Esame di maturità: bene così, i migliori non ci rimetteranno !!

Aldo Bianchini

SALERNO – Ieri è partita la famosa o famigerata “maturità”, l’esame finale di un ciclo scolastico ; è partita tra consensi e polemiche; più polemiche che consensi anche perché la novità di quest’anno particolare (leggasi aggressione del coronavirus e chiusura delle scuole per mesi) è quella di “un esame orale da svolgere a mò di colloquio tra l’allievo e la commissione tutta interna e con il solo presidente esterno”.

 

Il tema è: piace o no l’esame di stato, cioè la cosiddetta maturità, così come è stata organizzata dal ministero ?

 

Ho letto un titolo di giornale che mi ha inquietato non poco: “Ma non diventi un esamino, o ci rimetteranno i migliori”, un titolo che è la sintesi di un’intervista rilasciata al quotidiano Il Mattino del 17 giugno 2020 dalla prof.ssa Anna Maria Ajello, presidente dell’Invalsi, l’Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione.

Un titolo e un’intervista che, ovviamente, la dicono molto lunga sulla tenuta sociale e psicologica di un esame di maturità che non si era mai visto e che nessuno era abituato a sostenere.

 

Segno di un difetto di percezione individuale e collettiva o connotazione di una carenza, per non dire disagio, della scuola italiana rispetto ai “tempi moderni” (non quelli di Charlie Chaplin) che viviamo con cognizione di causa ovvero con costrizione ?

Non so dare una risposta, anzi sarebbe meglio dire che non la voglio dare per consentire ai lettori di gestire al meglio, e secondo la loro cognizione di causa, il tema molto complicato che ho posto come domanda iniziale di questo articolo di approfondimento.

 

Per avviare un dibattito bisognerebbe, comunque, aggiornarsi bene sul significato da dare alla parola “maturità” che, secondo una linea di pensiero maggioritaria, significa districarsi dinanzi alle difficoltà sopravvenute, e sottolinea la consapevolezza delle capacità e delle opportunità offerte dalla vita; cioè la maturità, se ho ben capito, dovrebbe essere la chiave di accesso al “sistema vita” che nella fattispecie riguarda anche i giovani giunti a fine ciclo di studi prima di avviarsi, eventualmente, all’università che non matura ma specializza.

 

Una volta chiarito con noi stessi questo concetto fondamentale viene da se che per giudicare lo stato di maturità di un giovane non è impresa facile, ma non può nemmeno dipendere soltanto dall’essere stato migliore rispetto ad altri negli anni del ciclo normale di studi.

Naturalmente ci sono diversi tipi di maturità; e chi è tenuto a giudicare un giovane maturo dovrebbe sempre allargare il proprio orizzonte anche agli aspetti determinanti che la natura, in biologia e in botanica, ci mette dinnanzi per offrire la propria raggiunta maturità.

Prof.ssa Anna Maria Ajello - presidente nazionale Invalsi

Personalmente mi sento molto distante dall’affermazione della prof.ssa Ajello in quanto mi appare ristretta soltanto ad una valutazione numerica e parcellizzata della presunta “maturità”. Un giovane può essere anche il migliore a scuola ma facilmente può incontrare difficoltà nella vita reale; ecco la scuola oggi è ancora molto slegata dalla realtà, un gap che andrebbe sicuramente ridotto se non proprio azzerato.

Del resto sul piano squisitamente educativo-culturale il dato statistico evidenzia che il 99% dei candidati viene promosso e da tempo tutti ci chiediamo cosa avrà mai combinato quel residuo 1% che non ce l’ha fatta; nessuna statistica ci dirà mai, però, quanti di questi ragazzi sono davvero maturi e in grado di affrontare la vita.

L’esame di maturità che ha preso il via ieri probabilmente potrà darci qualche risposta in più; ma la strada della vera maturità è ancora molto lunga, per buona pace di tutti i sostenitori del vecchio esame di maturità con prove scritte e orali.

 

 

 

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