“AL MOMENTO NON C’E NIENTE DI SICURO PER CURARE L’INFEZIONE DA COVID-19’’, SIAMO ANCORA NELLA FASE 1, secondo il noto farmacologo Silvio Garattini, 91 anni, Presidente del prestigioso Istituto “Mario Negri” di Milano: La scienza va messa in condizioni di lavorare. Da noi non si può fare sperimentazione animale, se non con enormi difficoltà. “Non si può chiedere aiuto alla scienza dopo che la ricerca è stata ridotta in miseria”.

Dr. PIETRO CUSATI

Milano,24 aprile 2020 . Per la prima volta dall’inizio dell’epidemia il numero dei guariti è superiore al numero dei nuovi contagiati. Le misure adottate stanno incominciando a  funzionare .”Intanto ‘R con zero’, l’indice di contagiosità del coronavirus, è sceso ad una percentuale compresa tra lo 0,5 e lo 0,7“. Lo ha detto il Presidente del Consiglio Superiore della Sanità Prof. Franco Locatelli, nella conferenza stampa del 23 aprile 2020, alla Protezione civile, aggiungendo che riaprire le Scuole vorrebbe dire però riportare l’indice di contagio, R con Zero, ben sopra l’1. “È in corso una virtuosa competizione mondiale per un vaccino efficace”, ha spiegato il Prof. Locatelli, aggiungendo che sono cinque, in particolare, i potenziali vaccini “in avanzata fase di sviluppo: due negli Stati Uniti, uno nel Regno Unito, uno in Germania e uno in Cina”. Invece il noto farmacologo Garattini  pone l’accento sull’importanza della ricerca: ” che è stata lasciata in miseria” e la difficoltà nel trovare cure e farmaci perchè  anche per un test su un solo topo bisogna passare attraverso quattro comitati“. La sperimentazione “è necessaria ed è impossibile poter utilizzare qualcosa se non ci sono test clinici, fatti seppure in emergenza e con un minimo di regole, che permettano di stabilire se qualcosa è attivo oppure no“. “Non si può chiedere aiuto alla scienza dopo che la ricerca è stata ridotta in miseria”. Tante proposte ma nessuna che abbia una solida base scientifica. “I farmaci non hanno solo effetti positivi, ma anche effetti tossici quindi vanno utilizzati soltanto in alcuni pazienti non in tutti . Per il momento, in Italia “siamo ancora in fase 1” e “potrebbe esserci un’altra ondata, quindi è bene non smobilitare troppo rapidamente”. “Sono almeno venti i centri nel mondo che stanno studiando i vaccini. Quelli che mi sembrano più avanti sono in Israele e Olanda. Certo, ci vorrà tempo, se tutto andrà bene, si potrà avere il vaccino entro la fine dell’anno“. Lo ha detto il Prof. Silvio Angelo Garattini,ospite della trasmissione RAI l’AGORA’, condotta dalla giornalista Serena Bortone. “Avere il vaccino per miliardi di persone, da subito, non sarà facile ci sarà una corsa ad accaparrarselo, bisognerà allora tener conto delle priorità, delle persone più fragili come gli anziani. Gli studi hanno mostrato come la gravità della situazione è proporzionale all’età: più si è anziani e più si è fragili e sensibili al virus“.Silvio Angelo  Garattini, originario di  Bergamo, laurea in Medicina e Chirurgia  all’Università di Torino, 110 e lode, Docente in Chemioterapia e Farmacologia, è Presidente  dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano,autore di  centinaia di lavori scientifici pubblicati in riviste nazionali ed internazionali e di numerosi volumi nel campo della farmacologia. Fa parte del Gruppo 2003 {gruppo dei ricercatori italiani altamente citati nella letteratura scientifica internazionale. “Bisogna preparare adeguatamente la fase 2”.“Sul Tocilizumab è iniziata la sperimentazione anche in Italia e bisogna invitare tutti i centri di ricerca ad aderire in modo che la risposta, che potrebbe arrivare per la metà di maggio, possa essere più rapida.

dr. Pietro Cusati (giurista - giornalista)

Il Remdesivir  fu utilizzato già contro Ebola, ma anche allora senza risultati conclusivi. Lo studio è in corso, aspettiamo gli esiti per valutare. Sull’idrossiclorochina abbiamo qualche dato, ma anche in questo caso non accettabile dal punto di vista scientifico. “L’ivermectina, utilizzato per la terapia antiparassitaria, e l’Eparina, quest’ultimo utile in risposta all’infiammazione dei capillari e alla micro-trombosi generalizzata causata dalla polmonite da coronavirus. È una buona ipotesi, ma mancano gli studi clinici controllati, necessari per avere risposte certe. Per il vaccino  bisogna che gli esperimenti vadano bene,serve  se necessario, una licenza obbligatoria sulla base della quale, ad esempio, la casa farmaceutica che avrà in produzione il vaccino nel paese in cui si metterà a punto prima, dia la possibilità di produrlo anche a case farmaceutiche di altri paesi”.  Solo in Italia ne serviranno 60 milioni di dosi. Se poi le somministrazioni sono due, il numero raddoppierà. Insomma, ci vorrà tempo. Si deve fare in modo di far tornare le persone al lavoro, assicurandosi prima che il rientro sia fatto in sicurezza, che ad esempio, i lavoratori abbiano a disposizione le mascherine, i disinfettanti, che i posti di lavoro siano sanificati e sicuri”. In Italia per la ricerca abbiamo la metà della media delle risorse europee, molti dei nostri migliori ricercatori sono all’estero, nei laboratori più prestigiosi. La scienza può dare informazioni sulla base delle conoscenze e dei progressi compiuti. Siamo di fronte a un virus nuovo e possiamo fornire indicazioni su probabilità. Ecco, se tutti osserveremo la regola del distanziamento, se avremo strumenti di protezione adeguati, riaprendo il Paese gradualmente, ci sono probabilità molto alte di riuscire a tornare alla normalità. La scienza va messa in condizioni di lavorare. Da noi non si può fare sperimentazione animale, se non con enormi difficoltà. Ritiene il Prof. Garattini che  “Nel momento in cui ci sarà un vaccino è molto importante che non prevalgano solo interessi economici o nazionalistici”. Saranno, infatti, “necessarie miliardi di dosi e c’è bisogno che possano esser fatte in posti diversi, per far sì che non vi siano dei privilegiati che hanno il vaccino e altri che non possono averlo, per ragioni economiche o perché non si può fabbricare in quella determinata regione. Se viene realizzato negli Stati Uniti ci si occuperà di darlo prima negli Usa, ma abbiamo bisogno che arrivi dappertutto. Bisognerà quindi stabilire degli accordi per fare in modo che, man mano che si sviluppa, ci sia anche la possibilità di seguire le modalità per poterlo fabbricare”. Se necessario, ha detto ricordando una proposta avanzata da diversi scienziati nei giorni scorsi, “si potrebbe anche pensare ad abolire il brevetto per permettere a tutti di realizzarlo”.

 

 

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