DE LUCA e il giornalismo d’inchiesta

Aldo Bianchini

Il governatore Vincenzo De Luca attacca a fondo Sigfrido Ranucci (conduttore della trasmissione televisiva Report di Rai/3)

SALERNO – Io, credetemi, ce la metto tutta per cercare di fare il giornalista in piena autonomia e libertà; naturalmente, in considerazione di palesi carenze culturali (mie personali !!) e della mancanza di strutture tecniche e difensive (leggasi mega studi legali), raramente ci riesco; non  ad essere libero perché lo sono sempre, ma a condurre in porto inchieste delicate che potrebbero sfociare in altrettante inchieste giudiziarie come qualche volta mi è comunque capitato.

Ho sempre seguito, però, il principio secondo cui per fare il giornalista e dare delle risposte credibili ai lettori o ai telespettatori bisogna cercare di raccontare la verità partendo dalla notizia che è sempre la prima bozza della storia come diceva Stilson Hutchines, mitico direttore del The Whascington Post ai suoi giornalisti.

Proprio a quel direttore si deve la nascita del cosiddetto “giornalismo d’inchiesta” che lui lanciò con la famosa operazione “Watergate” che, in forza dell’attenta e meticolosa inchiesta di Bob Woodward e Carl Bernstein, portò alle dimissioni del presidente degli Usa Richard Nixon.

L’inchiesta durò un paio di anni e mai i due giornalisti travalicarono le regole del gioco forzando a dismisura la volontà degli intervistati o degli indagati; questo era l’insegnamento di Stilson Hutchines e per questo seppero indagare ed acquisire una serie impressionante di documenti top-secret del Pentagono e quindi inoppugnabili che, giorno dopo giorno, venivano pubblicati sull’altrettanto mitico “The Washington Post”, un giornale che stava per chiudere e che grazie a quell’inchiesta risorse a nuova vita.

Da noi, soprattutto in questi ultimi tempi, c’è una falsa interpretazione di quello che dovrebbe essere il ruolo del “giornalismo d’inchiesta”, fino alla totale mistificazione della presunta verità; sui grandi network televisivi e di carta stampata del Paese vediamo giovani giornalisti, in gonnella e non, violare qualsiasi principio di giusta e doverosa privacy fino all’assurdo di voler pretendere una risposta come se il ruolo riservato al giornalista fosse anche di gran lunga superiore a quello della Cassazione, del Consiglio di Stato o della Corte Costituzionale.

Inseguimenti ingiustificati e ingiustificabili, violazione della proprietà privata, addirittura “violenza privata”, sono all’ordine del giorno come se uno dei principi più saldi del diritto (il diritto di avvalersi della facoltà di non rispondere) che viene continuamente esercitato nei tribunali non valesse a niente. Piano piano, sulla spinta di una sempre più impellente richiesta televisiva di cronaca nera e giudiziaria, il giornalista d’inchiesta ha assunto un ruolo molto diverso fino a spingersi, per assurdo, sul terreno mitico dei “giustizieri della notte”; solo che nel nostro caso si viaggia armati di taccuino, microfono e telecamera (spesso sostituiti dagli incalzanti cellulari ipertecnologici),

La poesia di Trilussa evocata da De Luca per meglio descrivere l'insipienza delle trasmissioni televisive a senso unico

Completamente archiviato il principio che l’inchiesta non può mai essere il pretesto di estorcere dichiarazioni e confessioni ma la conclusione di un lavoro professionale e meticoloso (come quello del Whatergate) per l’acquisizione di dichiarazioni spontanee e documenti inoppugnabili che dovranno, poi, essere utili alla vera inchiesta che è e rimane quella giudiziaria, molto lontana dai processi mediatici che la Rai, Mediaset e La/7 ci propinano ogni santo giorno.

In questo triste e sconfortante quadro vanno ricomprese le presunte inchieste giornalistiche della Rai, di Mediaset, di La/7 ed anche di Fanpage.it che portano sempre a conclusioni diametralmente opposte a quelle giudiziarie.

Ecco perché da questo guazzabuglio di mistificanti falsificazioni esce a testa alta e sicuramente vincente il granduca della Campania, Vincenzo De Luca, che negli ultimi giorni ha inferto due colpi mortali sia a Fanpage.it (alla seconda cavolata consecutiva – prima con Roberto e poi con il padre) che a Report, la trasmissione di Rai/3 che in molti definiscono cult e che, invece, come ha dimostrato De Luca spara balle pur di accreditarsi. Dichiarare, ad esempio, che il ministro ha già firmato lo scioglimento dell’ASL NA/1 per infiltrazioni camorristiche non è un semplice errore (come è stato costretto a riconoscere il conduttore Sigfrido Ranucci, sbuffando veleno !!) ma la caduta della maschera di una trasmissione giornalistica unidirezionale e, quindi, non in linea con il servizio pubblico.

De Luca è un guru della comunicazione –mi scrive il dr. Giuseppe Colucci di Sala Consilinaha preso due piccioni con una fava: 1 – conoscendo la situazione drammatica della sanità campana, ha cercato di evitare la diffusione del contagio. Se vi fosse stato un contagio importante in Campania, sarebbe stata un’ecatombe; 2 – ha fatto una grande operazione mediatica, stravolgendo il basso indice di consenso in una vera e propria ovazione. Comunque andranno le cose, non vi sono proposte politiche alternative e valide in campo. Al momento è l’unico (per tutto).

 

Il governatore Vincenzo De Luca in pochi giorni ha demonizzato e letteralmente smantellato un modo di fare informazione a senso unico con il solo intento di colpevolizzare chiunque venga preso di mira, e nell’intervento tratto da face-book che Report ha mandato in onda si è addirittura consentito lo sfizio di evocare la grande poesia di Trilussa “la lumachella de la vanagloria” per rimarcare, nel suo stile diretto e prorompente, che le lumache e i somari restano tali mentre lui sta scrivendo, ovviamente, una nuova e gloriosa pagina di storia.

Ecco, così vanno a finire tutte le pseudo inchieste contro il kaimano dalle quali riemerge sempre più forte e visibile di prima.

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