Coronavirus: don Giovanni De Riggi … esempio di educazione civica e profonda cultura

Aldo Bianchini

Don Giovanni De Riggi - parroco di Scafati

SALERNO – Due notizie di cronaca di queste ultime ore mi hanno particolarmente colpito perché, pur essendo quasi un ossimoro, possono andare tranquillamente a braccetto nella costruzione delle generazioni del futuro.

La prima attiene la capacità di avere una buona base di educazione civica che sfocia nelle capacità assolutamente desuete di dire la verità e di chiedere scusa; la seconda inquadra alla perfezione quale dovrebbe essere il messaggio educazionale di vita da trasmettere ai giovani studenti come insegnamento generalizzato.

Le due cose messe insieme potrebbero dare origine ad un futuro “cittadino perfetto”; ed è proprio verso questo importantissimo traguardo che dovrebbero essere indirizzati gli sforzi del clero e della classe docente di questo Paese. Può apparire come un ossimoro la congiunzione tra clero e docenti, ma non è così; questo rapporto stretto tra Chiesa e società civile potrebbe e dovrebbe davvero essere il grande volano capace di risollevarci dal pantano dell’isolamento storico dei nostri antenati ed anche dalla cosiddetta nuova civiltà che ci sta trascinando alla deriva.

Questo, fin qui, il mio libero pensiero sempre assolutamente opinabile e, logicamente, migliorabile.

 

 

Il primo argomento che intendo trattare è quello del saper chiedere scusa, una cosa che ai ragazzi ed a tutti gli studenti dovrebbe essere inculcata come una sorta di “vaccino” contro tutte le tendenze pericolose.

Lo ha saputo fare “don Giovanni De Riggi” (parroco di Scafati) che ad una dura reprimenda del sindaco Cristoforo Salvati per via di una veglia pasquale che non “s’aveva da fare” ha subito risposto, ed ha così risposto: “I presenti erano ben distanziati, non pensavo di violare la legge. Sono spiacente e pronto ad assumermi le mie responsabilità“.

La notizia ANSA dice: “Si è reso necessario l’intervento dei carabinieri di Scafati (Salerno) ieri sera per interrompere la veglia pasquale  che era in corso nella parrocchia Santa Maria delle Vergini di piazza Vittorio Veneto. Al rito religioso, infatti, stavano partecipando una quarantina di persone che sono state identificate dai militari dell’Arma”.

Insomma il sacerdote di Scafati ha mostrato con le sue parole una grande dignità civica e rispetto assoluto verso il prossimo.

Altrettanto non  ha fatto il  sacerdote di Monte San Giacomo e quelli che direttamente o indirettamente hanno contribuito alla diffusione del virus da Atena Lucana a Sala Consilina ed in tutto il Vallo di Diano.

Complimenti, davvero un cittadino (prima che prete) esemplare don Giovanni De Riggi.

 

Il secondo argomento è quello, più difficile, della verità.

Soprattutto per le giovani generazioni la verità è come una chimera che non va neppure inseguita, tanto è difficile da elaborare, perseguire e dichiarare. Bisognerebbe far capire ai giovani ed agli studenti che la verità è una priorità imprescindibile dalla corretta vita sociale; anche se la verità non porta mai vantaggi personali (nemmeno in termini di “un pur effimero brandello di notorietà”, parole del prof. Lovito) ma soltanto incomprensioni attraverso un prezzo spesso altissimo anche sotto il profilo relazionale ed amicale.

Al riguardo ho un’esperienza vastissima negli oltre trent’anni di giornalismo (modestissimo per carità, io non ho la formazione culturale dei tanti docenti che illuminano la scuola italiana) e fin dai tempi della cosiddetta “tangentopoli” io sono stato abituato a fare nomi e cognomi di quelli che escono dal solco delle regole per rincorrere una propria affermazione professionale, economica, familiare, sportiva e religiosa.

Non condivido, per questo, tutta la stampa che si trincera nello squallore delle sigle e della non citazione di nomi e cognomi soprattutto per le grandi emergenze come questa che stiamo vivendo.

Scrivere sul coronavirus, ad esempio, del Vallo di Diano e non avere il coraggio di fare nomi e cognomi dei possibili untori in un lazzaretto devastante, nelle cui profondità si nascondono tutti quelli che non hanno il coraggio dimostrato da don Giovanni De Riggi, che senso ha fare il giornalista.

Prof. Giovanni Lovito - Monte San Giacomo - Autore della "lettera agli studenti" pubblicata dal quotidiano La Città il 14 aprile 2020

E’ anche vero che bisogna farlo senza arroganza ma con grande umiltà (cerco di farlo sempre) per non correre il rischio di vedersi includere nell’elenco “dei tanti ciarlatani che, come i legislatori di manzoniana memoria, continuano ancora oggi a speculare sulla disperazione e sulla <morte> pur di mettersi in mostra e accattivarsi un pur effimero brandello di notorietà e risonanza sociale e mediatica” come giustamente scrive il prof. Giovanni Lovito di Monte San Giacomo (docente a Sala Consilina) in un ottimo approfondimento pubblicato dal quotidiano “La Città” del 14.04.20” sotto il titolo “Lettera agli studenti – La peste del Manzoni e del Boccaccio un esempio per le nuove generazioni”.

Ho apprezzato molto la lettera agli studenti del prof. Lovito che conosco per la sua vasta cultura e per la sua saggia pacatezza; mi auguro che voglia trasmettere ai suoi allievi i messaggi educazionali di cui prima: a) saper chiedere scusa; b) dire sempre la verità; c) non lanciare mai messaggi trasversali ma imparare a fare nomi e cognomi ogni volta che il caso lo richiede.

Anche se questo ha, quasi sempre, dei costi altissimi; ma la verità non ha prezzo.

 

NOTA del 15.04.20 – ore 19.25:  Dal testo è stata cancellata la foto di “don Agnello” che soltanto per mero errore è stata pubblicata.

 

 

 

 

 

 

 

One thought on “Coronavirus: don Giovanni De Riggi … esempio di educazione civica e profonda cultura

  1. L.P. – Luciano LoGuercio — E’ da plauso il parroco di Scafati, al pari di quello pugliese, che hanno ammesso le loro responsabilità; proprio come hanno fatto i loro rappresentanti politici… del resto:
    Un presule che va sulla Rai a scaricare le colpe su un sacerdote morto sperando che tutti si siano scordati di quanto avvenuto nella propria diocesi; un sindaco, di Monte San Giacomo, che è anche rappresentante della protezione civile nel Vallo di Diano, che emette ordinanza di quarantena forzata per i suoi concittadini che si recano a Sala Consilina per lavoro e poi partecipa, con la fascia, ai riti religiosi comunque vietati dal Governo (suo diretto superiore); un sindaco, di Sassano, che è anche medico, che il 8 aprile emette ordinanza sull’uso obbligatorio delle mascherine non rendendosi conto che nel suo paese da tempo i negozi aperti avevano esposto un avviso in tal senso, con l’aggravante che ha fatto consegnare le mascherine (sigillate)avute in dono da un imprenditore e l’associazione che le ha distribuite le ha aperte (tutte) per infilarci dentro il flacone igienizzante…
    Ma queste persone (clericanti e politicanti) sono forse arroganti? insofferenti alle leggi dell’Italia’ dotate di ego smisurata (per cui: io so’ io e gli altri non so’ un…)? No, semplicemente NON CI ARRIVANO.
    E quindi alcuni suggerimenti a costoro:
    vergognarsi (merce rara),
    chiedere scusa (ancora più rara),
    chiudersi in silenzio (praticamente merce inesistente).
    A ciò aggiungo un personale, e presuntuoso appello: Tornarsene a casa, e rimanerci, soprattutto a emergenza finita. Politicamente e religiosamente avete già avuto, dato fatto abbastanza.
    Ma questa è tutta un’altra storia…

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