Don Nunzio: arriva Angeletti e interroga D’Amico

 

 

Aldo Bianchini

 

SALERNO – Mentre in lontananza si spengono i bagliori della causa civile contro la commercialista Tiziana Cascone si profilano all’orizzonte personalità ben precise che porteranno nuova luce sul complicatissimo “caso giudiziario Scarano”:

  • la prima è quella dell’avvocato Riziero Angeletti, uomo e professionista molto apprezzato, stimato e tenuto in grande considerazione dalle alte sfere ecclesiali …, oltre che fine conoscitore della materia penale nei minimi particolari; insomma un vero guerriero della giurisprudenza penale e severo sostenitore della giustizia e della verità; al pari di chi lo costeggia (avv. Silverio Sica, ndr !!);

 

  • la seconda è quella del dr. Paolo D’Amico (esponente numero uno del “D’Amico Group”), persona di grande spessore intellettivo e di grande talento imprenditoriale al punto che è stato anche presidente di Confitarma per diversi anni con il plenum dei voti di tutti gli armatori italiani.

 

Riziero Angeletti, tra i più noti avvocati italiani esperti di “fatti e misfatti vaticani”, arriva a Salerno quasi a sorpresa; ed arriva in comune accordo con l’avvocato penalista Silverio Sica che è e rimane il difensore storico di Mons. Nunzio Scarano che è tuttora imputato dinanzi alla II Sezione Penale del Tribunale di Salerno con l’accusa, tra l’altro, di “riciclaggio” in favore della D’Amico Group nell’ambito del processo pubblico disposto dal GUP Renata Sessa in data 2 luglio 2014.

Mi soffermo sul riciclaggio in quanto è, al momento, la principale e più pericolosa accusa che la Procura ha mosso contro il sacerdote salernitano che per anni è stato ai vertici dell’ APSA (Amministrazione del Patrimonio della Santa Sede), il resto delle accuse appare palesemente roba veramente da poco e facilmente superabile; quello all’ APSA era un incarico prestigioso che aveva dato a mons. Scarano un immenso potere che in tanti hanno cercato di sfruttare per i loro personali interessi, un potere che però il prelato ha sempre utilizzato esclusivamente in favore del prossimo con opere materiali e strutturali documentando ogni atto e/o operazione della sua azione benefica. A processo, per dovere di cronaca, sono stati chiamati altri 49 soggetti, oltre al sacerdote, a vario titolo e per diverse tipologie di reati.

Insomma la Procura della Repubblica (pm Elena Guarino) sostiene che attraverso le varie operazioni finanziarie, configurate nelle dazioni da parte dei D’Amico di denaro finalizzato alle opere di bene, don Nunzio avrebbe riportato in Italia denaro dall’estero (tratto dai vari conti internazionali del noto gruppo armatoriale) che altrimenti non sarebbe potuto rientrare nei conti in maniera ufficiale ed anche per evitare il pagamento delle dovute tasse sul famoso “rientro dei capitali” ben definito dalla legge che, del resto, lo stesso D’Amico Group ha utilizzato a più riprese. Questo, in grossa sintesi, l’impianto accusatorio della Procura che si è mossa sull’abbrivio della Procura della Repubblica di Roma e, verosimilmente, in contemporanea se non proprio in osmosi, anche su alcune altre tipologie di reato; un impianto accusatorio che è stato fatto proprio dal Giudice per le Indagini Preliminari (GIP), Gaetano Sgroia, e convalidato dal GUP Renata Sessa con l’ordinanza di rinvio a giudizio del 2 luglio 2014, sopra indicata.

Per i non addetti ai lavori è bene specificare che il reato di “riciclaggio” è oggi, nella esplicitazione del diritto, molto pericoloso perché rispetto al passato è più facile da contestare, addirittura anche in presenza di sentenze che giudicano le operazioni estero su estero decisamente legali e legittime; oggi è sufficiente soltanto il dubbio, “fumus”, e nel caso specifico il dubbio, secondo i magistrati requirenti, è ancora in piedi perché le decine di dazioni benefiche non hanno portato il giudice ad un convincimento contrario anche se in presenza di una esplicita sentenza della Cassazione che pur avendo mandato assolto il “D’Amico Group” ha utilizzato una formula molto dubbiosa ed ha segnatamente indicato che manca la giustificazione di alcuni passaggi pregressi sulla costituzione delle “provviste” in Lussemburgo e Montecarlo dalle quali proverrebbero tutte le dazioni sottoposte ad indagini da parte della Guardia di Finanza. Difatti se è vero, come è vero, che le provviste depositate sui conti esteri sopra citati appaiono perfettamente in linea con le legge italiana ed europeo, manca la prova provata di dove e come quelle provviste sono state costituite.

Dunque la posizione dei D’Amico che poteva apparire molto più leggera di quella di Don Nunzio Scarano potrebbe cambiare d’improvviso la sua tipologia; una posizione che anche se avallata da una sentenza (non esaustiva e definitiva) della Suprema Corte potrebbe complicarsi maledettamente se all’udienza fissata per il prossimo venerdì 21 giugno il teste Paolo D’Amico non spiegherà tutti i passaggi diretti a dimostrare l’assoluta liceità delle provviste dalle quali sono state stornate le ingenti somme di denaro devoluto in beneficienza grazie all’opera infaticabile di Mons. Scarano, e ad allontanare così l’ipotesi del pericoloso riciclaggio.

In pratica, per dirla tutta, se a Roma il “D’Amico Group” è stato assolto dalle accuse mossegli, le stesse potrebbero ritornare in pista da Salerno con gravi ripercussioni finanziarie e penali qualora il collegio giudicante dovesse accertare il contrario.

E qui arriva l’opera, anche investigativa, dell’avvocato Riziero Angeletti che dovrà, attraverso un’azione concordata con l’avv. Silverio Sica che conosce tutti i minimi dettagli del processo salernitano, cercare di entrare nei segreti del gruppo armatoriale che fin qui, ma a Roma , ha spiegato tutto o quasi riuscendo ad ottenere un provvedimento favorevole della Cassazione che non garantisce in assoluto l’impunità nei confronti della Procura e del Tribunale di Salerno che, in maniera del tutto autonoma, potrebbe mettere a soqquadro l’intero impianto accusatorio per ribaltare la situazione e configurare una nuova tipologia accusatoria.

Molto difficile e particolarmente tecnico l’esame del teste Paolo D’Amico che l’avv. Angeletti dovrà utilizzare nel contesto della strategia difensiva diretta a dimostrare l’assoluta estraneità di Don Nunzio dai fatti contestatigli; dico questo perché D’Amico è un teste del PM quindi un teste a carico di Mons. Scarano, ovvero un teste dal quale la pubblica accusa pensa e crede di poter cavare il famoso ragno dal buco per incastrare definitivamente il sacerdote.

E questo è una posizione che potrebbe andare a tutto vantaggio della difesa, sempre che la stessa riesca ad utilizzare un teste del PM alla stregua di un teste a difesa o, addirittura, per sovvertire completamente l’impianto accusatorio al fine di renderlo inoffensivo contro l’imputato e molto offensivo per il teste che il PM ha convocato in maniera alquanto irrituale, proprio perché il D’Amico è un teste a rischio che non potrà seguire pedissequamente il PM per incolpare Don Nunzio, perché così facendo affonderebbe anch’egli. Giornalisticamente mi viene il pensiero che, forse, l’astuzia del PM sta proprio nel voler colpire il sacerdote per entrare nel grande impero del “D’Amico Group” per cercare di mettere a segno un colpo da maestri.

Infatti, delle due l’una; se D’Amico dimostra la correttezza di tutti i passaggi il processo a carico di Don Nunzio si svuota immediatamente e si avvia velocemente verso l’assoluzione senza che lo stesso D’Amico corra alcun rischio di incriminazione; se, invece, Paolo D’Amico non potrà o non vorrà aprire tutti i segreti della sua enorme azienda potrebbero profilarsi due strade:

  • la prima, di condanna di entrambi;
  • la seconda, di condanna soltanto del D’Amico se il duo Angeletti/Sica dimostrerà che “Mons. Scarano poteva non sapere” come erano state accantonate le provviste estere dalle quali per alcuni anni sono uscite tutte le dazioni benefiche che la Procura ritiene non essere tali.

 

Ma ovviamente queste descritte sono tutte e soltanto ipotesi giornalistiche; resta il fatto, però, che il “caso Scarano” è degno della massima attenzione da parte di tutta la stampa, e non soltanto per imbastire (come fatto fin qui) un attacco mediatico a tutto tondo contro il sacerdote salernitano che nel corso di tutta la sua lunga vita ecclesiastica ha fatto soltanto del bene in favore degli altri, del prossimo.

A dare maggiore tranquillità all’imputato principale sarà sufficiente lo sbarco a Salerno del notissimo avvocato Riziero Angeletti ? Lo sapremo soltanto dopo l’udienza del prossimo venerdì 21 giugno.

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