il Quotidiano di Salerno

direttore: Aldo Bianchini

LE PROPOSTE UNIVERSITARIE PER L’INGEGNERE AGRONOMO E IL DIRITTO PUBBLICO DI RICONOSCIMENTO PROFESSIONALE

 

Dr. Michele D’Alessio

(Giornalista – Agronomo)

Negli articoli precedenti, abbiamo detto che una soluzione per cambiare il titolo da dottore Agronomo ad Ingegnere Agronomo era “quella universitaria”, a fine anni ‘90, una nota commissione fece varie proposte sulla Riforma dell’Università e degli ordinamenti professionali. Il cambiamento degli ordinamenti didattici comporta necessariamente una modifica degli ordinamenti professionali, per due ragioni principali:

· da sempre le professioni si sono innestate in un particolare assetto dell’istruzione; · tra le finalità della scuola, rientra anche la formazione dei futuri professionisti. Tenendo conto dello stretto legame tra scuola e professione, il legislatore del 1999 ha previsto l’emanazione, su proposta del Murst, di concerto con il Ministero della giustizia, di uno o più regolamenti, al fine di raccordare le novità accademiche con gli ordinamenti delle professioni, per le quali è previsto l’obbligo del superamento dell’esame di Stato. Di qui due importanti effetti, in parte già esplicati, in parte in via di esplicazione, ovvero:                                                                                          – l’adeguamento dei requisiti per l’abilitazione professionale alla nuova mappa dei titoli accademici;                                                                                                                – la ristrutturazione degli Albi professionali in linea con il nuovo sistema universitario a doppio livello (quello della laurea triennale e quello della laurea specialistica biennale).                                                                                                           In risposta a tali proposte ci fu una lettera di alcuni avvocati, inviata all’ordine nazionale che affermava (Qui riportiamo alcuni passaggi della lettera) “…Le proposte adeguavano i professionisti italiani a quelli europei come espressamente riconosciuti dalla recentissima Carta europea dei diritti vi sono sicuramente il diritto di stabilimento (art. 43 ex art. 52) e la libera prestazione dei servizi (art. 49 ex art. 59). In base a tali premesse e a tale normative vi sono due considerazioni che espongono ad illegittimità le proposte in questione.                                                                                                                      a) la prima riguarda la possibilità di discriminazione dei dottori agronomi e forestali italiani nei confronti dei colleghi pari grado di molti altri paesi membri della Unione europea. Sia sufficiente, a tale proposito, ricordare che –come emerge dal rapporto del Censis dell’ottobre 1999, in molti paesi membri dell’Unione viene utilizzata la denominazione di ingegnere agronomo: in particolare in Olanda dove da un corso di studi di scuole agrarie si perviene al titolo di ingegnere in agricoltura; in Spagna ed in Portogallo dove viene riconosciuta la denominazione di ingegnere agronomo; in Francia dove il corso di studi presso scuole nazionali superiori in agronomia attribuisce la qualifica di ingegnere agronomo.                                                                                                 In altri termini, qualora i colleghi membri di altri Paesi della Comunità europea intendano esercitare la libera professione stabilmente o occasionalmente in Italia, hanno una gamma di opportunità professionali e un titolo professionale spendibile, molto più ampio di quello che risulterebbe possibile utilizzare per i loro colleghi italiani anche all’estero;                                                                                                     b) per quanto riguarda il versante puramente interno, il mantenimento del titolo di dottore agronomo (attualmente in uso), anche alla luce della recente riorganizzazione dei contenuti scientifico-disciplinari dei settori di cui all’articolo 1 del DM 23.12.1999 –come si vedrà oltre- non consente a tali professionisti di godere appieno del diritto di cittadinanza europea quale specificato dal paragrado 2 dell’articolo 17 sopra riportato e conseguentemente di far valere anche all’interno del proprio paese il più ampio godimento della libera prestazione dei servizi come articolata negli articoli 49 e 50 del vigente Trattato Se si osserva quale importanza annette il diritto comunitario ai contenuti specialistici e alle competenze degli ordini di studio superiore, ai fini del  riconoscimento reciproco di lauree e diplomi professionali in ordine al campo di applicazione e limiti della libera prestazione dei servizi, sembra difficile poter negare da un lato che l’aspirazione al titolo di “ingegnere agronomo” è del tutto lecita e compatibile con i profili di diritto pubblico comparato attinenti al diritto europeo delle libere professioni; dall’altro il mantenimento del titolo di dottore agronomo risulta essere, penalizzante e sicuramente restrittivo rispetto alle competenze specifiche possedute e dichiarate nel DM da ultimo citato. Si ritiene necessario altresì sottolineare che lo stesso testo del regolamento appare illogico e incoerente nella sua articolazione, dal momento che non riconosce la denominazione di ingegnere agronomo ed ingegnere forestale, pur ammettendo all’articolo 11 che per l’ammissione all’esame di Stato per l’iscrizione della sezione A, è richiesto il possesso di laurea specialistica, fra cui risultano le seguenti classi: architettura ed ingegneria edile; ingegneria per l’ambiente ed il territorio. Occorre allora evidenziare al momento nell’intento più ampiamente collaborativi con il Governo e gli altri enti interessati quali conseguenze giuridiche sul piano comunitario ed interno potrebbe avrebbe detto regolamento qualora definitivamente approvato. Si sottolinea che la giurisprudenza comunitaria, con una serie di sentenze del 1996 (5.3.1996, cause riunite C-46/93 e C-48/93;8.10.1996, cause riunite C-178/94, C-179/94, C-166/94, C-189/94 e C-190/94; 26.3.1996 causa C-392/93; 23.5.1996, causa C-5/94) ormai riconosce la responsabilità civile dello Stato per danni causati ai singoli da violazioni del diritto comunitario ad esso imputabili. La Corte specifica che tale principio ha valore in riferimento a qualsiasi ipotesi di violazioni del diritto comunitario commessa da uno Stato membro, qualsiasi sia l’organo di quest’ultimo la cui azione od omissione ha dato origine alla trasgressione. Sul piano del diritto interno, occorre in primo luogo rilevare che il regolamento di delegificazione ancorché avente tale peculiare caratteristica, è a tutti gli effetti ancora attualmente considerato quale fonte secondaria del diritto e dunque impugnabile in sede di giurisdizione di legittimità presso il competente TAR del Lazio. Giova in proposito ricordare che in base alle innovazioni contenute nella legge 21.7.2000 n. 205 dal punto di vista sostanziale è prevista la azione di risarcimento dei danni; dal quello processuale è prevista la possibilità di utilizzare la consulenza tecnica che, in base al principio del giusto processo (art. 111 Costituzione ) non potrebbe che nel caso di specie, essere affidata ad un organismo terzo anche di livello internazionale, e quindi estraneo sia agli enti pubblici interessati, in quanto portatori di interessi di categoria, sia allo stesso ambiente della Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica in quanto comunque astretto dai limiti di classificazione contenuti nel decreto citato. Conclusivamente, quindi, in base alle notazioni che precedono, si conferma da un lato la piena compatibilità comunitaria e conformità alle fonti primarie e secondarie del diritto italiano della pretesa degli attuali dottori agronomi a rivendicare il titolo di ingegneri agronomi; dall’altro le conseguenze negative sul piano del diritto comunitario e amministrativo nazionale, sia in sede procedimentale che processuale, di una diversa ed illegittima soluzione…” Come si evince sulla questione regna molta confusione e contraddizione, nei regolamenti, nelle proposte e nelle idee o intenzioni (anche se buone) come ci conferma pure il Prof. Matteo Antonio Autuori, Ingegnere Forestale “ …quando in paese si ha delle leggi confuse e dei regolamenti ingarbugliati, di conseguenza si hanno pure dei pareri divergenti, anche tra colleghi, come spesso leggo sul gruppo social “Ingegneri Agronomi/Forestali d’Italia” da me amministrato, cosa che non avviene negli altri paesi europei, se esiste un Perito Tecnico, esiste un suo corrispondente Ingegnere. Perito Industriale= Ingegnere Industriale, Perito Edile=Ingegnere Edile e cosi via…di conseguenza Perito Agrario …Ingegnere Agrario o Forestale (come in Spagna)”.

 

3 Commenti

  1. Qui da noi, In Argentina L’ingegnere agronomo e l’ingegnera agronoma si occupano di organizzare, sviluppare e migliorare l’agricoltura a livello scientifico e tecnico e in tutti i settori di produzione. Contribuiscono alla realizzazione di sistemi di produzione agricola e all’ottenimento di buoni raccolti con il minor impatto negativo possibile sull’ambiente. Si applicano nella ricerca, nella consulenza o nella produzione.

  2. Le loro competenze sono interdisciplinari: genetica vegetale e animale, tecniche di coltivazione, protezione delle piante, alimentazione e allevamento degli animali, agroecologia, agrobiotecnologia, politiche agrarie, scienze aziendali applicate all’agricoltura e marketing dei prodotti agricoli.

  3. ART.5 “Vigilanza sull’esercizio della professione” della legge professionale 3 del 7 Gennaio 1976 ,
    ribadisce “l’ordine dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali è posto sotto la vigilanza del Ministero della
    Giustizia, il quale la esercita sia direttamente sia per mezzo dei procuratori generali e dei procuratori della
    Repubblica. Il Ministero della giustizia vigila sull’esatta osservanza delle norme legislative e regolamentari
    ed a tale scopo formula, direttamente ovvero per mezzo dei suddetti magistrati, le richieste ed i rilievi del
    caso”.

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