Una sentenza storica della Corte Costituzionale :gratuito patrocinio a spese dello Stato per le vittime di violenza sessuale ,maltrattamenti in famiglia, stalking, a prescindere dai limiti di reddito.

Dr. Pietro Cusati (giurista – giornalista)

 

Roma ,17 gennaio 2021. La Corte Costituzionale, con una sentenza storica la n.1, dell’11 gennaio 2021, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 76, comma 4-ter, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia», nella parte in cui determina l’automatica ammissione al patrocinio a spese dello Stato della persona offesa dai reati indicati nella norma medesima, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24, terzo comma, della Costituzione, patrocinio a spese dello Stato anche in deroga ai limiti di reddito. Si tratta della norma  che dispone l’ammissione automatica, a prescindere dai limiti di reddito , al patrocinio gratuito a spese dello Stato delle persone offese dai reati sessuali,maltrattamenti in famiglia,stalking,persone offese che vanno,quindi, incoraggiate a denunciare considerato la vulnerabilità delle vittime,oltre che le esigenze di garantire al massimo il venire alla luce di tali reati considerati di crescente allarme sociale. La Consulta  ha giudicato non fondata la questione di legittimità che aveva investito l’art. 76, comma 4-ter, del DPR n. 115/2002,Testo unico in materia di spese di giustizia, nella parte in cui si prevede l’automatica ammissione al patrocinio a spese dello Stato della persona offesa dai reati di cui agli artt. 572, 583-bis, 609-bis, 609-quater, 609-octies e 612-bis, nonché, ove commessi in danno di minori, dai reati di cui agli artt. 600, 600-bis, 600-ter, 600-quinquies, 601, 602, 609-quinquies e 609-undecies del codice penale, tra i quali rientrano i maltrattamenti in famiglia, le violenze sessuali, lo stalking. La questione era stata sollevata nel dicembre 2019, in riferimento agli artt. 3 e 24, terzo comma, della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Tivoli. Nell’ordinanza di rimessione, in particolare, il GIP del Tribunale di Tivoli rileva la violazione, da parte dell’art. 76, comma 4-ter, di una serie di norme di rilevanza costituzionale, nella parte in cui viene determinata, sulla base di un mero automatismo, l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato della persona offesa dai reati indicati dalla norma. Il GIP del Tribunale di  Tivoli  nell’ambito di un giudizio per il reato di cui all’art. 609-bis cod. pen., veniva depositata istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato da parte della persona offesa, senza la corredata dichiarazione – prevista dall’art. 79, comma 1, lettera c), del d.P.R. n. 115 del 2002, a pena di inammissibilità dell’istanza – attestante la sussistenza delle condizioni di reddito stabilite come requisito per l’ammissione stessa.Il GIP del Tribunale di Tivoli, con ordinanza interlocutoria notificata al difensore, sospendeva l’esame della domanda di ammissione al beneficio, invitando ad integrarla con l’indicazione delle condizioni reddituali e patrimoniali dell’istante. Il difensore depositava una nota in cui osservava che il reato di cui all’art. 609-bis cod. pen. è «tra quelli per i quali il patrocinio a spese dello Stato è sempre concesso alla parte offesa prescindendo dalle condizioni reddituali» e che, di conseguenza, «le richieste del giudice  non appaiono motivate rispetto al procedimento in quanto nessuna analisi delle condizioni reddituali dell’istante deve compiere il giudice, a differenza dei procedimenti ordinari, in quanto il requisito non è richiesto nella particolare fattispecie della vittima del reato di violenza sessuale».Il giudice rimettente che la procedura instaurata con il deposito dell’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato non possa essere definita indipendentemente dalla risoluzione della prospettata questione di legittimità costituzionale –, in punto di non manifesta infondatezza, viene affermato che l’art. 76, comma 4-ter, del d.P.R. n. 115 del 2002, per come interpretato dalla Corte di cassazione, contrasta con gli artt. 3 e 24, terzo comma, Cost. La regola è che il beneficio competa ai non abbienti, cioè ai soggetti che percepiscano un reddito inferiore al limite posto dal comma 1 del censurato art. 76, occorrerebbe valutare se sia possibile prevedere che vi accedano anche soggetti – senza difficoltà reddituali – che siano persone offese di determinati reati indicati nella disposizione medesima. Ed invero, l’eccezione introdotta dal legislatore non solo non sarebbe irragionevole, ma avrebbe una precisa motivazione, valutabile positivamente, e cioè quella di tutela di soggetti vulnerabili, prima o in dipendenza del crimine, che potrebbero, per tale stato, avere delle remore a denunciare e a difendersi nei procedimenti penali nei confronti dei loro aggressori. Alla tutela di persone deboli si aggiungerebbe, in senso più ampio, una finalità di prevenzione di crimini odiosi, dato che vengono in rilievo reati abituali o facilmente ripetibili in ragione dell’attitudine di alcuni soggetti a ricreare in futuro situazioni analoghe.Nel nostro ordinamento giuridico, specialmente negli ultimi anni, è stato dato grande spazio a provvedimenti e misure tesi a garantire una risposta più efficace verso i reati contro la libertà e l’autodeterminazione sessuale, considerati di crescente allarme sociale, anche alla luce della maggiore sensibilità culturale e giuridica in materia di violenza contro le donne e i minori. Di qui la volontà di approntare un sistema più efficace per sostenere le vittime, agevolandone il coinvolgimento nell’emersione e nell’accertamento delle condotte penalmente rilevanti.

 

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