L’ANNO 133 a.C. NEL IMPERO ROMANO E VALLO DI DIANO. IL TRIBUNO DELLA PLEBE TIBERIO GRACCO (II PARTE)

Dr. Michele D’Alessio (giornalista – agronomo)

Nel primo articolo pubblicato alcuni giorni fa, abbiamo parlato dei fatti e misfatti iniziati nell’anno 133 a.C., tra guerre e la proposta di riforma agraria di Tiberio Gracco. Continuando la storia, sempre con l’aiuto del noto Storiografo e scrittore dottore Vitantonio Capozzi di Polla, in questa seconda parte, vediamo la situazione generale della vita sociale e politica ed economica delle famiglie Romane in quel periodo decisivo e di svolta per l’Impero e le esistenze travagliate dei contadini, coi loro valori, gli affetti, la pietas e la forza d’animo che fecero grande Roma.
“…Sono tanti i motivi che hanno determinato la crisi del ceto medio. Tra questi, notevole per incidenza è la riduzione numerica dovuta alle perdite di guerra. È stato calcolato che i legionari uccisi in combattimento tra la fine del III e quella del II secolo a. C. siano stati circa 100.000 cioè il 4 % di tutta la popolazione della penisola. Il fenomeno ha portato all’impoverimento delle famiglie superstiti di questi caduti, le quali, non avendo più forza lavoro sufficiente per coltivare i suoi campi, si videro costrette a venderli al migliore offerente, rinunciando quindi all’agricoltura. Tra l’altro, nel periodo, non sono mancati certo gli acquirenti. Il ceto nobiliare romano, che traeva i maggiori vantaggi e profitti dalla politica espansionistica, disponeva di tantissima liquidità e, poiché identificava il concetto di ricchezza con la massima estensione di proprietà fondiaria, si proponeva a comprare tutto ciò che il mercato offriva, non tralasciando persino la possibilità di forzare la volontà del venditore servendosi, il più delle volte, di illecite pressioni ricattatorie. Per far sfruttare queste acquisizioni di terra poteva disporre degli schiavi, che rappresentavano un immediato utilizzo di mano d’opera che era meno costosa del libero bracciante, approfittando di quanto la guerra aveva reso disponibile. In questo secolo i Romani hanno preso schiavi dovunque hanno combattuto, tra i Celti, gli Iberici, i Punici, i Siriani, i Greci, guadagnandosi la fama di latrones gentium, ovvero di rapinatori di beni materiali per antonomasia ma anche di ladroni di popoli, se si pensa al prelievo di schiavi che facevano nei paesi vinti. Del resto, questi ricchi, soprattutto nel mezzogiorno della penisola, hanno dato il via alla formazione del fenomeno del latifondismo e, grazie ai capitali di cui disponevano, hanno inciso, in taluni casi, sulla organizzazione e produzione agricola, orientandola verso colture differenziate non tradizionali. La convivenza con questi potenti vicini che tendevano sempre a straripare non dovette essere stata molto comoda per i piccoli proprietari, anche perché la legge vigente sui debiti li metteva subito alla mercè dei creditori. Infatti, bastava che non rimborsassero, nei tempi prescritti, un debito contratto in un’annata cattiva, per consentire al creditore di confiscare e di impadronirsi dei loro campi. Dopo qualche mese infatti la famiglia di un libero contadino, che si vedeva sottratto il terreno da cui traeva il necessario sostentamento, si trovava nella condizione di non sapere dove andare e a chi rivolgersi, dove poter trovare un ricovero e dove cercare una giornata di lavoro da bracciante. Questi aspetti sociali della trasformazione latifondistica impressionarono Tiberio Gracco, allorquando li vide vagare, con moglie e figli, affamati e malridotti in cerca di un riparo e di un dignitoso lavoro. Andavano alla ricerca soprattutto di baraccopoli nelle grandi città, e di Roma in particolare, dove, per sopravvivere si servivano di espedienti, avvalendosi di beneficenza pubblica o di impieghi di fortuna. In molti si erano ridotti a elemosinare un’occupazione dai padroni più caritatevoli e ad abbassarsi al livello della condizione servile. La rovina della piccola proprietà contadina delineava per la repubblica una situazione inaccettabile da un uomo politico che fosse davvero preoccupato di salvaguardare l’interesse generale. Del resto, un aspetto non secondario era rappresentato dal fatto che il libero contadiname italico rappresentava il vivaio delle legioni e quindi la leva che aveva determinato l’espansionismo della classe dirigente alla soglia dell’impero mondiale. Lasciare che non si pensasse a trovare dei rimedi opportuni e appropriati, significava non solo a rinunciare qualunque ulteriore conquista ma, verosimilmente, a compromettere quanto era stato ottenuto con le conquiste militari. Non accorgersi di quanto stava accadendo era impossibile, anche nel contesto sociale di un’aristocrazia ormai accecata dall’egoismo di classe, protesa ad accaparrarsi quanto di meglio trovava e ad ottenere un utile immediato senza guardare alle conseguenze che ciò comportava. Questo qualcuno fu Tiberio Gracco, cioè un uomo della più esclusiva nobiltà, sul quale si può misurare la tensione ideale e il grado di consapevolezza maturati da quella parte della dirigenza romana che, nella valutazione dei problemi, non era condizionata dagli interessi di casta…”. Per adesso ci fermiamo qui, per non annoiarvi, anche se, come dice il famoso detto latino “Historia magistra vitae”, cioè la storia è maestra di vita insegna che nel passato è depositata la radice e la ragione del presente che viviamo, pero, noi non dobbiamo esagerare…  al prossimo pezzo di storia naturalmente insieme all’esperto storico dottore Vitantonio Capozzi ( III Parte).

 

 

3 thoughts on “L’ANNO 133 a.C. NEL IMPERO ROMANO E VALLO DI DIANO. IL TRIBUNO DELLA PLEBE TIBERIO GRACCO (II PARTE)

  1. LA STORIA ROMANA E’ SEMPRE AFFASCINANTE E MOLTO INTERESSANTE ….COMPLIMENTI AL DIRETTORE BIANCHINI E TUTTA LA REDAZIONE CHE PUBBLICATE QUESTI ARTICOLI….

  2. Uno dei fattori o meglio alla base, che fecero grande l’Impero Romano e Roma, furono le varie riforme e il Diritto Romano….Esso ha influenzato, specialmente attraverso le grandi codificazioni europee del XIX e XX sec., la maggior parte degli ordinamenti giuridici attuali dell’Europa continentale, dell’America latina e, parzialmente, persino dei Paesi asiatici, lasciando inoltre alcune tracce nel diritto anglosassone…. Mi fa piacere che se ne spesso in questo giornale….congratulazione alla Redazione

  3. Concordo con Pasquale il diritto romano che era venuto elaborando dai primi sec. della Repubblica fino al Basso Impero fu l’oggetto di una compilazione voluta dall’imperatore Giustiniano. Il Corpus iuris civilis, allestito fra il 528 e il 534 e composto da un manuale di diritto per l’insegnamento (Institutiones o Istituzioni), da una raccolta sistematica della giurisprudenza classica (Digesta o Digesto o Pandette) e dalle Costituzioni imperiali (Codex o Codice e Novellae o Novelle), rappresenta la più importante compilazione del diritto romano e il corpus giur. più completo tramandatoci dall’antichità.

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