il Quotidiano di Salerno

direttore: Aldo Bianchini

PASCALE: istituto nazionale tumori … è crisi politico-istituzionale !!

 

 

Aldo Bianchini

 

SALERNO – Avevo da poco compiuto quindici anni quando, per la prima volta, misi piede nella sede dell’ IRCCS Fondazione G. Pascale (Istituto di Ricerca e Cura a Carattere Scientifico), meglio noto come “ospedale Pascale” e tragicamente conosciuto come clinica universitaria per la cura dei tumori.

Fu proprio questa scritta, scolpita proprio all’ingresso del lungo viale che porta al plesso ospedaliero, ha suscitare in me viva impressione e, forse, anche sgomento; ero al seguito di mio fratello maggiore e di mio padre che aveva bisogno di urgenti cure oncologiche. Eravamo alla fine di ottobre del 1960 e da quel momento, per circa due anni, fu un via vai continuo da Salerno verso Napoli, fino alla morte di mio padre.

Da quel lontano 1960 ho sempre apprezzato il lavoro rigidamente professionale e ordinato svolto dal Pascale che, contrariamente alle usanze dell’epoca, prevedeva nei suoi protocolli anche una particolare attenzione verso la psicologia del malato terminale. Tutto funzionava alla perfezione tra personale sanitario e parasanitario, orari di entrate e uscite, assistenza familiare, consigli anche ai parenti del ricoverato; sembrava di trovarsi in una struttura sanitaria del nord o, addirittura, svizzera, tanto era efficiente il modello lavorativo attivato all’interno della struttura che è da allora onore e vanto di una meridionalità mai sufficientemente apprezzata.

Negli ultimi anni l’intera struttura ospedaliero-universitaria è gestita ottimamente da un salernitano doc come il dr. Attilio Bianchi.

Questa mia convinzione non è stata neppure minimamente  intaccata dal grave episodio verificatosi nel gennaio del 2018 quando il dr. Antonio Marfella (60 anni, oncologo e presidente dei medici per l’ambiente) dichiarò alla stampa nazionale che:

  • “”Ho fatto le analisi un mese fa, ho il cancro alla prostata. Non ho difficoltà a far sapere che, pur lavorando al Pascale, sono in lista di attesa per operarmi all’Ieo di Milano, per far rendere conto a tutti di come funziona male la sanità regionale anche se al Pascale ci sono colleghi bravissimi, eccellenti, ma che non vengono messi in condizioni di lavorare come pure saprebbero fare. Per il mio cancro devo essere sottoposto a un intervento in robotica. Le linee guida internazionali del Memorial Sloan Kettering Center, negli Usa, prevedono che questo tipo di intervento vada eseguito da strutture che ne facciano almeno 250 l’anno. Nell’intero Mezzogiorno non esiste alcun ospedale, Pascale compreso, che superi i 100 interventi alla prostata con il robot. Con meno allenamento sul robot aumentano le probabilità di errore che per il paziente, in questo caso, significa rischiare l’impotenza. Perché magari ci sono le sale operatorie e mancano infermieri a sufficienza e quindi si rallenta tutto. È una brutta sensazione, certo, ma posso dire di essere in buona compagnia. Ci sono stati altri medici   che hanno optato come me per Milano””.

 

A commento della eclatante notizia, apparsa su tutti i giornali nazionali e locali, scrissi su questo giornale:

  • “”Non c’è che dire, tutte decisioni umanamente comprensibili ma non giustificabili, anche perché con questa sua condivisione pubblica si impone a tutti la domanda di cui in apertura: “Può un oncologo napoletano farsi operare a Milano ?”, sicuramente no. Perché il dott. Marfella non è un semplice medico ma uno dei maggiori responsabili di uno degli istituti per la cura dei tumori noto in tutta Europa (altro che l’istituto europeo di oncologia di Milano !!) e come tale non può rivoltare come un calzino l’intera sanità pubblica campana partendo da una vicenda personalissima; perché a questo punto bisognerebbe chiedersi come mai non l’ha fatto quando non aveva necessità di cure speciali””.

 

Ho raccontato tutto questo per precisare quale sia il mio pensiero sul Pascale e per passare al commento della notizia di questi ultimi giorni: “Il Pascale escluso dai finanziamenti complessivi per 5 milioni di euro destinati dal Ministero della Salute agli istituti di ricerca italiani (Irccs) per lo sviluppo del’Immunoterapia sperimentale delle Car-T (la nuova frontiera dell’immunoterapia dei tumori)”.

L’indignazione è stata subito globale, dall’opinione pubblica alla classe politica, e tutti a chiedere il perché di una simile mostruosità.

La spiegazione è arrivata immediata e drastica: “Perché la Regione non aveva presentato la documentazione richiesta entro il termine del 26 febbraio 2019 previsto dal decreto governativo e la negligenza era stata corretta soltanto il 3 marzo con ben cinque giorni di ritardo”.

Naturalmente siamo tutti d’accordo che una siffatta esclusione non può essere irrevocabile per un piccolo ritardo nella presentazione della documentazione e difatti il ministro Grillo ha sapientemente cancellato la decisione riammettendo il Pascale nel novero dei finanziamenti molto necessari.

Il più scatenato dei politici è stato, come al solito, Vincenzo De Luca che ha gridato allo scandalo; ed ha fatto benissimo anche se alle sue legittime proteste avrebbe dovuto accompagnare “la testa” di qualche suo alto dirigente che fregandosene del termine di scadenza, già noto da molti mesi, ha completato il carteggio in ritardo. Difatti se c’è un termine che viene disatteso c’è sempre qualcuno che è responsabile, e questo qualcuno dovrebbe pagare severamente anche al fine di dimostrare che anche da noi, qui al sud, le cose funzionano alla perfezione e che siamo capaci anche di rispettare le scadenze così come fanno in tutto il resto dell’Italia. Una pratica, questa, che il Pascale conosce benissimo fin dagli anni ’60.

La storia ci insegna che non si possono nascondere le proprie deficienze per attaccare a tutto tondo soltanto gli altri che, pur responsabili, finiscono per vincere la partita politica sul piano dell’immagine pubblica; come ha fatto la ministra Giulia Grillo dando una lezione di moderazione e di efficiente decisionismo.

 

 

 

 

1 Commento

  1. La recente vicenda del Pascale, opportunamente ripresa e magistralmente riferita dal giornalista Bianchini, mette in evidenza e chiarisce ancora una volta le attuali difficoltà del sistema sanitario, in particolare di quello della nostra Regione, che non si riferiscono assolutamente alla mancanza di medici bravi e preparati, ma alla burocrazia centrista di alti funzionari, i quali spesso a diversi livelli dimostrano spesso poca voglia di impegnarsi nei loro adempimenti istituzionali, nel modo giusto e nei tempi giusti.
    E’ una storia che accade anche per la redazione e la messa in esecuzione dei Piani triennali sanitari ed ospedalieri in particolare, i quali troppo spesso sono la fotocopia dei piani precedenti, vengono adottati e pubblicati in ritardo, spesso con presunti aggiornamenti, che anziché migliorare, finiscono con il peggiorare le situazioni esistenti.
    Negli anni sessanta l’Istituto Pascale funzionava bene, riferisce Bianchini, e così era in effetti, trattandosi di un importante Istituto di ricerca scientifica, che ha fatto la sua storia nel Meridione d’Italia. Non erano ancora in vigore né la prima riforma sanitaria del 1978, né la seconda degli anni 1992-93, né la terza del 1999 (quella del ministro Rosy Bindi).
    Nel gennaio 2018 il Dott. Antonio Marfella rende pubblica la sua necessità di operarsi a Milano e non a Napoli, ove Egli stesso lavora. Opportunamente precisa che non mancano bravi medici, anche suoi colleghi, ma il sistema non consente di lavorare come si dovrebbe, e non solo per la mancanza di infermieri nelle sale operatorie.
    Che dire oggi su queste situazioni che, di anno in anno sembrano peggiorare ? Mi sento di dire che la politica deve capire che la “burocrazia centrista” non giova agli Ospedali e neanche agli Istituti di ricerca scientifica come il Pascale. Bisogna fare meno piani di programmazione (troppo spesso non resi esecutivi) e lasciare operare i Medici con maggiore autonomia e responsabilità, assicurando loro le attrezzature necessarie e i finanziamenti per la ricerca scientifica, le sale operatorie adeguatamente attrezzate e tutto il personale necessario per poterle fare funzionare bene.
    Sarà necessaria un quarta Riforma sanitaria? Sicuramente SI, visto che dalla terza del 1999 sono passati ormai venti anni e poco è stato veramente riformato in meglio. La politica è responsabile? Certamente SI e i politici devono finalmente capire che bisogna modificare l’attuale Sistema, indicando gli obiettivi da raggiungere, provvedendo in modo adeguato al loro finanziamento, ma facendosi però da parte per permettere agli Operatori sanitari, Medici, Infermieri, Amministrativi, di potersi esprimere ed organizzarsi al meglio, ovviamente nei tempi dovuti, attraverso adempimenti puntuali, per raggiungere finalmente gli obiettivi di una Buona Sanità, efficiente ed efficace !

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