continuità di un discorso che, altrimenti, si sarebbe disperso in mille rivoli senza alcun interesse per la vasta platea del pubblico televisivo.

            Non credo che Michele Brigante abbia detto, o abbia potuto dire, qual è realmente il suo pensiero, prima da uomo e poi da esperto tecnico e docente universitario; la tv di Stato ti offre una immensa platea di ascolto e di consenso ma, inevitabilmente, ti toglie quella genuinità che in privato caratterizza tutti noi.

            Il 5 novembre del 2014 ho avuto modo di assistere direttamente al convegno “Sicurezza nelle gallerie stradali: normativa, aspetti tecnici, ricerca e nuove tecnologie”; convegno svoltosi nell’università di Salerno, nel corso del quale l’ing. Brigante mise in luce alcuni aspetti fondamentali del rapporto difficile, contrastante ed a volte rissoso e surreale che coinvolge gli ingegneri, i magistrati, la stampa e l’opinione pubblica. Disse allora Brigante che c’è una intrinseca difficoltà operativa per i tecnici con la conseguente incomprensione tra tecnici e magistrati, anche a causa di CTU spesso non preparati specificamente alla bisogna ed in alcuni casi anche portatori di una linea di pensiero diverso, una linea che (aggiungo io) spesso è dettata dal pensiero della stessa magistratura in relazione all’evento ed alla responsabilità da attribuire agli stessi tecnici, alla politica ed alle imprese operatrici. C’è poi la stampa che senza alcuna preparazione specifica, muovendosi anch’essa sull’onda di un pensiero, sponsorizza quasi sempre ed a testa bassa le “ipotesi surreali” che spesso vengono fuori dalle Procure, addirittura qualche minuto dopo l’evento catastrofico.

            In particolare, in quella occasione, mi colpì la lucida – serena e lapidaria dichiarazione di Brigante che rispondendo al sogno di Andrea Annunziata (già presidente dell’Autorità Portuale di Salerno) di voler fare l’ingegnere disse pressappoco così: “Se potessi tornare indietro, gentile Presidente, sicuramente non farei l’ingegnere”; come a voler significare l’impotenza di un tecnico a muoversi nella giungla delle norme, talmente estesa e contraddittoria, da permettere tutto ed il contrario di tutto. E come dare torto all’ingegnere Brigante; soltanto se pensiamo che nei minuti successivi al crollo del Ponte Morandi milioni e milioni di navigatori del web hanno distrutto enormi professionalità, anni e anni di studio, docenti universitari, esperti e semplici lavoratori (non parliamo, poi, delle imprese costruttrici o delle aziende che investono ingenti capitali nella cura e manutenzione delle autostrade), come se ogni navigatore fosse d’improvviso diventato ingegnere, politico, esperto, conoscitore della materia, giornalista e finanche magistrato non mancando di sparare sentenze definitive che fanno davvero rabbrividire perché travolgono l’intoccabilità dello stato di diritto di ognuno.  

            Non sono, invece, d’accordo con il commento postato dall’ex magistrato Claudio Tringali su FB che commentando una frase del presidente del consiglio dei ministri Giuseppe Conte in merito al fatto di non poter aspettare i tempi della giustizia ha scritto testualmente: “Non possiamo aspettare i tempi della giustizia -dichiarazione del presidente del consiglio…- Quindi faranno loro giustizia? Con buona pace della Costituzione, del principio di divisione dei poteri di Montesquieu e di ogni Stato moderno! Quindi riporteranno questo Paese al medioevo che è finito con la rivoluzione francese? È questo ciò che pensa un professore universitario di Diritto nonché Presidente del Consiglio dei Ministri della nostra Repubblica? Se è così dovrebbe sapere che nel nostro ordinamento giuridico esiste anche il delitto di attentato alla Costituzione. Se non si possono aspettare i tempi, deprecabilmente lunghi, della giustizia italiana l’unico rimedio è farne a meno, secondo il presidente del consiglio. Secondo il nostro presidente del consiglio la giustizia la farà qualcun altro. Chi? Uno sceriffo, un tribunale del popolo o meglio un sondaggio sul web? Ce lo spieghi, Presidente”.

            Non scendo sull’improponibile duello di natura culturale e politico con il presidente Tringali, non ho né la statura politica né la preparazione culturale per poterlo fare. Ma da cittadino libero, prima ancora che da giornalista, non posso esimermi dal dire che sono rimasto a dir poco sconcertato, per non dire allibito, dalla dichiarazione di un personaggio che, almeno per me, ha rappresentato uno dei punti di riferimento giuridico e di autonomia decisionale in un mondo confuso e contraddittorio come quello della giustizia. Come è possibile, mi sono chiesto, pensare subito al potere (capisco che il potere è perverso ed affascinante al tempo stesso !!) o meglio allo scontro dei poteri degli uomini e delle istituzioni al servizio dello Stato, senza minimamente ragionare un solo attimo sulla vera portata della dichiarazione del presidente del CdM che condivido in pieno. Mi sarei aspettato dal dr. Tringali che avesse riflettuto sui gravosi danni perpetrati, anche indirettamente, dalla presunta giustizia che per esercitare la sua legittima autonomia e indipendenza molto spesso blocca le opere pubbliche che restano come “cattedrali nel deserto” per sempre, senza minimamente prendere in considerazione che le opere pubbliche, nel 99% dei casi, rivestono i caratteri di assoluta necessità e urgenza per intere comunità (quella di Genova docet !!), caratteri che non  hanno niente a che fare con il giusto controllo della legalità e della contestazione delle responsabilità. Se poi a questo aggiungiamo il fatto che almeno nel 70% dei casi assolvono con formula piena gli indagati rinviati a giudizio, il gioco è fatto in favore del presidente Giuseppe Conte. Questo, difatti, Egli voleva molto verosimilmente dire con quella sua dichiarazione; la gente di Genova non può certamente aspettare i tempi lunghi della giustizia per poi assistere, semmai, all’assoluzione di tutti mentre le rovine del ponte sono ancora lì a smascherare le ingiustizie italiche di fronte a tutto il mondo.

            Mi piace, infine, citare un post scritto, sempre su FB, dall’ingegnere Antonio Ilardi; un post che riprende un mio convinto ragionamento pubblicato tempo addietro in merito ai moltissimi e variegati “Comitato del NO” che nascono come funghi nel nostro Paese: “Introduciamo una norma che obblighi i Comitati del NO alle opere pubbliche a pagare, di tasca propria, un indennizzo prestabilito qualora perdano i loro ricorsi. Basta veti ! Vogliamo un Paese moderno !””.

            Una considerazione assolutamente inattaccabile, per il bene dell’Italia intera.

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