De Robbio: un nome, un ricordo … nel giorno della fine del più anomalo campionato di calcio della storia

 

Aldo Bianchini

Un primo piano di Francesco De Robbio, detto "Ciccio"

SALERNO – Il ricordo di Francesco De Robbio, don Ciccio per gli amici, è sempre molto vivo in me e non soltanto perché quasi quotidianamente ho modo di vedere Gennaro, suo figlio, nel negozio di sport che gestisce a pochi metri da casa mia.

E’ vivo perché l’ho conosciuto la mattina dell’11 settembre 1964 quando entrai nella sede provinciale dell’INAIL di Salerno per la mia prima giornata di lavoro dopo aver vinto un concorso pubblico; il primo incontro con Ciccio fu risolutivo, mi valutò e mi prese come suo stretto collaboratore nell’ufficio legale che dirigeva. Da quel momento divenni la sua punta di diamante nella gestione del lavoro di recupero dei crediti che l’Istituto vantava nei confronti delle aziende. Ricordo con piacere il primo suggerimento che mi passò con tutto il carisma che già aveva avuto presa su me: “Ascoltami sempre, impara bene il mestiere e poi potrai andare avanti per la tua strada”. Quel consiglio mi è stato utilissimo anche nella vita e per questo lo ringrazierò per sempre.

Ciccio è morto all’età di 83 anni il giorno 20 ottobre 2009; aveva diciannove anni più di me e durante i molti anni della nostra collaborazione non ha mai fatto pesare né l’età e neppure la sua infinita esperienza lavorativa e di vita che in qualsiasi momento riversava a piene mani per consentire la mia crescita professionale. Un esempio di vita quasi unico e sicuramente irripetibile.

Quando l’ho conosciuto era già un arbitro di calcio di “Serie A” ed internazionale per il settore dei “guardalinee” (ora assistenti arbitrali).

Tra le tante lezioni di vita ricevute, ricordo benissimo quella impartitami la mattina del 18 gennaio 1983, quando insieme a lui mi recai presso la procura della Repubblica di Sala Consilina per chiarire un fatto giudiziario che mi riguardava direttamente al procuratore prof. Alfonso Lamberti. Ebbi modo di assistere ad un fatto per me sconvolgente; erano passati sette mesi e mezzo dalla tragedia (assassinio della figlia Simonetta) e Alfonso Lamberti era lì davanti a me letteralmente abbracciato al mio amico Ciccio e piangeva come un bambino quasi ad apparirmi come un “pulcino bagnato”. Da quel momento l’ho rivisto tantissime volte, soprattutto dopo il suo clamoroso arresto del 18 maggio 1993 e dopo la sua caduta sociale; durante le feste natalizie 1995/996 mi chiamò al telefono; era solo in casa, credeva di morire, gli tenni compagnia parlando e parlando per ore; l’ho rivisto moltissime volte fino alla sua morte avvenuta il 12 settembre 2015.

 

Sono ritornato a parlare di Francesco De Robbio, dopo undici anni dalla sua morte e nel giorno della conclusione del campionato di calcio di “serie A” più anomalo della storia del pallone, perché il quotidiano “Il Mattino” nell’edizione dell’8 giugno 2020 per salutare la faticosa ripresa dell’attività calcistica professionista ha ritenuto di ricordare pubblicamente l’internazionale don Ciccio De Robbio, esponente di primo piano della scuola arbitrale salernitana. Per aver diretto la storica partita, Cagliari-Bari (2-0), che il 12 aprile 1970 consegnò lo scudetto alla squadra guidata dal filosofo Manlio Scopigno e dal bomber italiano per antonomasia Gigi Riva. “Una data –riportava il Corriere dello Sport- rivoluzionaria nella storia del calcio italiano”. Un evento straordinario con un significato che travalica i confini del mondo dello sport.

Peccato che Il Mattino abbia dimenticato un altro momento, forse ancora più importante di quello dello scudetto, che in un certo senso ha legato la vita arbitrale di Ciccio con la squadra del Cagliari. Nella partita Inter-Cagliari, campionato 67/68, il calciatore Longo del Cagliari fu colpito all’occhio da una monetina, fatto che portò alla vittoria dei sardi a tavolino per 0-2. Quella strana partita era arbitrata proprio da don Ciccio De Robbio e segnò la fine delle velleità di scudetto per l’Inter; un campionato vinto alla grande dal Milan con Pierino Prati capocannoniere e Gianni Rivera che si avviava verso il pallone d’oro. Dopo quell’episodio a Ciccio verrà appioppato il nomignolo di “arbitro della monetina”.

Nell'ordine da sinistra: Francesco de Robbio, Concetto Lo Bello e Paolo Pozzuoli

Ma chi è stato Francesco De Robbio ?, lo spiega molto bene Paolo Pozzuoli suo vero grande amico: “Il primo incontro con il Commendator de Robbio (nonostante le insistenze non ce l’ho mai fatta a dargli del ‘tu’ ed a chiamarlo Ciccio o don Ciccio) risale al 14 settembre 1964. Un lunedì, il mio primo giorno di lavoro presso la sede INAIL di Salerno dove, con Aldo Bianchini, ero il più giovane di una ventina di neo assunti. Allora, un collega – non rammento chi – avendo notato il mio momentaneo ‘imbarazzo’, si preoccupò di ricordarmi che mi trovavo di fronte al de Robbio di Torre Annunziata, il famoso arbitro di calcio internazionale. Insomma, un mito per noi ragazzi di quell’epoca! Mi colpirono il suo carattere gioviale, la sua semplicità, la sua grande disponibilità. Fui subito onorato della sua vicinanza e del suo modo riservato di farmi da guida. Il ‘maestro’ di vita che mi ci voleva! Unico, insostituibile! Ha sempre avuto uno spiccato senso dell’amicizia coltivato e sostenuto fino all’ultimo (…più di una volta, complice anche l’età, con un certo cruccio e velato rammarico mi confidava che non pochi amici e conoscenti l’avevano relegato nel ‘dimenticatoio’). Autoironico, estroverso, grande comunicatore, il Commendatore de Robbio aveva dentro di sé un qualcosa di magnetico da attirare perfino i destinatari – subivano senza fiatare, pochi si permettevano un improperio – dei suoi proverbiali scherzi, delle sue freddure”. Ovviamente questo è solo uno stralcio del lungo ricordo che Paolo Pozzuoli scrisse il 27 ottobre 2009, pochi giorni dopo la morte del mitico “Ciccio”.

Come grande ricordo sportivo porto con me una serata (14 maggio 1974) trascorsa in un ristorante di Ostia con il mio amico Ciccio, l’arbitro Sbardella e tutta la squadra della Lazio che si accingeva a vincere il suo primo storico scudetto; c’erano l’allenatore Maestrelli con  il suo secondo Lovati e il presidente Lenzini; il portiere Felice Pulici, i centrocampisti Vincenzo D’Amico (ero seduto vicino a lui) e Ferruccio Mazzola con il grande Luciano Re Cecconi (che verrà ucciso per errore qualche anno dopo) e gli attaccanti Giorgio Chinaglia e Renzo Garlaschelli, tra gli altri.

E se Paolo è stato un suo vero e sincero amico, a me è toccato l’oneroso ma ambito, seppur doloroso, compito (su insistenza dello stesso Paolo) di ricordare la figura di Ciccio nella chiesa di Santa Croce al Torrione a conclusione dei suoi funerali; anche quello fu per me un momento molto toccante.

 

  • Francesco De Robbio (per tutti Ciccio), nasce a Torre Annunziata l’11 novembre 1926. Nella stagione ‘60/’61 inizia una lunga e gloriosa carriera arbitrale, contraddistinta non solo dalla dedizione e dall’impegno che riversava in quella che è la sua più grande passione, ma soprattutto da una solarità ed un’allegria che rendono Ciccio ben voluto da tutti. Figura di rilievo nel panorama arbitrale italiano ed internazionale dal 1960 al 1970, arbitra al fianco di nomi illustri quali Lo Bello, Di Tonno, Campanati, Jonni e Sbardella. Il suo arbitraggio semplice e corretto diventa motivo di stima da parte di colleghi e non, e rende possibile l’instaurazione di un rapporto quasi paterno con i calciatori, che spesso scherzano con lui prima e dopo una partita. Designatore arbitrale per la CASP di Firenze, commissario speciale per la CAN, dirige Cagliari-Bari il 12 aprile 1970, ultima partita della sua memorabile carriera, in cui si consacra il primo scudetto per i cagliaritani. Il 20 ottobre 2009 Ciccio ha emesso il suo “ultimo fischio”, spegnendosi nella sua città, Salerno, e lasciando un vuoto incolmabile nei cuori dei familiari, che lo ricordano come un marito, un padre e un nonno affettuoso, semplicemente straordinario e il cui sorriso li accompagnerà per sempre.

 

 

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