MASTURSI: il grande ritorno di Nello … finalmente ?

 

Aldo Bianchini

Il dr. Carmelo Mastursi (detto Nello) al fianco del suo governatore on. Vincenzo De Luca

SALERNO – Alla fine la fedeltà assoluta verso il capo e la cieca fiducia in un ripescaggio hanno avuto ragione su tutto e su tutti … e Carmelo Mastursi (detto Nello), già capo staff dell’ufficio politico del governatore Vincenzo De Luca, è tornato nel “cerchio magico” deluchiano con un incarico, se possibile ancora più importante di “segretario particolare”; insomma come l’uomo che da un paio di giorni a questa parte è diventato l’anello più importante nella gestione degli affari politici regionali e personali del governatore.

In pratica Mastursi dovrà parlare con la voce del governatore, dovrà vedere con gli occhi del governatore e dovrà rapportarsi con il mondo esterno sulla base delle direttive del capo nell’ottica, anche, di tenere sotto controllo tutto ciò che avviene in regione e di difendere, senza se e senza ma, l’operato di De Luca per preservarlo da qualsiasi tipo di attacco personale e pubblico.

Sulla stampa locale e nazionale, in queste ultime ore, sembra montare un sentimento di indignazione per il ripescaggio di un personaggio che aveva messo a rischio la tenuta della neo Giunta regionale del 2015 e che, comunque, è stato condannato con rito abbreviato ad 1 anno e 6 mesi di reclusione (9 marzo 2017).

Io non mi meraviglio affatto, anzi sotto certi aspetti plaudo al ripescaggio sancito da Vincenzo De Luca; chi comanda se vuole governare bene deve farsi affiancare da gente fedelissima e disposta a qualsiasi sacrificio; accade in tutto il mondo e può e deve accadere anche da noi senza suscitare tanto scalpore. Nello Mastursi, se analizziamo con occhio indipendente la vicenda, non è stato soltanto fedele mostrando assoluta fiducia nell’operato del capo, ma è andato oltre ed è riuscito a convincere i giudici romani che De Luca non aveva mai saputo niente della presunta complicata vicenda.

La vicenda giudiziaria

Secondo la pubblica accusa Nello Masturzi, nel mesi di luglio 2015, aveva operato in gran segreto con l’avvocato Guglielmo Manna per indurre, a fronte di un grosso incarico nella sanità pubblica molto ambito dallo stesso Manna, la di lui moglie dott.ssa Anna Scognamiglio (giudice relatrice nel collegio giudicante del Tribunale di Napoli che doveva decidere in merito all’applicabilità o meno della Legge Severino) per arginare la sospensione di De Luca dalla presidenza della Regione Campania appena conquistata poco più di un mese prima di quel 22 luglio 2015 fissato come data per il deposito della sentenza assunta dal collegio qualche giorno prima. Una vicenda complicata e di per sé anche torbida che rischiava di far naufragare una vittoria elettorale tanto sospirata e sudata. Grazie a Mastursi il governatore De Luca usciva di scena il 14 marzo 2017 quando il procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, sentenziava che: “Vincenzo De Luca poteva non sapere” e disponeva l’archiviazione della posizione del governatore che rimaneva così in carica tranquillamente. Proprio con Pignatone (il procuratore che aveva messo in ginocchio “il mondo di mezzo” capitolino) il fedelissimo nello Mastursi metteva a segno il suo capolavoro politico-giudiziario restituendo, giustamente, a De Luca tutta la sua verginità morale e politica che qualcuno voleva intaccare o addirittura demolire.

Tutto era cominciato, per la cronaca, dall’intercettazione telefonica del 20 agosto 2015 in cui l’avvocato Guglielmo Manna si sfogava con il collega Gianfranco Brancaccio dicendo (fonte La Città del 10.03.17): “Io non faccio il direttore generale e va bene, però tu non farai il presidente della Giunta Regionale. Io perdo 5 tu perdi 100. Ho fatto un investimento il 17 luglio (giorno dell’udienza in tribunale per decidere il destino del governatore) ma mi deve essere ancora ritornato”. Poi arrivava puntuale il clamoroso blitz della Guardia di Finanza del 19 ottobre 2015 con perquisizioni e sequestri nelle residenze private e pubbliche di Mastursi ordinate dai pm Corrado Fasanelli Fasanelli e Giorgio  Orano della Procura di Roma dove il caso era stato incardinato sulla base della trasmissione degli atti da Napoli che aveva avviato i primi accertamenti sulla base di un’intercettazione casuale tra l’infermiere Giorgio Poziello (anche lui indagato) ed un terzo per parlare di De Luca: “C’è un moribondo, volete salvarlo ?” (fonte Le Cronache del 14.11.15) che aveva allertato la Procura di Napoli.

E allora perché meravigliarsi se dopo 1.865 giorni di forzato esilio c’è stato il ripescaggio di un uomo che oltre ad essere validissimo sul piano sociale-organizzativo è stato anche capace di far emergere la verità, soltanto la verità, nient’altro che la verità con fermezza ed autorevolezza.

 

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