Crisi italiana e voto europeo

Angelo Giubileo

A distanza di meno di un anno dall’insediamento, ricordiamo avvenuto il 1° giugno 2018, siamo qui a chiederci quanto possa ancora durare il governo gialloverde in carica guidata da Giuseppe Conte.

Il motivo principale è certamente dovuto ai continui e ormai quotidiani screzi tra i rappresentanti dei due partiti in coalizione, e in primis tra i due leader Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Screzi che talvolta assumono i contorni di veri e propri scontri.

E tuttavia, la situazione attuale sembra piuttosto riproporre lo stesso copione in cui ognuna delle parti in scena intende soprattutto scaricare da se stessa la responsabilità delle cose non fatte e da fare. E così, le prossime elezioni europee del 26 maggio costituiscono piuttosto un pretesto, in quanto la vera radice dello scontro origina dall’avvio del percorso della nuova Legge di Stabilità.

Alla dichiarazione del ministro dell’Economia Tria, una vera e propria constatazione dei fatti correnti, secondo la quale in assenza di contromisure finanziarie entro fine anno dovremo assistere dal 2020 a un innalzamento dell’IVA, Di Maio e Salvini hanno risposto, stavolta viceversa all’unisono, che questo non sarà mai e che se Tria non sarà d’accordo farà bene a dimettersi. Ma, non è così: è infatti evidente che per evitare l’innalzamento dell’IVA occorrono contromisure per un importo pari a 23,1 miliardi per il 2020 e la decisione in tal senso, politica, dipende da Di Maio e Salvini e non altri.

In vero, i possibili scenari non sembrano offrire tante alternative alle diverse ipotesi di governabilità del sistema-paese. Per primo: a) ripresa economica e aumento della crescita. Per secondo: b) aumento dell’IVA o in alternativa c) introduzione di una patrimoniale (su parere dell’Unione europea e già evitata a dicembre 2018).

E dunque: quanto alla prima ipotesi, le stime di crescita sono già state rivedute al ribasso e in merito anche le prime stime sugli effetti del reddito di cittadinanza non inducono a particolari ottimismi degni di nota. La notizia di un aumento dello 0,2% della produzione e dell’uscita tecnica dalla recessione dopo un trimestre, certamente non basta e non può bastare.

Restano pertanto le ipotesi legate a un generale aumento della tassazione, la qual cosa potrebbe anche far pensare a una prossima caduta del governo attuale, magari dopo il voto europeo, ma anche in questo caso diverse potrebbero essere le risoluzioni e comunque difficili da assumere.

Infatti, gli attuali numeri in Parlamento consentono presumibilmente soltanto la formazione di un governo di centrosinistra a maggioranza Cinquestelle e Pd. Ed è questo il motivo per cui, nella destra dei due schieramenti, la Lega ha ventilato insieme a FI e FdI l’ipotesi che alcuni dei parlamentari dei Cinquestelle siano viceversa pronti all’accordo per una maggioranza futura di governo di centrodestra.

Superflua sembra inoltre l’ipotesi di un nuovo governo tecnico, perché occorrerebbe in ogni caso il supporto di una maggioranza politica ed è difficile, date le condizioni attuali, trovare una maggioranza ampia e diffusa che replichi lo schema del più recente governo Monti.

Infine, l’ultimo scenario incrocia il destino della stabilità dell’attuale governo con il voto europeo del 26 maggio prossimo venturo; consapevoli comunque del fatto che l’adesione all’Unione europea sia diventata per tutte le parti in gioco una scelta necessaria e quindi imprescindibile.

Questa nuova consapevolezza, acquisita anche da parte di coloro che all’interno dell’attuale governo sembravano in principio dubitarne, in definitiva potrebbe offrire anche al nostro paese una nuova opportunità e una nuova soluzione politica alla crisi, orientando la scelta del profilo del governo italiano al profilo del nuovo governo dell’Unione europea; che, in base ai sondaggi, dovrebbe basarsi su una nuova maggioranza di centro ma stavolta spostata verso destra.

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