Parco dell’Arte contemporanea nel Vallo di Diano. Opere, idee, progetti, persone dalla collezione del Madre: la mia esperienza.

di Antonella Inglese

Teggiano – Un uomo scalzo, seduto sull’erba davanti alla maestosità di una fortezza medievale. Un’immagine che sembra evocativa, ossimorica, ma che rende perfettamente la bellezza di quando la libertà del genio e la solidità della storia si incontrano. Se poi aggiungiamo che l’uomo scalzo di cui sto parlando è l’artista e mecenate dell’arte, Pietro Costa, e che la fortezza maestosa è il Castello Macchiaroli, quest’immagine non può che destare anche curiosità.

L’incedere scalzo di Pietro Costa tra le stanze del Castello di Teggiano, è il passo rumoroso e dinamico di chi vuole “sentire la terra sotto i piedi” e così trasmettere vibrazioni, scuotere i luoghi che attraversa (e le menti). Probabilmente, in questo intento è già in parte riuscito proponendo, circa un anno fa, una rassegna totalizzante di arti (letteratura, poesia, arte contemporanea, architettura e, genericamente, bellezza) denominata BACAS (Borghi Antichi Cultura Arti e Scienze), progetto ambizioso, ancora in essere, che vuol creare un centro di Formazione di Arti e Cultura nel cuore del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni.

La visita inizia dalla sommità, precisamente dalla Torre della Giammaruca, dove si adagia l’installazione di Michele Jodice, Migrazioni (2019), che vuole evocare il ruolo di “crocevia di culture” del nostro territorio. L’opera è un enorme nido i cui contorni, fa notare Costa, sembrano rievocare i monti che sullo sfondo fanno da cornice a Teggiano. Un nido soffice, in cui è vivo l’odore del fogliame che sembra tanto ricordare il profumo legnoso, boschivo della nostra terra. Un nido in cui covare o da cui spiccare il volo?

Anche il Castello Macchiaroli altro non è che il “nido” in cui nascono nuove idee che, poi, spiccano il volo sotto forma di progetti ambiziosi. Gisella Macchiaroli, attuale proprietaria del castello ed imprenditrice con un passato da manager e responsabile della comunicazione per MSC Crociere, auspica da sempre per questo luogo il ruolo di “volano per iniziative culturali sinergiche e aggregative”.

Ed è proprio questo che vuole essere il progetto a cui appartiene questa esposizione: Parco dell’Arte contemporanea nel Vallo di Diano. Opere, idee, progetti, persone dalla collezione del Madre (10 luglio 2019 – 15 febbraio 2020), realizzato dall’Assessorato allo Sviluppo e Promozione del Turismo della Regione Campania e dalla Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee/museo Madre.

Il progetto espositivo, a cura di Andrea Viliani e Silvia Salvati, mira a creare e promuovere nuovi itinerari d’arte contemporanea sul territorio campano dislocandosi nei principali siti storici e naturalistici del comprensorio, come la Certosa di Padula, il Chiostro del Convento della Santissima Pietà a Teggiano e le Grotte di Pertosa-Auletta.

Vuoto, semplice e rigoroso”, come lo definisce la stessa Macchiaroli, il castello è contenitore ideale per l’arte contemporanea, e ciò lo si evince percorrendo le sale tra opere di Marisa Albanese, Monica Biancardi, Bianco-Valente, Paolo Bini, Gianni De Tora, Jimmie Durham, Mimmo Jodice, Pierpaolo Lista, Nino Longobardi, Mimmo Paladino, Gloria Pastore, Luciano Romano e Ivano Troisi e Nicholas Tolosa, tutte legate tra loro dal fil rouge del multiculturalismo storico che definisce l’identità dei luoghi in cui viviamo, opere che, forse, se slegate dalla ricerca continua di questi elementi unificanti, riescono a trasmettere un significato individuale più pieno e più efficace.

Mimmo Jodice - Migrazioni (2019)

Antiteticamente, la visita alla parte di questo monumentale progetto espositivo che risiede tra le mura del Castello Macchiaroli, trova il suo acme nel piano inferiore, il secondo, con la personale di Pietro Costa, In light of it all – Alla luce di tutto, che comprende due progetti dell’artista connessi tra loro e sviluppati in quasi vent’anni. È lo stesso Costa a spiegarci il senso dell’esposizione attraverso un video girato da Giuseppe Rivello (Bottega Jepis). Sul tavolo dove è poggiato il monitor, giacciono anche le testimonianze di due installazioni storiche dell’artista che, però, avevano un’altra illustre sede valdianese, la Certosa di San Lorenzo a Padula: Torri e colonne di luce, 2003 e Siamosiete, 2006. Sarà mica un messaggio subliminale con cui lo stesso Costa vuole dirci che presto lo ritroveremo nuovamente ad esporre tra le mura del monumento certosino? Per il momento non conferma né smentisce. Staremo a vedere!

Intanto, godiamoci il frutto di una ricerca ventennale sull’universo. Con Donor project (Progetto donatori) Costa stravolge la ritrattistica rappresentando un soggetto nel modo più preciso e più reale possibile: attraverso il proprio DNA. Ad ogni volto immortalato al momento della donazione di 10 cc di sangue è affiancata l’immagine di un velo di mylar impregnato dello stesso.

Dalla genetica passiamo, poi, alla fisica con Light structures (Strutture di luce) che, invece, è la celebrazione della luce come strumento di misura dello spazio e del tempo e in qualità di ciò conferisce ad ogni oggetto una forma visiva. Da notare un dualismo anche nella disposizione dei cerchi in cui il livello più interno è identificativo della concentrazione della persona, mentre quello più esterno è il caos che gravita intorno ad essa.

Insomma, In light of it all è una rappresentazione geniale della complessità dell’universo attraverso due elementi paralleli che come afferma l’artista: “il sangue è l’universo interno, la luce è l’universo esterno. Mettendoli insieme abbiamo la nostra esperienza totale”.

“Alla luce di tutto” non vi resta che visitare questa stimolante esposizione e restare sintonizzati sui prossimi eventi di una rassegna che si prospetta interessante.

 

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