Don Nunzio: “assolvete Mons. Scarano … è innocente” grida Salvatore Memoli

 

 

Aldo Bianchini

 

avv. Salvatore Memoli, già presidente di Salerno Solidale

SALERNO – La prima domanda è: “Mons. Nunzio Vincenzo Scarano è colpevole o innocente ?”; una prima risposta molto forte l’ha data per iscritto con un lungo, appassionato e puntuale approfondimento l’avv. Salvatore Memoli, apparso sulla prima pagina del quotidiano “le Cronache” (diretto da Tommaso D’Angelo) in edicola martedì 5 novembre scorso.

Salvatore Memoli ha titolato il suo approfondimento con  tre parole ad effetto e dal grande impatto mediatico “Assolvete Mons. Scarano”; e non si ferma al titolo ma va molto oltre anche sul piano squisitamente umano e giuridico con riferimenti legali e giudiziari molto efficaci ed anche assolutamente credibili.

Io che, di fronte all’enorme bagaglio culturale dell’avv. Memoli, sono un semplice e modesto cronista giudiziario mi permetto di andare anche oltre ed affermare che “Mons. Scarano non doveva essere processato” e violentemente sottoposto a sei anni di calvario fisico, morale e spirituale con accuse che seppure palesemente stravaganti hanno segnato indelebilmente la vita dell’uomo Scarano e, soprattutto, quella del “sacerdote Scarano”; tutti elementi che Salvatore Memoli nel suo approfondimento analizza punto per punto in maniera molto convincente.

E qui parte la seconda domanda: “Ma chi è Salvatore Memoli per arrogarsi il diritto di dire ed affermare che mons. Scarano è innocente ?”

La risposta è molto semplice: “Salvatore Memoli è l’unico personaggio salernitano ad essersi fatto avanti per testimoniare, in sede giudiziaria, la lunga ed inarrestabile opera di beneficienza che don Nunzio ha messo in atto a Salerno e per i salernitani per almeno due decenni della sua vita sacerdotale in Vaticano”; tutti gli altri si sono vigliaccamente defilati dopo aver ottenuto, forse, molto di più di quanto ottenuto da Salvatore Memoli.

Difatti, soltanto grazie all’avv. Memoli abbiamo tutti saputo che se a Salerno è stata realizzata la Pia Casa di Ricovero per gli anziani, dobbiamo ringraziare la spontanea munificità di Mons. Scarano senza il cui intervento la Casa di Riposo sarebbe rimasta soltanto un sogno nell’articolata e poderosa progettualità di Memoli che all’epoca rivestiva la carica di presidente di “Salerno Solidale”.

Ma l’opera cristiana di don Nunzio non si è fermata alla Casa di Riposo ma è entrata in tanti altri settori della vita pubblica e sociale salernitana; tutte attività conosciute da tutti e finanche dalle Autorità Amministrative, Istituzionali e Religose che si sono ben guardate dallo spendere anche una sola parola in grado di spiegare al meglio la personalità e l’opera dell’umile prete salernitano assurto al governo dell’ APSA per l’amministrazione del patrimonio della sede apostolica sparsa in tutto il mondo.

S.E. mons. Andrea Bellandi, arcivescovo di Salerno

Ed arriva la terza domanda: “Può un benefattore agire una volta come mister Hyde e l’altra come il dottor Jeckil ?”, assolutamente no, almeno nel caso di Mons. Scarano.

Anche questo spiega alla perfezione l’avv. Salvatore Memoli quando, nel contesto del suo approfondimento, riprende ed amplia un fatto molto importante venuto alla luce nel capitolo del libro “Giudizio Universale” che Gian Luigi Nuzzi ha dedicato al nostro don Nunzio: “Una perizia contabile affidata dal Papa in persona alla Promontory (società americana specializzata) per verificare la veridicità delle dichiarazioni rese da Mons. Scarano all’autorità Giudiziaria sulle numerose attività sospette dell’Apsa; l’esito è stato inquietante perché afferma l’assoluta veridicità e liceità di tutte le dichiarazioni del prete arrivando ad affermare che <tutto quanto affermato da Scarano è drammaticamente vero>”.

E dato che Scarano ha fin dal primo momento prestato la trasparenza e la perfetta liceità delle sue operazioni è facile concludere che “Mons. Nunzio Vincenzo Scarano è innocente e non andava processato”.

Naturalmente l’approfondimento di Salvatore Memoli (perfetto sia sul piano umano ed emozionale che su quello giuridico) lancia anche precisi e puntuali messaggi nei confronti degli armatori D’Amico (principali se non unici benefattori) che a questo punto farebbero bene a meditare seriamente su cosa dire o non dire nell’udienza prevista per l’8 novembre 2019 (venerdì prossimo) nella loro qualità di “testi dell’accusa” (cioè quelli scelti dal PM Elena Guarino) che rende le conseguenti dichiarazioni molto risolutive sul piano giudiziario.

Un’udienza, quella di venerdì prossimo, che si annuncia drammaticamente importante per le sorti umane e giudiziarie di don Nunzio; sicuramente il sacerdote ha ricevuto ingenti risorse dai D’Amico ed altrettanto sicuramente le ha tutte distribuite in beneficienza.

Non poteva e non può chiedersi, Scarano, da dove provenivano quelle risorse; così come non dovranno chiederselo neanche tutti quelli che fanno beneficienza, in caso contrario si aprirebbero scenari completamente diversi e peggiorativi sotto il profilo della carità cristiana.   Anche questo Salvatore Memoli ha ben evidenziato nel suo approfondimento che, per ragioni di evidente chiarezza, questo giornale si pregia di pubblicare integralmente in calce al presente articolo.

Prima, però, è giusto precisare che dall’udienza di venerdì prossimo cominceremo anche a capire perché il processo è stato rinviato innumerevoli volte (anche su richiesta della precedente difesa !!), scavalcando la precisa volontà dell’imputato di farsi processare nel più breve tempo possibile e nella maniera più giusta.

Ma c’è dell’altro che bisognerà svelare e che riguarda direttamente Mons. Andrea Bellandi (nuovo arcivescovo di Salerno) che non si è degnato nemmeno di rispondere all’appello scritto da Mons. Scarano.

– = o O o = –

Assolvete Mons. Scarano

(di Salvatore Memoli – del 5 nov. 2019)

SALERNO – Quello di don Scarano é un lungo calvario giudiziario che iniziò con l’arresto, disposto dalla Procura della Repubblica di Roma e proseguito a Salerno con imputazioni ripugnanti di usura e riciclaggio di danaro. In questi ultimi anni le imputazioni roboanti, sono state accompagnate da suggestive immagini accusatorie che hanno turbato l’opinione pubblica. Mons Scarano é diventato per tutti: mister 500 ( dall’uso della banconota che in realtà destinava alle persone aiutate), la casa piena di quadri di autori celebri, i lingotti d’oro…). Di tutto ciò non é rimasto niente da utilizzare come livello di accusa. Come spesso capita, ogni accusa é risultata suggestiva, non rispondente alla realtà e, quindi, non meritevole di essere utilizzata, nemmeno come indizio. Con un esercizio abile dell’accusa ( non soltanto quella giudiziaria,  l’informazione ci ha presentato, in modo confusionario, i percorsi di vita dell’imputato, mescolando la sua attività di servizio presso l’Apsa, in Vaticano e la sua vita privata, cioé sacerdotale, legata ai suoi impegni di carità e di vita sociale. Le due cose non possono essere sovrapposte: in niente, il prete- funzionario dell’Apsa, ha utilizzato la sua posizione per fini personali ovvero per interessi privati che avrebbero potuto macchiare l’onorabilità del suo ufficio e del Vaticano. Lo dice con chiarezza il brillante giornalista d’inchiesta Gianluigi Nuzzi che ha documentato meticolosamente tutte le vicende finanziarie dell’Apsa, dello IOR e del Vaticano, riservando un capitolo alla vicenda di Mons. Scarano. Il libro Giudizio Universale riporta un’intervista fatta à Mons. Scarano, al quale é stato chiesto di spiegare molte attività della contabilità del suo ufficio. Come un coup de théâtre, nel libro Nuzzi pubblica, in estratto, l’esito di una perizia contabile affidata dal Papa  alla ” società di consulenza americana Promontory”, di cui nessuno conosceva il suo operato, che aveva l’incarico di verificare le dichiarazioni rese da monsignore all’autorità giudiziaria e riprese dai media, sulle numerose attività ‘sospette’ dell’Apsa. Nel rapporto dell’attività peritale si possono leggere queste parole:” tutto quanto raccontato da Scarano é drammaticamente vero.” Quella pagina della vita di Scarano nel Vaticano, ricostruita con rigore, é stata consegnata nelle mani del Papa, che ora ha tutti gli elementi per un giudizio sereno dei fatti. I fatti accertati portano ad una definitiva conclusione dell’estraneità del sacerdote da comportamenti ed attività che possono apparire o essere poco chiari ed illeciti! Restano da chiarire, in ultimo, gli appelli di Roma ed i processi di Salerno che trattano imputazioni gravi che attengono a fatti che Scarano avrebbe posto in essere nella sua vita privata di sacerdote che ha avuto a disposizione molte ed ingenti disponibilità economiche pervenutegli dai munifici benefattori, in particolare gli armatori  D’Amico, legati a lui da solidi rapporti familiari. Di quelle provviste, Mons. Scarano ha disposto, a sua discrezione, a favore di centinaia di persone meritevoli e bisognose, secondo un criterio di carità Cristiana, di cui vi è ampia tracciabilitá. Per l’usura, il dibattimento ha già valutato testimonianze significative che escludono il reato. Per il riciclaggio, reato che ha ricevuto nel nostro ordinamento una nuova e diversa rubricazione, resta da chiarire la provenienza della beneficenza ricevuta, se cioé le provviste hanno origine o meno da attività lecite degli stessi benefattori. Ovviamente resta da chiarire il ruolo di Scarano nel ricevere tali beneficenze, di cui egli ha disposto interamente A favore di un lungo elenco di persone che facevano ricorso a lui. Ovviamente la qualificazione del reato é estremamente insidiosa ma non ci si può sottrarre da una considerazione che i D’Amico sarebbero, nell’ipotesi dell’accusa, una sorte di Robin Hood, cioé speculatori che lucrano dall’illecito, per poi distribuirlo ai poveri, senza riceverne altro utile, nemmeno la riconoscenza dei beneficati, perché anonima!

Resta, comunque, ai D’Amico l’onere di spiegare e ricostruire al Tribunale le movimentazioni di provviste destinate allo Scarano.

Non sembra superfluo mettere in guardia e respingere una tentazione, indotta anche da mutamenti legislativi, di usare strumenti repressivi di un reato, anche per coinvolgere le persone estranee all’utilizzo di danaro di presunta  provenienza incerta.

Non sappiamo se i D’Amico hanno donato danaro di provenienza incerta, sappiamo che Scarano non é a conoscenza della loro natura, di ciò che appartiene ad attività non riferibili a sue specifiche condotte.

Resta chiaro che la legalità e la trasparenza restano presidi imprescindibili sempre! Molti, soprattutto organismi ecclesiali, di volontariato, di raccolta di beneficenza, verosimilmente, invece di giudicare, sembra non si siano resi conto dell’insidiosità di questa nuova rubricazione del reato di riciclaggio di danaro: qualsiasi donazione deve essere garantita, sempre, da una provenienza certa della provvista che deve essere dimostrata. Il rischio e la preoccupazione accomunano più realtà: individui, associazioni, preti e comunità, devono stare in allerta, per evitare processi alla Scarano!

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