CORONAVIRUS-SICUREZZA: Bettoni, l’Inail non è rigido … che significa ?

Aldo Bianchini

Articolo pubblicato da "Il Mattino" di Napoli il 14 maggio 2020

SALERNO – Ho letto con molta attenzione e con altrettanta delusione l’articolo con intervista al presidente dell’Inail “Franco Bettoni”  nel contesto della quale un inesperto giornalista ha posto domande inutili e il presidente dell’Ente, che oggi è sulla cresta dell’onda del successo ed anche delle polemiche, ha risposto ancora peggio.

Il problema è quello dell’eventuale risarcimento che l’Inail (come annunciato in una circolare monstre del 3 aprile 2020  redatta sicuramente da un filosofo della direzione generale !!) potrebbe chiedere ai datori di lavoro, in dipendenza dell’insorgere del contagio da covid-19 a carico dei dipendenti impegnati nelle varie lavorazioni, il ristoro delle somme pagate qualora venisse dimostrato che l’insorgenza discende da una cattiva organizzazione della sicurezza, tanto da determinare la responsabilità del Datore di Lavoro (che in seguito chiamerò DL).

Tutti i titolari di aziende, grandi – medie e piccole, sono ovviamente subito insorti sia dopo la lettura di quella carente intervista che dopo gli annunci, tutti sbagliati, diffusi dalla grande informazione nazionale su tv e social.

Prima di andare avanti è necessario fare una premessa; in calce al precedente articolo dedicato all’Inail con il titolo “Coronavirus: l’Italia nelle mani dell’INAIL … mentre l’INPS beccheggia nel mare delle polemiche !!” avevo fortunatamente inserito la seguente frase:

L’INAIL, per chiudere, deve stare attento comunque a non incartarsi nell’unico grande rischio che è costituito dall’abuso scientifico e mediatico della parola “sicurezza”, potrebbe costare molto caro”.

L’ho inserita di proposito perché so bene come funzionano queste cose;  i vertici dell’Istituto  dopo i primi successi clamorosi hanno lasciato tutto nelle mani dei filosofi della sicurezza che hanno sempre rotto le scatole a tutti con le loro astruse ed incomprensibili circolari, pur non avendo mai fatto un accesso in un cantiere di lavoro.

Speravo che il presidente Franco Bettoni (primo uomo nella storia dell’Inail a ricoprire la carica di presidente proveniente dall’ ANMIL come “infortunato sul lavoro”) mettesse in campo tutto il pragmatismo che è proprio degli uomini che hanno combattuto in prima linea; macchè ha lasciato subito campo libero ai filosofi.

Da pragmatico qual è Bettoni avrebbe dovuto spiegare all’inesperto giornalista de “Il Mattino” (edizione del giorno giovedì 14 maggio 2020) su quali presupposti si muove l’Inail per distribuire i suoi indennizzi economici (indennità temporanea, indennità di rendita mensile qualora l’infortunio produca una invalidità permanente al lavoro superiore al 16%, indennità da danno biologico, indennità di rendita ai superstiti qualora venisse dimostrata la dipendenza dei superstiti dai guadagni del de cuius, indennità di rendita per malattia professionale tabellata, indennità per danno biologico, ecc.) in modo da rendere, con l’intervista, un servizio utile non solo agli imprenditori, ma anche ai vari comitati tecnico-scientifici (altri grandi filosofi del diritto, della sanità e della sicurezza) e quindi a tutti gli italiani.

L’Inail non è un Ente che elargisce pensioni a gogò (come l’Inps) ma distribuisce “indennità” (che già nella parola esprime un significato diverso dalla “pensione”) in presenza di “un infortunio verificatosi per cause violenti in occasione di lavoro dipendente e/o autonomo, ovvero di una malattia professionale che abbia prodotto una invalidità temporanea assoluta al lavoro e/o una invalidità permanente”. Ma l’Inail, come già scritto in precedenza, si muove ancora su principi assicurativi privatistici e, quindi, ogni volta che distribuisce soldi deve andare alla ricerca di eventuali responsabili su cui rivalersi.

Il presidente dell'Inail Franco Bettoni

La cosa la sto spiegando in maniera semplice, quasi maccheronica (non appartengo alla schiera dei filosofi della sicurezza che sicuramente si stanno turando il naso) e continuo dicendo che la stessa “automaticità delle prestazioni “ (basata sul principio che “chiunque si fa male o si ammala  sul lavoro, assicurato o meno, ha diritto in pectore all’indennizzo”) è legata allo stato dell’igiene e sicurezza sui luoghi di lavoro da cui potrebbe discendere la responsabilità diretta del DL; ma solo nel caso di conclamata responsabilità del DL scatta la rivalsa dell’Istituto che va anche al di là del concetto assicurativo (ogni azienda ha una polizza e paga un premio – badate bene: “premio” e non contributo, ed è qui la differenza) che vale e tutela lo stesso DL fino a quando non insorgano precise sue responsabilità (sempre discendenti da una cattiva o inadeguata applicazione di tutte le misure personali e ambientali di igiene e sicurezza sui luoghi di lavoro).

Questo il concetto essenziale; l’articolo-intervista pubblicato da Il Mattino è molto carente perché se è vero che il giornalista inesperto non l’ha chiesto perché non conosce la materia, è vero altresì che il presidente dell’Inail non l’ha detto pur conoscendo la materia e, così facendo, non ha reso un buon servizio al suo stesso Ente.

Avrebbe dovuto dire il Presidente innanzitutto che il principio di equiparare il contagio Covid-19 ad un infortunio sul lavoro classico discende da una invenzione messa in piedi da Giuseppe Zamberletti (vero padre della protezione civile italiana e internazionale); un principio che venne applicato nel nostro Paese per la prima volta nel 1976 dopo il terremoto del Friuli (ben 44 anni fa) e rilanciato dopo il terremoto del 1980 dell’Irpinia, così come dopo tutte le altre calamità naturali purchè dipendenti da una situazione di “emergenza” nazionale.

Una volta cessata l’emergenza decade questo concetto e si ritorna al regime ordinario; e se l’indennizzo del Covid rimane in capo all’Inail (semmai come malattia professionale) rientra in gioco la sua legislazione che prevede la rivalsa sulle aziende delle spese sostenute e addirittura l’aumento del tasso di premio, ma sempre per carenza delle misure di sicurezza.

Dunque fino a quando permane lo stato di “emergenza sanitaria nazionale” nessun riconoscimento di contagio meritorio di indennizzo può rientrare nella logica della rivalsa da parte dell’Inail; dopo si vedrà.

Questo il concetto essenziale che doveva passare e non è passato; quindi un’intervista inutile, paragonabile a quelle che i direttori di testate giornalistiche inseriscono per coprire qualche vuoto in pagina.

La comunicazione, amici lettori, è una cosa molto seria; anche se un po’ tutti pretendono di poterla attuare pur non avendo conoscenze dirette dei suoi canoni applicativi.

In chiusura rinnovo l’invito: i filosofi non abusassero della parola “sicurezza” perché potrebbero rispedire velocemente l’Inail nel dimenticatoio dove era precipitato per diversi decenni.

Difatti con le direttive emanate dai filosofi si rischia di non far riaprire nessuno; in pratica il problema della sicurezza già con il DPR 27/04/1955 n. 547 si appalesava difficilmente applicabile per via della complessità delle norme; figurarsi adesso con il filosofi 2.0 che hanno, in maniera assurda se non proprio ridicola, indicato le distanze sociali da mantenere negli opifici industriali ma anche nei ristoranti, nei bar e sulle spiagge.

E quì dovrebbe scattare la capacità della politica di mediare e modificare direttive inapplicabili;  ci sarà ? Io credo di no.

 

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