San Matteo 2018: la città in festa

Aldo Bianchini
SALERNO – Cosa buona è giusta. Finalmente la Città potrà festeggiare il Santo Patrono aspettando la “grande processione” senza eccessivi patemi d’animo.
Tutto sembra essere ritornato alla pacifica normalità; insomma la quiete dopo la tempesta durata più di un lustro a causa di pesanti malintesi tra Arcivescovo e Amministrazione Comunale e tra Curia e Portatori; malintesi dovuti alla difficile integrazione con il tessuto sociale e religioso da parte del “prete venuto da lontano”, ovvero da parte dell’arcivescovo S.E. Mons. Luigi Moretti giunto a Salerno dall’alta curia romana con il compito di restituire ad uno degli Arcivescovadi più grandi d’Italia quella rispettabilità che aveva perduto a causa di una furiosa inchiesta giudiziaria che aveva ingenerato in tutti (laici e clero) la convinzione di avere a che fare con una “banda di malfattori” che da decenni governava la Curia salernitana sotto il governo temporale di S.E. Mons. Gerardo Pierro assistito dal suo devoto “don Comincio Lanzara” nei panni del segretario particolare, abilissimo nelle strategie relazionali in tutte le direzioni e per tutte le occasioni.
Ci hanno messo ben cinque anni, un lustro, per capirsi, per ritrovarsi, per centellinare un buon caffe; e così l’arcivescovo Moretti, il sindaco Napoli, i portatori, la Curia e i rispettivi staff possono tirare un respiro di sollievo. Dopo la furiosa tempesta, dopo gli insulti all’alto prelato, dopo che la statua del Santo era stata poggiata per terra davanti alla Provincia, dopo le mediazioni abilissime dei funzionari della Digos, dopo i disastrosi interventi dell’ex Prefetto Gerarda Pantalone (che nel corso del suo mandato non ne azzeccò neppure una !!), dopo le rivolte dei portatori (alcuni dei quali prevaricatori !!) e dopo il processo giudiziario (unico nel suo genere in tutt’Italia) è arrivata la quiete e finalmente il Santo Patrono è stato restituito alla sua Città, al suo popolo di fedeli, all’adorazione della folla.
Alla luce di questa, speriamo duratura, pacificazione è possibile affermare che alla fine ha vinto San Matteo, il gabelliere, che nonostante le sue due facce o forse proprio per le sue due facce è riuscito a mettere d’accordo tutti.
Il Patrono ha fatto capire al presule Luigi Moretti, arcivescovo dal 2010, che la Curia di Salerno e le sue segrete stanze non erano un covo di lobbies affaristiche, che il precedente arcivescovo don Gerardo aveva sempre e comunque lavorato per il bene di tutti, che il seminario diocesano non era soltanto un ripostiglio di acrobazie sessuali non edificanti ma era anche nella sua stragrande maggioranza una specie di sede per i ritiri spirituali e per l’educazione dei futuri sacerdoti, che Angellara Home e la colonia San Giuseppe rappresentavano da sempre un punto di riferimento per i meno abbienti della città e dell’intera provincia, che il Tribunale Ecclesiastico poteva contare su eccellenti professionalità da coordinare meglio (questo sì) ma vive e pulsanti come non in altri tribunali, che il segretario generale don Comincio era stato capace di ricucire strappi e di rilanciare l’immagine della Chiesa salernitana nonostante gli intoppi e la grossa grana con i seguaci della santona di Montecorvino (grana alla base, forse, di tutti i guai religiosi, civili e giudiziari di Pierro e Lanzara).
Perché ci sono voluti cinque anni per far capire al nuovo Arcivescovo che a Salerno (nonostante il Santo dovesse inchinarsi davanti alle case dei camorristi, nonostante i portatori andassero quasi sempre per la loro strada, nonostante la folla chiedesse a gran voce l’intrusione nella processione della statua di San Vincenzo da Ruvo del Monte, nonostante il primo sindaco fosse “primus inter non pares”, nonostante il secondo sindaco fosse dichiaratamente ateo, nonostante la Curia e la Parrocchia di San Matteo vivessero momenti poco esaltanti sia sul piano religioso che su quello etico-morale) qualcosa di buono c’era, anzi che la stragrande quantità di cose erano buone; ci sono voluti cinque anni perché lo staff intorno all’Arcivescovo non ha risposto, in termini organizzativi e relazionali, come la Città si aspettava; le troppe lotte intestine per l’accaparramento degli spazi di potere rimasti liberi dopo quarant’anni di dominio del “segretario per antonomasia” avevano sfiancato tutti e l’insipienza della Curia, prima efficientissima, si era riversata sul resto della Città ed era permeata nei palazzi del potere (politico – sociale – giudiziario) che l’arcivescovo Pierro (con il supporto di don Comincio) con tanta pazienza e abilità aveva cercato di tenere a freno fin dal giorno del suo arrivo a Salerno nel luglio del 1992.
Alle ore 18.00 di questo pomeriggio nel momento in cui San Matteo metterà piede fuori dal Duomo potrà anche Lui tirare un sospiro di sollievo e potrà attraversare in piena serenità le due ali di folla che l’aspettano per adorarlo ed invocarlo; a tarda sera, infine, sotto la spinta energica dei portatori il Patrono salirà di corsa la lunga scalinata della cattedrale per rientrare nella sua sede naturale ben ricaricato dalla gioia e dalla felicità che avrà avuto modo di assaporare lungo il percorso della lunga ed inimitabile processione.

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