Populismo, movimento operaio e … legittima difesa

 

 

Aldo Bianchini

SALERNO – Un altro interessantissimo approfondimento inviato a questo giornale dall’avvocato penalista Cecchino Cacciatore apre un nuovo gigantesco dibattito che da queste righe cerchiamo di alimentare con la speranza che si diffonda a macchia d’olio.

Nell’ottica di questo nostro convincimento, proprio per dare la possibilità al dibattito di crescere, proviamo a proporre alcune considerazioni partendo dall’ottimo intervento di Cecchino Cacciatore.

Quasi tutte le epoche storiche hanno avuto bisogno di leader carismatici, di eroi moderni, di affermazione di identità, tutte cose che fatalmente sfociano nel nazionalismo che si fonda in maniera naturale sul “populismo”.

E’ la disuguaglianza elevata all’ennesima potenza che produce tutte le condizioni per l’affermazione delle notevoli divergenze tra i diversi cosiddetti “strati sociali” delle varie comunità.

La mancanza di leader o di eroi moderni e l’assenza inquietante del “nemico” su cui scaricare la rabbia e la disperazione danno luogo al ripristino dell’idea preistorica della democrazia in cui la volontà popolare conta molto poco ovvero conta soltanto per accrescere le posizioni individualistiche con grave rischio per la stessa tenuta della democrazia.

In effetti, da qualche decennio a questa parte, lentamente ma inesorabilmente è venuto a mancare il “movimento operaio” che fungeva da cuscinetto tra le esigenze delle classi sociali meno abbienti rispetto a quelle più evolute e più posizionate dal punto di vista economico; un cuscinetto sul quale la politica riusciva a scaricare le sue tensioni per farle decantare prima di assumere anche le decisioni più importanti.

Ed ecco che oggi, in mancanza di tutto ciò, la politica se vuole vincere deve spingere l’acceleratore sul problema dell’ossessivo concetto della “legittima difesa” che altro non è se non un “individualismo esasperato” che, al di là delle statistiche speculari e dei pensieri filosofici, allontana dalla democrazia liberale cui siamo abituati.

Ma ecco il testo integrale dello splendido pensiero dell’avvocato penalista Cecchino Cacciatore:

Da dove viene la forza apparentemente invincibile del populismo?

Se lo chiede da ultimo Fukuyama, individuando il cuore del problema nel bisogno di vedersi affermata la propria identità, e pertanto affidandosi a tradizioni inventate, nazionalismi di ritorno, leader carismatici.

Il senso dell’identità scalza il principio del riconoscimento negli altri della titolarità di diritti a favore della pretesa di un proprio, esclusivo diritto.

La politica dell’identità, conclude lo studioso, è  di conseguenza una manifestazione di illiberalità in quanto si sostituisce all’altro concetto di riconoscimento (appunto) dell’identità tra sé e gli altri.

A tanto si aggiunga il fertile giardino di spine sociali nel quale il populismo alligna, coltivato, a dire di una lucida analisi di Habermas, dalla disuguaglianza sempre più evidente in Europa a partire dalla mai affrontata crisi economica del 2008, la quale ha registrato l’inerzia verso risorse e programmi democraticamente legittimati di contrasto all’acuirsi delle divergenze tra i diversi strati della società.

Una prima mistificazione- come la definisce Ferrajoli- degli equilibri costituzionali consiste quindi nella negazione di quel tratto della democrazia che- volutamente- non assicura l’assimilazione  dei vincitori delle elezioni con il popolo. Al contrario, si aggiunge, sta passando una idea primitiva di democrazia, di assenza di limiti alla volontà popolare, della subordinazione, cioè, della politica ai diritti costituzionalmente stabiliti; la negazione, insomma, dello stato costituzionale di diritto.

In questo contesto, si staglia il nuovo giustizialismo del diritto penale per cui il mezzo è sempre giustificato dal fine: il mezzo è il diritto penale, il fine è securitario.

Si è agli antipodi del diritto penale liberale, in quanto, inquinando i mezzi in nome dei fini, si fa ovviamente strame delle garanzie.

La conseguenza si manifesta in tutta la sua deleteria intensità per l’uso che soprattutto di recente si fa del diritto penale in maniera sempre più demagogica e congiunturale; uso diretto ad alimentare la paura quale fonte di consenso elettorale, a discapito dei diritti fondamentali e proprio di concezioni giuridiche diseguali e criminogene.

Criminogena è, allora, la proposta di riforma della legittima difesa, in quanto, ad esempio, eliminato il requisito della proporzionalità, ne risulterà l’aumento degli omicidi mediante la ragion fattasi, con la conseguenza di un ulteriore logoramento dei legami sociali.

Gli studiosi del diritto penale parlano, infatti, di legittima offesa, una sorta di autotutela libera dal rapporto di proporzione che deve sussistere in una civiltà che abbia a cuore la persona umana.

Il punto sta, dunque, nel non farsi sfuggire e sottovalutare il mutamento evidente delle soggettività politiche e sociali: non più i vecchi modelli basati sull’uguaglianza e su lotte comuni per il riconoscimento di comuni diritti, ma nuovi riferimenti di tipo identitario basati sull’accentuazione delle identità diverse da mettere in contrasto tra loro.

Così, espressioni quali movimento operaio e solidarietà di classe- modelli collettivi basati sull’uguaglianza nei diritti e sulla solidarietà tra eguali-  vengono sostituite da formule più utili ad individuare nemici contro cui scaricare la rabbia e la disperazione generate dalla crescita delle diseguaglianze.

In questo senso, la riforma in itinere della legittima difesa presenta lati bui, in quanto, proprio nell’ottica dell’individualismo esasperato, essa tende alla privatizzazione del diritto di difendersi mediante aggressioni alla vita altrui, svalutando i normali sentimenti di umanità e solidarietà intesi come  fondamento elementare della democrazia di diritto”.

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