Super Job Search / 3: la super inchiesta di Montemurro tra vecchia e nuova metodologia investigativa

 

 

 

 

 

 

 

Aldo Bianchini

SALERNO – Avevo concluso la seconda puntata di questa mia nuova inchiesta (che ho denominato “Super Job Search” significando la ricerca da parte della Procura di un collegamento di interesse economico (job) tra le varie inchieste similari) con la promessa che avrei parlato della correlazione tra l’inchiesta Linea d’Ombra (Alberico Gambino) e Sarastra (Pasquale Aliberti) che il procuratore antimafia di Salerno, Vincenzo Montemurro, sta cercando di dimostrare attraverso l’esibizione direttamente in aula (dove si svolge il processo Sarastra con il coinvolgimento di alcuni pseudo camorristi) di alcuni conclamati elementi di accusa che lo stesso PM ritiene, probabilmente,  di aver scovato proprio nella correlazione tra le varie inchieste in seguito ad un lavoro certosino degli investigatori.

Un primo importante elemento di correlazione è venuto fuori, in sede di rito abbreviato, con la condanna di Alfonso Loreto e i due cugini Luigi e Gennaro Ridosso, rispettivamente ad un anno e due mesi, a sei anni e otto mesi e cinque anni e otto mesi; condanne sancite nello scorso luglio dal GUP Emiliana Ascoli e contro le quali sarà, comunque, possibile presentare ricorso in Appello e poi eventualmente per Cassazione. Ma quello che vale è, in ogni caso, il principio dell’esistenza di un probabile patto tra Aliberti, Loreto e i Ridosso; cosa che peserebbe sul ruolo della politica in questa vicenda.

Di questa correlazione specifica e sulla sua reale esistenza e consistenza mi occuperò in una delle prossime puntate; oggi intendo mettere in luce quello che notoriamente è il modo con cui l’opinione pubblica recepisce queste notizie e quali effetti le stesse possono avere sull’immaginario collettivo. Nel senso che molto spesso, se non quasi sempre, l’opinione pubblica si divide subito in colpevolisti e innocentisti fondando il proprio giudizio quasi esclusivamente sui titoloni dei giornali e sul clamore televisivo che la specifica vicenda riesce a conquistare. Perché anche questo dobbiamo registrare: la giustizia televisiva arriva molto prima ed è molto più ingiusta di quella istituzionale che arriva sempre molti anni più tardi. Anni … non giorni o mesi.

Naturalmente tutto ciò è disperatamente distorsivo rispetto alla realtà che spessissimo si appalesa completamente diversa, ma bisogna prendere atto che si basa soprattutto sulla cosiddetta “voce del popolo” che da sempre è ritenuta molto vicina alla verità seppure nasca e cresca, soltanto con il chiacchiericcio di bocca in bocca, all’ombra della verità e sui marciapiedi. La giustizia dovrebbe essere altro … o no ?

Difatti se andiamo dicendo, sia in sede nazionale che locale, che la malavita organizzata riesce ad entrare nei gangli della politica attraverso la pubblica amministrazione non possiamo minimamente pensare e credere (e soprattutto non può pensarlo l’opinione pubblica) che solo nell’agro nocerino-sarnese un’azione camorristica condotta in un paese non abbia o non possa avere i suoi riflessi negativi su altre realtà comprensoriali e molto vicine per usi e costumi a quella indagata.

Sarebbe come dire che soltanto nell’agro citato abbiamo una camorra povera che si accontenta di un solo paese, quando invece sappiamo benissimo che la camorra, attraverso i suoi tentacoli – le sue famiglie ed anche le sue battaglie interne, tende ad ottenere una supremazia sempre più vasta con interessi che attraversano molte realtà territoriali.

Ribadisco ancora una volta che anche Montemurro, come in tante altre realtà professionali, corre il rischio di sbagliare, ma questo fa parte del gioco; per Lui ovviamente sarà amaro ammetterlo ma è così. Anche se questo suo nuovo modo di indagare mi rassicura come cittadino e mi lascia sperare in positivo. Spesso, commentando le inchieste di Montemurro, non mi sono ritrovato sulle sue posizioni concettuali, ma anche questo fa parte del gioco; il necessario per questi discorsi è metterci il massimo della serietà e della serenità.

Nella precedente puntata ho anche scritto che, spesso, le grandi inchieste incentrano la loro sostenibilità giudiziaria su indagini svolte sempre, o quasi, dagli stessi gruppi di investigatori che a volte possono anche condurre l’accertamento della verità verso la stessa univoca direzione, cioè cavalcando un’unica linea di pensiero; questo potrebbe anche essere un bene, ma bisogna ammettere che c’è comunque il rischio di un condizionamento delle indagini stesse; condizionamento assolutamente non voluto ma esistente nei fatti.

Sto seguendo molto la vicenda del crollo del “Ponte Morandi” di Genova e mi sono reso conto delle difficoltà oggettive che incontra il Procuratore Capo per condurre in porto le indagini peliminari che dovranno essere effettuate a 360°, altrimenti si corre il rischio di incappare in micidiali errori di valutazione e di giudizio.

Le inchieste di Montemurro sono sicuramente delicate come quella di Genova, se non anche più delicate, perché attengono la vita di persone già in carcere; e allora, mi sono chiesto, perché non affidare la stessa inchiesta e/ le maxi inchieste ad almeno due gruppi investigativi senza alcuna interlocuzione tra gli stessi. Così facendo le Procure, i Procuratori e i Sostituti avrebbero il quadro più completo della situazione che è già stata osservata da due punti di vista diversi che partono da due linee di pensiero ben distinte.

Lo studio attento e meticoloso di quel quadro metterebbe il magistrato interessato (che già di per se è portatore di un’altra linea di pensiero) nelle condizioni di poter decidere al meglio nell’interesse di tutti.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *