CASALNUOVO: Giovanni Cunsolo … assolto !!

 

Aldo Bianchini

SALERNO – “Assolto”, una parola che spesso non restituisce in termini di pace e serenità alla persona riconosciuta innocente tutto il calvario che ha dovuto scalare con la croce addosso e con i fari della stampa (sempre molto accanita ma approssimativa quando si tratta di fatti giudiziari !!) accesi; “assolto”, una parola che molto più spesso del primo caso non offre alla persona offesa e/o ai suoi familiari le giuste direttrici per una valutazione serena ed accettabile del giudizio espresso da altri uomini anche nel caso in cui alla parola assolto viene aggiunta la postilla: “perché il fatto non sussiste”. Perché, amici lettori, è proprio questa postilla tanto attesa e tanto odiata che apre dibattiti immensi sul valore intrinseco ed estrinseco della cosiddetta giustizia soprattutto quando, come nella fattispecie, essa arriva dopo otto anni dai fatti portati a giudizio.

Questa è la giustizia, meno male da un verso ed anche “purtroppo” dall’altro.

Oggi per quanto riguarda il maledetto caso del giovane Massimo Casalnuovo, morto in seguito ad una caduta dal motorino la notte tra il 20 e il 21 agosto 2011, e per quanto riguarda l’incredibile calvario sopportato dal maresciallo dei Carabinieri Giovanni Cunsolo, accusato di aver provocato con un calcio la caduta di quel motorino ed assolto in via definitiva dalla giustizia terrena, non si può fare altro che rispettare la sentenza di assoluzione “perché il fatto non sussiste”  che la Corte d’Assise di Appello di Salerno, presso la quale la Suprema Corte di Cassazione aveva rinviato il caso per un nuovo processo (dopo l’assoluzione in fase di udienza preliminare e la condanna da parte della Corte di Appello di Potenza), ha pronunciato nel lungo pomeriggio di lunedì 6 maggio 2019 dopo ben 2.813 giorni dal tragico evento.

Per la cronaca bisogna, però, aggiungere che aveva ragione il magistrato Enrichetta Cioffi,  che per prima, nelle vesti di GUP presso l’allora Tribunale di Sala Consilina, la sera del 5 luglio 2013 aveva mandato assolto da ogni capo d’imputazione il maresciallo dei Carabinieri sebbene la pubblica accusa, rappresentata dal pm Michele Sessa, avesse chiesto la condanna a 9 anni e 4 mesi di reclusione per l’accusa di “omicidio preterintenzionale”. Una sentenza monocratica che aveva anche scatenato l’ira di un gruppo di promotori del comitato cittadino “Giustizia e verità per Massimo” presente dinanzi le porte del Tribunale quella sera lontana ormai otto anni.

Ma ormai tutto si è compiuto e ritenendo di poter escludere un ricorso per Cassazione da parte della Procura Generale di Salerno che nelle fasi dibattimentali aveva richiesto l’assoluzione del sottufficiale dell’Arma, ai familiari di Casalnuovo non resta che il tentativo di ottenere un ipotetico risarcimento dei danni in sede civile.

Anche il duello forense in punta di diritto ingaggiato ufficialmente fin dal pomeriggio del 5 luglio 2013, nel corso di quella storica udienza a porte chiuse, tra gli avvocati Renivaldo La Greca (difensore di Cunsolo) e Cristiano Sandri (difensore della famiglia Casalnuovo), si è chiuso definitivamente con la vittoria del notissimo avvocato penalista valdianese La Greca che è riuscito a tenere viva l’attenzione dei giudici, nelle varie fasi dei complicati dibattimenti, per circa 13 ore ricostruendo e riproponendo non solo i momenti drammatici della caduta del malcapitato Casalnuovo ma anche, se non soprattutto, tutti gli aspetti connessi alla definizione antropologica del delitto di “omicidio preterintenzionale” di cui era stato accusato il Carabiniere per dimostrare, riuscendoci, la netta distinzione tra le tre ipotesi di omicidio (colposo, preterintenzionale e volontario) ed anche che nessuna di queste tre ipotesi poteva riguardare, come è stato, il comportamento del maresciallo Cunsolo nel determinismo dell’azione di “pubblica sicurezza” nel contesto del posto di blocco stradale ordinato dai suoi Superiori sulla base di specifiche richieste dell’intera comunità buonabitacolese.

Ma il capolavoro di professionalità ed al tempo stesso di umiltà compiuto dall’avv. Renivaldo La Greca riguarda l’atteggiamento quasi filiale tenuto nei confronti di quello che lui ama definire “il mio maestro”; alludo all’ottuagenario avvocato sen. Michele Pinto che (grazie a La Greca che gli ha lasciato la scena) ha avuto il piacere e la possibilità di infliggere l’ultimo colpo di fioretto nell’immaginario dei giudici della Corte d’Assise d’Appello di Salerno per convincerli che il maresciallo Giovanni Cunsolo, uomo dello Stato profondamente rispettoso della divisa dell’Arma, quella maledetta sera del 20 agosto 2011 non ha mai tracimato, neppure per un secondo, dall’alveo dei suoi doveri istituzionali. L’ex ministro ha parlato per circa 90 minuti con una lucidità e una competenza fuori del comune mentre il suo allievo prediletto, Renivaldo La Greca, lo assisteva in silenzio e lo guardava con gli occhi di chi viene rapito dal discorso di un maestro del foro. Un nobilissimo gesto, quello dell’avv. La Greca, che solo professionisti ottimamente attrezzati sanno fare.

 Non c’è gioia davanti alla morte di un giovane, ma finalmente abbiamo trovato un po’ di serenità dopo la sentenza avvenuta a Potenza. La Cassazione aveva visto giusto” (fonte Ondanews.it), queste le poche parole pronunciate dall’avvocato La Greca che appariva visibilmente commosso e stanco, ma rilassato e sereno, subito dopo la lettura della sentenza.

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