CRESCENT: gli investigatori metafisici ?

 

 

 

 

 

 

 

 

Aldo Bianchini

SALERNO – La tanto attesa, ma oserei dire “scontata”, sentenza del Tribunale di Salerno nell’ambito del cosiddetto “processo Crescent” che altro non era se non un processo politico al sistema politico deluchiano, ci ha rimandato tre verità in assoluto:

  • Che De Luca si assolve, sempre;
  • Che non passa la nuova linea della Procura basata essenzialmente sul principio del “non poteva non sapere” (riferito sempre a De Luca, ovviamente);
  • Che quest’ultima sentenza, se possibile, rafforza e rinvigorisce il sistema di potere politico deluchiano.

La sentenza pronunciata dal presidente Vincenzo Siani (a latere Ennio Trivelli e Antonio Cantillo) se è, come sostengo, ineccepibile dal punto di vista giudiziario può e deve essere commentata; e se è ineccepibile è tutta colpa di quegli investigatori metafisici di cui lo stesso De Luca parlava in aula il 20 luglio scorso quando con molto coraggio, pari alla solita sfrontatezza, e che la stampa riprese a gran voce. Sempre in aula il prof. Andrea Castaldo (codifensore di De Luca con l’avv. Paolo Carbone) aveva parlato di: prove inesistenti, di istigazione da dimostrare, di palese caccia alle streghe e di fantasioso abuso d’ufficio.

Di atti o di prove conclamate riferibili a Vincenzo De Luca (governatore della Campania e sindaco di Salerno all’epoca dei fatti) nel fascicolo processuale non c’era neppure una minima traccia; ci siamo trastullati per anni al cospetto di un processo che non aveva neanche la quantità di “indizi” tali da giustificarne la nascita, il clamore mediatico e la fine ingloriosa, con costi onerosi a carico del contribuente.

I coordinatori del pool investigativo, i magistrati Rocco Alfano e Guglielmo Valenti, hanno fatto clamorosamente buca (almeno in 1° grado, anche se penso che in appello andrà ancora peggio). E perché ? Perché si sono intestarditi nel voler far approdare a Salerno un principio (non poteva non sapere) che va bene solo per la Procura e per il Tribunale di Milano, con riflessi anche cassazionistici; ma a Milano, amici lettori, c’era e c’è Silvio Berlusconi e quindi per i giudici andava bene qualsiasi principio pur di combatterlo e abbatterlo, così come è accaduto. Oltretutto i due PM non hanno tenuto conto di un’altra cosa, che cioè la famigerata “legge Severino” sulla decadenza era stata costruita soltanto e sempre per Berlusconi; una legge che, comunque, nessuno ha avuto fino ad oggi il coraggio di buttarla nel cestino, perché di leggi più incostituzionali di quella non ne esistono in un Paese che si dice democratico e civile.

Sulla loro strada i due PM hanno trovato un collegio giudicante di assoluta grandezza ed imparzialità, garante il presidente Vincenzo Siani, che con grande coraggio ha mandato assolti tutti gli imputati che probabilmente non avrebbero dovuto proprio comparire nelle aule di Tribunale.

I due PM avevano una sola possibilità per colpire ed affondare il “sistema politico deluchiano” (sistema che esiste ed è sotto gli occhi di tutti) che è e rimane assolutamente legittimo fino a prova contraria, dovevano cioè dimostrare l’esistenza di un nesso tra la volontà di De Luca e ciascuno degli oltre venti tratti a giudizio

Ma c’era la prova contraria ?

Secondo alcuni cointeressati alla vicenda giudiziaria c’era e come; io stesso nei precedenti articoli l’avevo in un certo senso suggerita al pool degli “investigatori metafisici”; consisteva in quel “legame incestuoso” di cui ho ampiamente parlato nell’ultimo articolo dedicato al Crescent riprendendo anche precedenti e vecchi articoli (sempre su questo giornale). Un legame incestuoso, da attribuire ad una persona fisica, che potesse collegare Vincenzo De Luca alle decisioni dei dirigenti, dei tecnici e delle maestranze impegnate nella progettazione e nell’esecuzione del Crescent. Nell’articolo del 25 luglio scorso, dal titolo “CRESCENT: De Luca istigatore metafisico o investigatori metafisici … con un uomo malvagio sullo sfondo ?”, che provvedo a ripubblicare in calce al presente, ho ipotizzato la presenza di questa persona fisica ma ho anche evidenziato l’assenza da ogni atto processuale del legame incestuoso dell’uomo malvagio così come ho propalato, da garantista, l’assoluta innocenza di De Luca, fino a prova contraria.

Quella prova non è stata trovata o non l’hanno voluta trovare ?

Di quella prova, ripeto, ne parlano un po’ tutti, almeno a chiacchiere; agli atti non c’è niente che ne confermi l’esistenza; ma questo, però, potevano accertarlo soltanto gli inquirenti metafisici.

Qualche settimana fa, viaggiando in macchina con l’avv. Paolo Carbone (difensore storico di De Luca) gli esposi le mie teorie in merito all’assoluta estraneità del governatore ai fatti contestatigli; mi rispose laconicamente che si trattava di un processo difficile per il rischio che passasse, appunto, la linea del “non poteva non sapere”; quella linea alla fine non è passata e gli investigatori soni stati sbugiardati.

E adesso l’enorme cumulo di denaro pubblico speso per le indagini chi lo paga ?

Lo pagherà il solito pantalone, almeno fino a quando i pubblici ministeri non cominceranno a capire che a volte è necessario fare qualche passo indietro di fronte alle ricostruzioni accusatorie metafisiche; bisogna farlo per ridare alla giustizia una credibilità che a livello internazionale non viene riconosciuta da molto tempo.

25 luglio 2018 – ilquotidianodisalerno.it

CRESCENT: De Luca istigatore metafisico o investigatori metafisici … con un uomo malvagio sullo sfondo ?

Aldo Bianchini

SALERNO – Antonio Giusti nel suo “Corso di filosofia dell’abate” (siamo tra il 17° e il 18° secolo) descriveva in maniera sublime cosa fosse la “metafisica” (che tratta di Dio e dei suoi attributi) applicata all’essere umano con tutte le sue deviazioni inevitabili quando si passa dal sacro al profano. Giusti in un tratto del suo corso arriva ad affermare che “”Niente ripugna che Dio impieghi a strumento della sua potenza anche l’uomo malvagio per la confermazione di alcune verità, o per qualche altro fine. Ma non può mai accadere che alcuno annunciando una falsa dottrina o cercando di promuovere un malinteso interesse proprio o d’altrui operi veri miracoli ai quali deve concorrere la Divina virtù””.

            Insomma, come dire, gli elementi anche soprannaturali per descrivere ciò che è accaduto in aula il 20 luglio scorso per il cosiddetto “processo Crescent” ci sono davvero tutti: la pubblica accusa che fa appello alle virtù soprannaturali di De Luca per poterlo incastrare quale istigatore (addirittura metafisico), la difesa del governatore e degli altri politici impegnata a spiegare che l’uomo malvagio può essere scelto anche per alcune verità tranne a rendersi conto troppo tardi che oltre la malvagità quegli uomini non hanno niente, e i dirigenti – tecnici comunali con imprese reali e metafisiche a ribadire la loro assoluta innocenza che allo stato dei fatti è difficilissima da raccontare e da provare.

            Ma chi è l’uomo malvagio potenziale autore delle istigazioni in danno dei dirigenti e dei tecnici ? non lo sapremo mai, perchè saperlo non conviene a nessuno, ammesso che ci sia e sia stato l’attore principale delle scelte scellerate che hanno prodotto il “mostro urbanistico” che i pm con la loro requisitoria hanno chiesto di porre sotto sequestro definitivo.

            Bene ha fatto, quindi, la giornalista Viviana De Vita sulle pagine de Il Mattino del 21 luglio 2018 a titolare “Crescent, De Luca istigatore metafisico” mi offre la possibilità di intervenire nuovamente sulla intricata vicenda per alcune precisazioni anche di “natura metafisica”, visto che siamo in un tema che la collega non ha sviluppato.

            Premetto di condividere in pieno l’arringa difensiva del prof. Andrea Castaldo (codifensore di De Luca con l’avv. Paolo Carbone) in tutte le sue sfaccettature: prove, istigazione, caccia alle streghe e abuso d’ufficio. E’ assolutamente tutto vero; contro Vincenzo De Luca non c’è assolutamente alcuna prova provata in quanto nessuno degli altri imputati ha mai ammesso di aver ricevuto ordini direttamente da De Luca, non c’è stata mai alcuna istigazione a delinquere perché la pubblica accusa non è stata capace di individuare il benchè minimo “legame incestuoso” tra il potere politico e i dirigenti e tecnici che avrebbero potuto anche opporsi, non c’è dubbio che si tratta di una vera e propria caccia alle streghe con fantasmi metafisici che si muovono da un capo all’altro della vicenda, ed infine la pubblica accusa propone un “abuso d’ufficio” molto annacquato se non proprio inesistente, perché se abuso d’uffici c’era i provvedimenti restrittivi dovevano essere ben altri in sede di indagini preliminari (vedasi caso dell’on. Marcello Pittella sbattuto ai domiciliari per la stessa tipologia di reato).

            I giudici della Corte giudicante che hanno ascoltato la deposizione spontanea del governatore De Luca sapevano e sanno benissimo che De Luca ha ragione per una serie anche abbastanza variegata di motivazioni; i magistrati che hanno condotto le indagini preliminari, lunghe ed articolate, sapevano e sanno benissimo che non sono riusciti (ma si sono sforzati a farlo ?) ad individuare le generalità precise dell’uomo malvagio che forse era stato impiegato da Dio come strumento della sua potenza per la confermazione di alcune verità. Ma anche questo, ovviamente, può essere frutto di illazioni e/o ricostruzioni arbitrarie e suggestive (rif. arringa Cecchino Cacciatore del 15 giungo 2018).

            E pagano in tanti anche per colpe non loro; quando De Luca in aula ha gridato ai giudici della 2^ sezione penale che si tratta di un processo con una serie di forzature sulla realtà dei fatti, ha dichiarato la verità. La responsabilità penale per le tante illegalità commesse deve per forza ricadere sulla testa dei dirigenti (tecnici e amministrativi) che qualora De Luca avesse forzato la loro firma non hanno saputo o voluto contrapporsi come era loro dovere (ammesso e non concesso un a forzatura da parte dell’ex sindaco). E’ vero che se un dirigente non soddisfa i desiderata del suo capo rischia il posto dirigenziale con perdita economica secca, ma è assolutamente vero che un dirigente se vuole operare sempre con la coscienza pulita deve imparare anche a dire no. La cosa stranissima e grave è che i cosiddetti dirigenti non hanno neppure e mai sussurrato il nome dell’uomo malvagio di “giustiana memoria”; e pagano anche per questo ed il Tribunale farebbe bene a contestare loro anche le aggravanti specifiche oltre quelle generali sulle attenuanti generiche che non si negano a nessuno, soprattutto a questi personaggi coinvolti in una storia molto più grande della loro statura umana e professionale.

            Se tutti ricordate bene, fu la “sinistra politica” di questo Paese sul finire degli anni ’90 a legiferare sula “responsabilità dei dirigenti” della pubblica amministrazione per sbarrare il passo alla magistratura che attraverso gli amministratori-politici penetrava spesso nell’humus fecondativo e illegale della P.A. andando a scavare e colpire la diffusa illegalità; allora la magistratura non protestò e non reclamo la “puzza di regime” che evidenziò negli anni successivi per scelte governative molto più leggere; adesso per rifarsi ricorre addirittura  alla fantomatica “istigazione metafisica” che non ha né capo né coda e che non conferma la teoria secondo cui il “governatore non poteva non sapere”, una teoria che ha avuto successo soltanto contro Silvio Berlusconi; e bene fanno i difensori quando affermano che De Luca poteva benissimo non  sapere o addirittura non conoscere fatti e personaggi.

            Sempre da Il Mattino del 21 luglio scorso ho letto che il vice governatore avv. Fulvio Bonavitacola, nei panni di difensore del consigliere regionale on. Nello Fiore (già assessore comunale), avrebbe dichiarato che “l’assessore ha solo approvato una delibera e non partecipato alla formazione dell’iter”; sulle capacità tecnico-professionali di Bonavitacola non c’erano dubbi, ma questa è una botta quasi mortale per i poveri dirigenti-tecnici e, forse, anche per qualche impresa non metafisica.

            Dall’arringa dell’avv. Cecchino Cacciatore, difensore dell’on. Luca Cascone, inoltre, viene fuori la discussione molto importante sulla famosa “prova logica” che può essere ammessa nel processo penale “ma nella misura in cui debba avere a che fare con i fatti tratti a processo e non con le illazioni o le ricostruzioni arbitrarie o di suggestione”. E nella fattispecie, senza l’uomo malvagio, le ricostruzioni arbitrarie o di suggestione abbondano in maniera straripante rispetto agli atti ed alle prove concrete.

            Questo ribadisce la mia convinzione che le scelte politiche, anche quelle più fantasiose come “l’isola che non c‘è” nel Golfo di Salerno non possono mai essere ritenute responsabili della pratica realizzazione dei progetti e/o della formazione dell’iter. Da qui la logica conclusione che, ancora una volta, ci troviamo probabilmente di fronte ad “investigatori metafisici” che perderanno la loro battaglia di fronte ad un Tribunale attento e coscienzioso. Per buona pace di tutti.

            Prima di chiudere, però, non essendo presente alla deposizione spontanea di Vincenzo de Luca posso soltanto immaginare la sua grinta e la sua pervicace arte di convincere gli altri della sua bontà per il popolo e in nome del popolo; nel prossimo articolo, con l’aiuto di Crozza, cercherò di immaginare e di descrivere ciò che sarebbe potuto accadere e non è accaduto.

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