ELOGIO DEI MEDICI A PRESCINDERE DAL CORONAVIRUS

Avv. Giovanni Falci

SALERNO – Ho sentito il dovere e anche il piacere di dedicare ai miei amici medici, per lo più compagni di liceo, ma più in generale, a tutto il personale sanitario al lavoro da tanti giorni con ritmi da fronte di guerra, un elogio meritato.

In queste giornate drammatiche determinate dall’esplosione dell’emergenza a seguito della pandemia, il personale sanitario è stato chiamato a svolgere un’attività che è andata ben oltre il mero impegno professionale.

Medici in prima linea, impegnati senza sosta per salvare vite umane.

Un’attività svolta con grande dedizione, in condizioni particolarmente difficili, spesso disperate.

Combattendo al fianco dei pazienti una difficilissima battaglia, contro un nemico insidioso e sconosciuto, hanno dimostrato elevatissime professionalità ed umanità e sono diventati il simbolo più autentico di una resistenza del Paese contro un avversario pericoloso e invisibile (vedi foto delle cicatrici da mascherina sui volti di questi sanitari)

Tanti di loro, per portare a termine la missione, sono caduti sul campo, come si dice in guerra, vittime dello stesso virus combattuto al fianco dei pazienti.

Il loro coraggio e lo spirito di abnegazione che li ha contraddistinti hanno rappresentato il raggio di luce capace di illuminare il buio che si è materializzato in noi e nelle nostre famiglie, alcune, purtroppo, colpite dal dolore della perdita dei propri cari.

In questi giorni ed in queste ore per l’inevitabile esposizione mediatica degli avvenimenti, stanno emergendo tante storie, individuali e collettive, di medici ed infermieri impegnati negli ospedali.

Si racconta il grande senso del dovere, coraggio ed altruismo, vocazione all’assistenza e la massima professionalità.

Senza dimenticare poi, che al grande impegno, non corrisponde neanche particolari gratificazioni sul piano economico.

Con questo elogio, perciò, vorrei proporre, un atteggiamento nuovo che, doverosamente ora gli viene riservato, ma guardandoci un po’ indietro non troviamo se andiamo a ricordarci quando siano stati destinatari di critiche il più delle volte prevenute e generalizzate.

Troppe volte, soprattutto nella informazione, si è fatto ricorso alla enfatizzazione di fatti di cronaca che, prima dell’accertamento giudiziario, venivano rubricati alla voce “MALASANITÀ” (ovviamente in dispregio del principio della presunzione di non colpevolezza).

Quanti ne ho difesi!… Tutti hanno sofferto per l’accusa che sapevano infondata. Citati all’inizio della indagine ma spesso dimenticati al momento dell’esito favorevole del giudizio.

A questo proposito non può essere dimenticato il numero elevatissimo delle denunce penali nei confronti di medici che finiscono per rivelarsi infondate.

Ricordiamoci, infatti, che per provare la responsabilità del medico in sede penale non basta accertare un errore eventualmente commesso ma il rapporto diretto tra l’azione (o l’omissione) rimproverata e il decesso del paziente.

Per questo motivo viene inevitabilmente frustrata quella diffusa e infondata aspettativa secondo la quale ogni evento infausto debba portare alla individuazione di un colpevole.

Aspettativa sulla quale speculano avvocati privi di scrupoli ad approfittare del dolore altrui (vedi comunicato ordine avvocati di Napoli).

Chi mi conosce sa che, per formazione culturale sono contrario alle generalizzazioni e alla difese di categorie. (Ogni situazione va esaminata singolarmente e ogni situazione e/o fatto è diverso da un altro).

Credo, però, nei numeri e vivo la cultura della giurisdizione.

Ebbene i numeri ci dicono che le percentuali di denunce nei confronti dei medici che si concludono con assoluzioni o archiviazioni è elevatissima.

Allora quale è la riflessione che si impone?

Pur non negando che vi siano casi nei quali gravi errori sanitari abbiamo determinato esiti sfavorevoli nei confronti dei pazienti ma certamente in numero molto più contenuto rispetto ai casi denunciati, in realtà, alcune iniziative sembrano scaturire più da scelte emotive o speculative e dalla idea secondo la quale il medico contragga un’obbligazione di risultato con il paziente. Ma è chiaro che non è così.

Da tempo, si è inevitabilmente rotto qualcosa sul piano dell’affidamento nei confronti della cura e dei medici.; è venuta meno quell’empatia nel rapporto tra paziente e medico.

Si finisce così per non sentirsi sullo stesso fronte ad affrontare la malattia. Quasi che medico e paziente siano due “controparti” già pronte a doversi fronteggiare in altra sede.

Senza dimenticare poi, che questa assenza di serenità per i sanitari non contribuisce al miglioramento delle prestazioni e dell’ assistenza.

avv. Giovanni Falci (penalista - cassazionista)

Al contrario questa situazione di sfiducia conduce il medico a sviluppare atteggiamenti diretti ad una difesa preventiva del proprio operato e non ad una generosa assistenza, calibrata sulla specificità della cura e del paziente (LA CD MEDICINA DIFENSIVA).

Senza considerare, poi, le aggressioni verbali e, talvolta fisiche, che possono registrarsi soprattutto per chi vive, quotidianamente, la difficile frontiera dei pronto soccorso.

Di qui l’augurio che questo periodo di straordinaria emergenza in cui si è dato il doveroso risalto al coraggio ed alla dedizione professionale di tantissimi medici possa contribuire a ridurre le distanze e far venir meno quella contrapposizione, in parte psicologica, ricreando così le condizioni per l’instaurarsi di un più diffuso e virtuoso rapporto empatico tra medico, sanitario e paziente.

Ricordiamoci, in definitiva, che questi medici  di oggi che combattono e rischiano per noi, sono gli stessi che ieri avreste denunciato o comunque guardato con sospetto e diffidenza.

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