CINQUESTELLE: movimento in salita … da Melendugno a Roma

Felice Bianchini junior

(corrispondente e notista politico)

 

ROMA – A una settimana dall’evento “Italia5stelle”, che è stato un bagno di folla per i grillini, hanno preso il via una serie di scosse, con due epicentri, collocati a Roma e nella bassa Puglia del Salento. A tremare sono le fondamenta del Movimento5stelle, che deve affrontare una delle salite più ripide da quando ha iniziato il suo cammino politico, in particolare questa tappa in cui si trova al governo e di conseguenza pienamente sotto i riflettori.

Partiamo dalla Puglia: nel Salento si deteriora il rapporto con l’elettorato, viste le evoluzioni sulla Tap, il gasdotto che è oggetto di una lunga e ancora non terminata battaglia politica. L’enorme successo politico dei pentastellati nel “tacco” è stato, a detta degli stessi elettori, largamente favorito dalla promessa di bloccare l’opera, impedendo la realizzazione di un progetto ritenuto vecchio ancor prima di essere iniziato, inutile e potenzialmente dannoso per l’ambiente e in parte anche per l’economia turistica del territorio. Dopo l’annunciato Sì all’opera, giustificato con potenziali costi che si dovrebbero affrontare in caso di Stop, si è scatenata una reazione, in particolare a Melendugno e San Foca, di elettori 5stelle che si sono sentiti traditi e hanno chiesto le dimissioni dei vertici.

Sembra che, al di là dei risarcimenti che potrebbero essere chiesti a fronte di un’interruzione, ci sia una questione di geopolitica internazionale che ruota intorno a questo gasdotto, che potrebbe aver spinto il Movimento ad accettare di buttare giù questo boccone amaro, rischiando reazioni come quella registrata in Salento. C’è poi la pressione della Lega, che va messa in conto: in questo periodo di incomprensioni, secondo qualcuno la Tap potrebbe essere finita sul conto dei 5stelle. Ciò che è certo è che non ci siano di mezzo solo questioni tecniche ed ecologiche, ma anche e soprattutto questioni politiche.

Si parla invece ancora troppo poco di Roma, che silenziosamente trema: il futuro della capitale è incerto, sia dal punto di vista sociale che, per ovvia conseguenza, politico. Scoppia il caso Desirée, che fa bruciare non solo la ferita, purtroppo da sempre aperta, della violenza sulle donne, ma anche quelle, non di certo più cicatrizzate, dell’immigrazione, dello spaccio e in generale del degrado urbano e sociale. I rifiuti, gli edifici lasciati a sé stessi, fanno da sfondo perfetto a una scena come quella che è stata ampiamente descritta nell’ultima settimana, fatta di delinquenza, violenza e vuoto sociale, non lontano dal centro storico e dall’università Sapienza, nel quartiere San Lorenzo. A questo si aggiunge il servizio di trasporto pubblico, che è in piena crisi: Atac è sotto attacco da più fronti, anche interni, e la vicenda della scala mobile che ha visto coinvolti i tifosi russi prima della partita di Champions League della scorsa settimana non ha di certo aiutato. Il culmine si è avuto con la manifestazione di Domenica al Campidoglio, che la Raggi ha liquidato come una manifestazione Pd camuffata. C’è poi da attendere la sentenza sul caso nomine che attende il 10 Novembre la sindaca. In questa confusione, Salvini e la Lega sembrano stare capitalizzando ulteriore consenso. Non dimentichiamo che alle elezioni comunali del 2016 ci fu una separazione interna nella destra, che portò Forza Italia a non appoggiare la Meloni, e indirettamente a favorire Giachetti: se cadesse la giunta, alle nuove elezioni Salvini e Meloni potrebbero riproporsi in blocco, con la differenza che stavolta potrebbero portare a casa la capitale, che è il bottino politico più difficile da gestire, ma al contempo il più importante. Un fatto simile, se non prevenuto, potrebbe essere un duro colpo per il Movimento, che in questo momento deve cercare di tenere botta quantomeno fino a Maggio, cercando di non farsi trovare impreparato all’appuntamento europeo.

Tutto sembra doversi reggere sulla lealtà tra le due forze di governo: va detto che fino ad ora l’amicizia ha retto, e che, anche quando è sembrata sul punto di rompersi, è rimasta solida, facendo ricredere gli scettici.

A parlare di lealtà e a descrivere come leale Salvini e la Lega ci ha pensato Grillo, non senza prima concedersi qualche battuta sui suoi alleati. Il padre politico del Movimento ha dato spettacolo sul palco di Italia5stelle: sarebbe bugiardo dire che sia andato oltre, che abbia esagerato, visto che l’essere al di sopra delle righe ha sempre fatto parte del personaggio ed è stato in buona parte anche un punto a favore – e vista la sua “immunità” da comico-esterno, anche se definito figura di riferimento (l’elevato ndr).

Ciò che appare e va sottolineato è un Grillo totalmente privo di freni inibitori, anche alla luce di quanto afferma in prima persona con tono sempre scherzoso: “non ho più paura di nessuno”. Il comico si ritrova senza più la possibilità di fare satira, visto che ora i suoi sono al governo; inoltre scherza sul suo non essere un rivoluzionario come tutti gli altri, visto che non è ancora finito almeno un po’ dietro le sbarre. A tal proposito, e considerato che è stato accusato di vilipendio quando al Quirinale sedeva Napolitano, Grillo scaglia la sua prima frecciata dritta alla figura del presidente della Repubblica, che secondo lui andrebbe ridimensionata, limitandone i poteri. Dopodiché passa alla sinistra, che dice aver perso voti perché diventata noiosa, guidata da “intellettuali finti”, e che ora urla e copia i temi che un tempo i 5stelle usavano contro di loro. Tocca poi il tema del lavoro, in preda a una rivoluzione tanto quanto ad una crisi, quest’ultima in grado di essere superata grazie ad una misura come il reddito universale (versione “pura” del reddito di cittadinanza di cui si parla nell’ultimo periodo).

Dopo qualche minuto, un’uscita sull’autismo (sindrome di Asperger), usato per sbeffeggiare i filosofi della tv che parlano e perseverano nel parlare, senza che gli altri capiscano niente. Quest’ultima, insieme con la proposta di riforma della figura del presidente della Repubblica, gli costa le reazioni dei social e dell’opposizione, che non aspettavano altro che un’uscita come questa, abbastanza infelice. Tuttavia non tutto il discorso è da buttare, come molti vorrebbero far passare: il guru ormai sta invecchiando, ed è noto sia agli occhi che alle orecchie; ma quando afferma che “ogni quartiere dovrebbe essere autosufficiente” come principio per il concetto di città, come gli si può dare torto? Può essere definito banale, uno slogan, ma non per questo un qualcosa di falso o ingiusto, anzi, dovrebbe diventare l’obiettivo di ogni città. Questo intervento, però, sembra andare anche oltre: da buon “anziano saggio”, Grillo sembra sia intervenuto per ridare una faccia – e ben precisa, anche volutamente politicamente scorretta – a un Movimento che a tratti sembra aver smarrito la via che ha intrapreso e che per molti si sta riducendo a stampella della Lega.

Nel frattempo, è stato reso noto che a dicembre tornerà Di Battista: c’è ancora tanto da vedere.

 

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