Violenza sulle donne: il triste primato dell’Italia

Dr. Vincenzo Mele
Nel 2014, alla XI Edizione del Festival “Salerno in CORTOcircuito”, venne presentato il cortometraggio «Ma non l’amore qualunque». Diretto dal regista Luigi Marmo e prodotto dalla casa di produzione salernitana Hobos Factory, il corto vinse il Premio come Miglior Cortometraggio.
Con Antonella Valitutti, Anna Nisivoccia, Angelo Plaitano e Francesco Fimiani al cast, il tema centrale del lavoro audiovisivo è la violenza domestica, a cui sono soggette soprattutto le donne.
In sei anni la situazione è peggiorata, poiché i casi di femminicidio sono aumentati, specialmente durante il lockdown di Marzo, con 93 donne uccise per mano di un parente, del compagno o di un amico: la media è di circa un omicidio ogni 3 giorni.
Inoltre secondo un’analisi effettuata dal centralino del Dipartimento delle Pari Opportunità, ci sono state molte chiamate al 1522, il numero Antiviolenza e Stalking, nei primi 10 mesi del 2020, con circa 22.000 vittime al 30 Ottobre.
L’Italia conta circa la metà dei femminicidi e circa il 40% degli episodi di violenza sulle donne da parte di uomini a loro vicini, un primato europeo certamente non invidiabile. Nella triste classifica stilata dall’Agenzia Europea per le Pari Opportunità, l’Italia è seguita da Francia, Spagna e Russia: combinando i dati di questi quattro Paesi si raccoglie circa il 90% dei femminicidi e l’88% delle aggressioni.
Negli ultimi anni sono nati nuovi metodi di violenza nei confronti delle donne, come ad esempio il “revenge porn”, fenomeno che consiste nel condivisione non autorizzata sul web di materiale audiovisivo intimo da parte di ex-fidanzati. In Italia tale fenomeno è stato conosciuto attraverso la vicenda di Tiziana Cantone che, per un video intimo, si era suicidata nel 2016.
Secondo uno studio statunitense di Psicologia del 2019, il 23% delle donne dichiara di essere stata vittima di “revenge porn” mentre il 61% delle vittime medita il suicidio. Spesso le vittime di “revenge porn” trovano ostilità da parte di datori di lavoro e persino di alcuni media, che le etichettano come colpevoli o finte vittime in cerca di attenzioni glorificando contemporaneamente gli artefici delle violenze.
Un altro fenomeno allarmante è il “sex extortion”, fenomeno crescente, specialmente in Italia, che si presenta sotto due fenomenologie: una tipicamente domestica, spesso riconducibile a coppie che si separano, l’altra a dimensione internazionale, dettata esclusivamente da ragioni di profitto, in cui tra attore e vittima non esiste alcun legame, e gli autori sono quasi sempre localizzati in un altro Paese rispetto alla vittima.
Un ulteriore fenomeno è il “sexting”, la pratica di inviare o ricevere foto o video provocanti o relativi a momenti intimi, sia propri che di altri. Nel 2018 il “sexting” riguardava il 9% dei giovani, di cui il 6% riguarda i preadolescenti che vanno dagli 11 ai 13 anni.
Negli Stati Uniti almeno il 20% dei ragazzi tra i 16 e i 19 anni lo ha provato almeno una volta, ma ancora una volta l’Italia vanta un triste primato: secondo un’indagine svolta nel 2014 da Doxa Kids e Telefono Azzurro, almeno il 35,9% dei giovani intervistati ha subito tale pratica.
Ora più che mai la violenza nei confronti delle donne deve essere fermata dalle istituzioni, che faticano a riconoscere questa piaga della società. È necessario agire prima che l’ondata di femminicidi e violenze domestiche aumenti vertiginosamente e si trasformi in “normalità”.

 

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