SANGUE FAMILIARE: IL SUGO DELLA VITA

di Eppe Argentino Mileto

ROMA – Il 7 Dicembre del 1998 mia madre morì, presso il Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma. Reparto di ematologia. Una leucemia mieloide acuta la portò via in una settimana. Mi telefonarono intorno alle 9,30. Mi precipitai con il cuore in gola e al posto del letto di degenza, trovai 5 macchie di sangue per terra. Un vano tentativo di rianimazione aveva lasciato dagli aghi delle flebo 5 tracce di grandezza scalare. Le contai: erano proprio 5.
Ed era lo stesso sangue di cui mi macchiai, il giorno in cui venni al mondo. Dopo avermi lavato per nove mesi, mia madre mi aveva sputato dall’utero, sporco di sangue.
Le stesse 5 macchie le rividi, quella stessa mattina in cui morì, nelle mie mutandine bianche. Mi si palesarono con il lampo di un bagliore, nel mio vivido ricordo che ricordo anche oggi. Ma stavolta era il mio sangue. Sporche di me, quelle mutandine. Fu la sera che persi la verginità. Per timore che in famiglia se ne accorgessero, le gettai via di corsa. Ma avrei voluto tenerle. Perché fu il mio primo atto di vera libertà. Lo avevo voluto. E avevo scelto. Avevo 15 anni. Le 5 macchie del sangue di mia madre mi richiamarono alla memoria le mie. E con la memoria, rammentai il diritto di scegliere. Anche del mio sangue. A chi donarlo. E a chi negarlo. Ma in famiglia non potevo parlarne. In famiglia. Fra i legami di sangue.
La famiglia non è affatto un luogo sicuro in cui sentirsi al sicuro. La famiglia non è il paradiso. La famiglia non è meritevole, se siete dotati. E non è colpevole se non lo siete affatto. Anzi, se siete dotati è merito sempre di qualcun altro. Potevate nascere in qualunque altro posto, concepito da chiunque altro, sarebbe stata la stessa cosa. La famiglia con il talento non c’entra nulla. Ed io sapevo di averlo, il mio talento. Anzi, al contrario, ho dovuto proteggerlo dalla mia famiglia.
Perché è in famiglia che si cresce. E l’infanzia è la stagione in cui maturano la sessualità e l’affettività. La famiglia devia, demolisce, stronca, deforma, storce, soffoca tutto questo. La famiglia non è mai meritevole. È sempre colpevole.
Chi noi siamo lo dobbiamo a loro. La famiglia non è composta da padri e madri, fratelli, nonni, zii, nipoti. La famiglia è composta da demoni danzanti che si agitano, si dimenano, corrotti che corrompono a loro piacimento. Pronti a succhiartelo, il sangue. A fartelo sputare. E, in taluni casi, a venderlo.
La famiglia è il luogo in cui maturano le ostilità che ci porteremo dietro per tutta la vita. La famiglia ci allatta con sensi di colpa, ci destruttura, ci nutre con le preghiere, ma non insegna i sogni; ci racconta le favole, ma non a credere ad esse. Ci fa vedere gli orchi cattivi nel bosco buio, in cui perdersi o allontanarsi è una sventura, quando invece si scoprono mondi fantastici che ci conducono alla libertà.
La famiglia ha paura della tua libertà. Perché vuol tenerti sotto il tacco. Alla famiglia fa comodo che nulla cambi, perché è composta da gente che ha subìto e vuole che anche tu subisca. Gente abituata a rassegnarsi e ti chiede la rassegnazione. Gente che non ce l’ha fatta, e vuole che anche tu non ce la faccia. No, non ti vuole libero e felice, la famiglia. Ti vuole schiavo. Ti vuole prigioniero. Ti vuole suo. Perché le madri non invitano quasi mai le figlie a separarsi? Perché loro non sono state capaci di farlo. E così non vogliono che lo faccia tu. Poichè a loro non è stato concesso.
Si fa presto a dire :”I legami di sangue sono gli unici che contano!”
Andate a raccontarlo alla bambina buttata giù dal balcone a Taranto dal padre, a tutti quelli che sono morti, a causa dei legami di sangue.
Andate a raccontarlo a chi vede negli altri i demoni della propria famiglia e non riesce a rapportarsi in un modo sereno, perché devastato dai legami di sangue. Andate a raccontarlo a chi è stato abbandonato nei cassonetti dei rifiuti. Non erano forse anche quelli legami di sangue?
Vedete, personalmente ho un concetto erotico del sangue, quasi estatico.
Nei rituali magico-religiosi, ad esempio quelli sciamanici, ha una importanza fondamentale. Si sceglie se sia puro o impuro.
Il corpo e il sangue di Cristo. Anche quello è un rito. Il sangue è anche il cibo dei demoni. Il sangue esprime la vita e la morte. Ed è sempre una sostanza meravigliosamente magica. Che schiude a sentimenti ignei. La conoscenza approfondita di tutto il nostro patrimonio mitologico si nutre di sangue. Di sangue versato. Il sangue è un principio di forza e di vita insieme, gioca lo stesso ruolo dell’acqua. Come l’acqua rigenera, purifica, emenda.
Iniziazioni e riti sono ovunque accompagnati dal sangue. “Mangia la mia carne, bevi il mio sangue” recitano i riti sciamanici.
Il sangue fin dalla notte dei tempi accompagna la crescita e l’evoluzione dei popoli. E non c’è religione che non lo contempli o ne invochi lo spargimento.
Che fosse di una ferita che sanguina, di un agnello sgozzato o quello mestruale, il sangue è sempre il simbolo della fertilità, della vita che si rinnova e di una potente e devastante sessualità.
Nessuno di questi esempi ha però a che fare con i legami di sangue. Vi siete chiesti il perché? Lo dice la parola stessa: legami. No, la vita non è legame. È libertà.
Le parole di questa notte sono dedicate a chi fa della libertà un inno alla libertà, a chi non ha mai smesso di credere nel credere, a chi non ha paura degli orchi cattivi o del bosco buio, a chi ha smesso di recitare preghiere per invocare un sogno, che è la vita.

2 thoughts on “SANGUE FAMILIARE: IL SUGO DELLA VITA

  1. Meraviglioso ed eternamente rosso il sangue versato da chi ha amato la libertà, fino a dare il proprio sangue per difenderla e tramandarla a noi che abbiamo il diritto di vivere in libertà.

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