Socialismo, perché no ?: Ma se eravamo nati uguali, che è successo dopo? E che accadrà domani?

 

di Cecchino Cacciatore

SALERNO – Aldo Schiavone nella sua ultima fatica (Eguaglianza, Mondadori) ci porta attraverso il lungo viaggio della storia per giungere ai tempi nostri dove l’eguaglianza, smarrita, ha lasciato il posto ad un vuoto che disorienta e mette a rischio.

Eppure, l’eguaglianza è l’idea al cuore dell’identità dell’Occidente stesso che corre proprio sul filo della storia, da quando compare la prima volta nel 430 avanti Cristo, come testimonia un frammento di Antifonte, allievo di Anassagora.

Da questo punto di vista, destra e sinistra appaiono davvero categorie da ripensare o comunque deprivate di significato autentico.

Come osserva Augias, non è raro assistere a comportamenti opposti: uomini di destra che si prodigano in generosa attività filantropica; persone di convinta sinistra che rifiutano l’elemosina per non rendere meno dure le contraddizioni del capitalismo.

Gli esempi per paradosso fanno intendere che il problema non è più di coerenza, ma ha assunto una ineludibile connotazione sociale nella prospettiva di ripensare l’intero fluire dell’incivilimento umano.

Ed è appunto nel Novecento -ci avverte Schiavone- che il tema dell’eguaglianza diventa, per i confini geografici che oramai non impediscono più il congiungimento del tempo e dello spazio, problema universale e planetario.

Infatti, col Novecento abbiamo appreso che la negazione del principio di eguaglianza porta agli abissi del misconoscimento della persona in quanto tale, allorchè si fu spinti a cancellare, per coloro che si supponevano diversi, lo stesso diritto di esistere.

E’ la scoperta della forza del diseguale che ha animato quella grande ipocrisia della democrazia che passa sotto il nome dell’individualismo di massa.

Ed è proprio la perdita delle molteplicità ad avere avuto un peso determinante nel modo di pensare l’eguaglianza, dice Schiavone, aggiungendo che qui sta tutta la vicenda della modernità quando  ad un certo punto si è smesso di parlare dell’eguaglianza raggiunta o attraversata dal contemporaneo riconoscimento del diverso.

Infatti, solo l’eguaglianza, coerentemente col filo continuo della storia dell’occidente come tirato da Schiavone da un secolo all’altro, attraverso i millenni, che ammetta dentro di sé il permanere del diseguale può offrire compiutezza alla nuova promessa della democrazia degli anni a venire che non può non avere, ripartendo dall’accettazione del diverso, la sua portata più grande, l’effetto antidiscriminante.

E’ una sfida nuova, a fronte delle nuove tecnologie che ci stanno “precedendo”.

Aggiungendo alle antiche discriminazioni nuovi possibili squilibri derivanti dall’eventuale impreparazione culturale e sociale che le frontiere tecnologiche ci presentano, si corre il rischio di fare inabissare di nuovo la nostra identità, negando, appunto, l’eguaglianza che di essa è trama fitta.

Perso il sentimento della condivisione, avremo perso il senso profondo della nostra tradizione e della nostra cifra identitaria. Della democrazia della libertà.

La democrazia soffre di libertà contratta infatti se subisce la dittatura dei diritti, la quale trasforma ogni politica sociale in assistenzialismo. Dittatura dei diritti quale ricetta più semplice quando non si ha una idea di governo e diritti stessi sono utilizzati per rabbonire ed accontentare.

Un errore grave che avevano capito i socialisti sin dal discorso di Martelli circa l’alleanza riformista tra il merito e il bisogno.

<<La sinistra riformista sconfiggerà la destra illiberale/conservatrice solo puntando a una alleanza organica fra i lavoratori delle professioni scaturite dallo sviluppo tecnologico e gli eredi dei proletari di un tempo, spesso analfabeti di ritorno>>, diceva Martelli.

Il torpore e la pigrizia mentale di questi tempi hanno al contrario  risposto alle povertà, antiche e nuove, alle diseguaglianze nel riconoscimento e nell’attuazione dei diritti, proprio nel modo peggiore: propinandoci assistenzialismo e tecnocrazia.

Non si è saputo sostenere in particolare  i ceti medi, i quali, colpiti dalla crisi, sono sempre più impauriti e frastornati. Un peccato di omissione o disattenzione, questo, che ha gettato in braccio alla destra le figure più dinamiche dell’economia, creando divari ancora più profondi tra categorie sociali e scavando il solco dell’ineguaglianza.

Ed allora: Socialismo, perché no?

Per rinnovare, rianimare, riammodernare, riafferrare il lungo cammino dell’eguaglianza, forse momentaneamente ferma ad una piazzola di sosta, in attesa solo di un passaggio verso il futuro.

 

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