SANITA’: tante aggressioni … perché ?

Aldo Bianchini

SALERNO – La cronaca ci dice che la mattina del 5 gennaio (aggressione da parte di un extracomunitario al grido di “Allah Akbar”) e nel tardo pomeriggio del 16 gennaio (aggressione nei confronti del medico Antonio Galderisi e dell’infermiere Antonio Carotenuto) scorsi sono stati consumati gli ultimi due vergognosi episodi di aggressione fisica contro i vigilanti e gli operatori sanitari presso il pronto soccorso dell’ospedale San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona (meglio noto come “Ruggi”) di Salerno. Episodi che vanno condannati con tutta l’energia possibile provvedendo all’attivazione di tutti quei presidi in grado di estirparli fin dalle radici.

Sempre la cronaca, poi, ci ha riportato in queste settimane una continua escalation di aggressioni, perfino nelle ambulanze, da Napoli a Palermo fino a Milano; addirittura con la mostruosità delle ambulanze blindate contro gli atti di teppismo e di malcostume.

Partirei proprio dal malcostume per cercare di analizzare, dal mio punto di vista, un fenomeno che ha preso l’avvio alcuni decenni fa e che mostra di crescere sempre di più; fino ad arrivare ad una vera e propria intolleranza contro medici e paramedici che pure cercano di assicurare una buona cura della nostra salute.

Un fenomeno, dicevo, che proprio perché è tale, obbliga chiunque ad un esame sereno ed obiettivo della incresciosa situazione che molto spesso induce non il delinquente abituale ma la persona apparentemente pacifica e perbene ad esplodere in aggressioni verbali e fisiche sicuramente da condannare senza se e senza ma.

La domanda è: “Perché accade tutto questo, e perché si è passati da una fase storica di quasi adorazione degli operatori sanitari in genere a quella moderna di contestazione aperta e spesso anche fisica ? ”.

 

Una risposta c’è anche se molto articolata e complessa. Bisogna mettere un punto  fermo nell’epoca in cui (un paio di decenni or sono) è radicalmente cambiato il modo di comunicare ed esprimersi fino ad arrivare alla totale globalizzazione di tutto; in questo passaggio alcune categorie professionali sono rimaste indietro e non hanno capito che anche il rapporto professionale con i clienti e/o con i pazienti doveva essere fecondato per aprirlo alle nuove frontiere della comunicazione.

Gli operatori della sanità in questo sono rimasti molto indietro e si sono cullati sulle posizioni di privilegio conquistate a loro vantaggio e sulla sottomissione culturale e pratica dei pazienti nei decenni anteriori al fenomeno della globalizzazione che, in un certo senso, ha esasperato nell’accezione comune lo squarcio profondo soprattutto dal punto di vista della comunicazione umana e personale tra medici, para medici e pazienti, ivi compresi i familiari degli stessi.

Alla fine questo fenomeno è esploso e, sbagliando, la parte che per decenni ha sopportato indicibili azioni di supponenza e di prepotenza di una categoria professionale che per troppo tempo si era autoproclamata unta dal Signore ha reagito violentemente dando la storia agli atteggiamenti più retrivi come quelli delle aggressioni fisiche..

Quindi entra direttamente in gioco la gestione del rapporto tra operatori della sanità e utenti della stessa sanità, sul quale ci sarebbe molto da dire. Non volendo però esprimere fino in fondo il mio pensiero ritengo opportuno rifarmi a quanto dichiarato dagli stessi medici, o meglio da medici che hanno avuto o hanno un ruolo importante nella variegata organizzazione della sanità pubblica.

 

A tal fine è utilissimo riportare di nuovo la dichiarazione del presidente dell’ordine dei medici di Salerno, dr. Giovanni D’Angelo,  all’indomani dell’aggressione del 5 gennaio scorso:

  • “Questo ennesimo atto di violenza nei luoghi nei quali si svolge l’attività di assistenza – ha dichiarato il Presidente dell’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della provincia di Salerno, Giovanni D’Angelo – conferma l’estrema urgenza di mettere in atto ogni misura possibile per dare sicurezza in primis al personale, che con dedizione e professionalità si adopera giorno e notte per curare chi ne ha bisogno e, nel contempo, per ricreare quella necessaria tranquillità in ambienti così particolari, quali quelli dediti alla risoluzione di problematiche mediche in emergenza-urgenza, che rappresentano le condizioni trigger più comuni per l’insorgenza di atti di violenza verbale e fisica. La legge per il riconoscimento dello status giuridico di “pubblico ufficiale” per chi opera nell’assistenza attende da mesi la discussione e approvazione alla Camera, ultimo ostacolo. Al di là della legge sono necessari interventi di tipo divulgativo e comunicativo verso la popolazione, perché si riporti in Sanità il rapporto paziente-personale assistenziale a una corretta e produttiva forma collaborativa e a un giusto livello di tolleranza, che deve contraddistinguere una società civile, nel rispetto dei diritti di entrambi: sanitari e pazienti”.

 

Come si legge, il presidente D’Angelo va al di là della legge e mette l’accento sulla necessità di trovare una forma collaborativa e un giusto livello di tolleranza nel rispetto dovuto e ineludibile di sanitari e pazienti, rispettivamente.

Per dichiarare questo vuol dire che D’Angelo ha ben capito che il problema si annida anche nell’ intollerante comportamento che a volte coinvolge, per una serie infinita di ragioni, anche gli operatori sanitari, dai medici agli infermieri fino al personale amministrativo e di servizio.

 

Nel mese di luglio dello scorso anno scrivendo di sanità avevo messo l’accento sulla scarsa umanizzazione degli operatori, più come aspetto culturale che di rapporto diretto con i pazienti. Rispose, con un post, il dr. Nunzio Antonio Babino (già direttore sanitario degli ospedali di Benevento e di Polla), al fine di evidenziare che per rilanciare un nuovo modello lavorativo per una sanità al passo con i tempi: ”Occorre riflettere su questa situazione (sicuramente non voluta dal Legislatore né dai soggetti protagonisti) per mettere subito in campo nuove strategie capaci di recuperare più “umanità” nei rapporti tra Operatori e Malati. Come? Innanzi tutto liberando il Medico ed in genere l’Operatore della Sanità dai tanti problemi burocratici venutisi a creare in un contesto dove sembra che a tutti faccia piacere che nessuno abbia l’autorevolezza né per “comandare”, né per “decidere” autonomamente “in scienza e coscienza” professionale. E’ questa la sfida della nuova Sanità che vorremmo: efficiente non solo dal punto di vista scientifico, ma anche e soprattutto capace di non sottovalutare l’importanza dei rapporti umani e delle risposte assistenziali più umanizzate, rispetto a come sono attualmente praticate dagli Operatori e percepite dai Cittadini”””.

 

Allora cosa fare ? chiederebbe il semplice cittadino. Bisognerebbe innanzitutto far passare un principio in assoluto: “Dietro ogni paziente c’è una persona malata, e quindi indifesa, che va rispettata in maniera totale”, al di là di ogni ragionevole stanchezza dell’operatore, di insofferenza dei familiari dello stesso paziente, di carenza di personale e/o di guasto alle macchine e strutture operatrici sanitarie.

Se non passa questo principio ci ritroveremo sempre più spesso a commentare le riprovevoli aggressioni nei confronti e in danno degli operatori sanitari.

Mi dispiace davvero, infine, evidenziare come la stessa ANAAO del Ruggi nel denunciare, in termini assolutamente condivisibili, una sfilza di problemi da risolvere per garantire l’incolumità degli operatori sanitari non abbia speso una sola parola in merito a quella agonizzata umanizzazione dei rapporti sanitari-pazienti; segno questo che la strada da percorrere è ancora molto lunga.

 

 

 

 

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