FARMACIA DI MURIA: UN CONSIGLIO AL GIORNO LE PROTEZIONI PER LO STOMACO POSSONO ESSERE PERICOLOSE

 

A cura del dr. Alberto Di Muria

 

Interni della farmacia Di Muria, bivio di Padula

PADULA – Sono tra i medicinali più prescritti, anche nel nostro Paese. Secondo il rapporto sull’uso dei farmaci, redatto annualmente dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), gli inibitori di pompa protonica, antiacidi usati per ulcere, gastriti e reflusso gastroesofageo, rientrano fra i rimedi più di frequente erogati a spese dell’assistenza convenzionata, secondi soltanto ai farmaci per l’apparato cardiovascolare. Sono farmaci noti anche come «prazoli»: fra i più diffusi l’omeprazolo, il lansoprazolo, l’esomeprazolo. Sono efficaci e il loro utilizzo ha reso curabili patologie difficili come le ulcere, ma il rischio di sovradosaggio è in agguato. Secondo una ricerca condotta dalla Washington University, pubblicata sulla rivista Bmj Open, l’utilizzo eccessivo degli inibitori di pompa protonica sarebbe collegato a un rischio di morte prematura, aumentato in ragione delle dosi di farmaco assunte.

I ricercatori hanno messo nero su bianco che, “ogni cinquecento persone che assumono gli inibitori di pompa protonica per un anno, c’è una persona che muore”. Un dato che, se rapportato ai milioni di consumatori annui, si tradurrebbe in migliaia di decessi precoci. Il rischio di morte è risultato aumentato al crescere dei periodi di terapia e tra i pazienti che li assumevano pur in assenza di un’indicazione medica specifica. Di conseguenza, concludono che gli inibitori di pompa protonica, se assunti nelle condizioni giuste, possono salvare la vita, ma un trattamento, come raccomanda anche la Food and Drug Administration, non dovrebbe mai superare le quattro settimane consecutive.

Già nel 2013 un gruppo di medici italiani, osservando un campione di pazienti anziani dimessi da undici reparti italiani per acuti di medicina interna e geriatria, aveva riscontrato un aumento superiore al cinquanta per cento del rischio di mortalità tra gli utilizzatori di inibitori di pompa protonica nell’anno successivo alla dimissione. Mentre due anni fa era stata evidenziata una maggiore probabilità di sviluppare un infarto del miocardio. Più solide invece le conclusioni sintetizzate nel 2015 in una metanalisi pubblicata sul Canadian Medical Journal Association, che riferisce come uso prolungato degli inibitori di pompa protonica risulta correlato a un aumento delle fratture osteoporotiche , delle infezioni da clostridium difficile e da una riduzione dei livelli di magnesio e di vitamina B12 nel sangue.

Gli inibitori della pompa possono anche alterare il funzionamento di altri farmaci, come alcuni di quelli che regolano l’aggregazione piastrinica in chi ha avuto un infarto: per questo caso l’associazione è sconsigliata.

Attenzione, dunque, all’utilizzo continuo di questi farmaci.

 

 

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