il Quotidiano di Salerno

direttore: Aldo Bianchini

L’ANNO 133 a.C. NEL IMPERO ROMANO E VALLO DI DIANO. L’ASSASSINIO DI TIBERIO E LA RIVALSA DI GAIO GRACCO (IV PARTE)

Dr. Michele D’Alessio (giornalista – agronomo)

fratelli Gracco

Tutto quello che succedeva a Roma, capitale del Impero, avvenimenti e decisione politiche, si ripercuoteva, anche se in maniera minore, nelle colonie romane (erano città in qualche modo derivate da Roma, essendo la colonia una parte del popolo romano mandata ad abitare una città) nei Municipi (il municipium, era una comunità sottomessa da Roma) e le Prefetture (città che, per qualche offesa recata al popolo romano venivano private delle loro leggi e dei loro magistrati ed erano governate da un Prefetto inviato da Roma), da ciò anche citta romane dell’epoca del  territorio della provincia salernitana, come le Nuceria Alfaterna, Salernum, Picentia, Eburum (Eboli), Silarus (Ponte Sele), Acerronia (Auletta), Forum Popilii (Polla), Atina (Atena scalo), Tegianum, Consilinum (Padula), Sontia (Sanza) e i pagi di Marcellianum e Forum Anni, poi Forum Popilii. Molti di questi insediamenti furono devastati da Alarico nel 410 e solo alcuni sono stati ricostruiti in epoca medievale, come per esempio Forum Popilii ricostruita in posizione più sicura, con il nome moderno di Polla. Anche le città a sud verso la antica città, ora scomparsa, di Nerulum e da qui Muranum, l’odierna Morano Calabro, subirono cambiamenti, come pure le citta romane del territorio della Lucania, come Vico Mendicoleo (Lagonegro), Nerulum (Rotonda) e di lì il Bruzio con Consentia (Cosenza), Valentia (Vibo Valentia) infine Regium (Regio Calabria). Sentiamo lo scrittore e storiografo dottor Vitantonio Capozzi cosa portò la riforma di Tiberio.

“… Nel frattempo moriva il re di Pergamo Attalo III, il quale, non avendo figli o alcun tipo di eredi, nel suo testamento, lasciò il suo regno alla repubblica di Roma. Tiberio, approfittando di questa favorevole occasione, fece votare un’altra legge con la quale veniva autorizzato a utilizzare i tributi provenienti dalla nuova provincia per finanziare la grande distribuzione di terre che era stata decisa. Tiberio Gracco richiese che il tesoro di Pergamo venisse aperto e reso disponibile alla cittadinanza di Roma, ma il senato rifiutò. Si era consumato un altro affronto contro la volontà senatoriale, che fino a quel momento aveva la competenza sull’amministrazione del tesoro pubblico. Un ultimo affronto fece traboccare il vaso, allorquando avanzò la richiesta di reiterazione del tribunato anche per l’anno successivo a quello di scadenza. Si trattava indubbiamente di una violazione alla regola costituzionale che limitava a dodici mesi la durata della magistratura. Ma non era la prima volta che ciò avveniva. In verità, anche se la volontà dell’assemblea era inconfutabilmente sovrana, il suo comportamento in quella occasione non fu ritenuto lecito, proprio perché sembrava di volersene servire al solo fine di voler instaurare un regime personale tirannico cambiando, secondo il proprio interesse, le regole del gioco. La maggioranza dei senatori ne fu indignata. Alcuni più facinorosi e decisi, tra i quali quelli che venivano più colpiti dalla legge voluta da Tiberio, convocarono i loro accoliti, riversandoli nel Foro per impedire materialmente la elezione ritenuta illegale. Ne nacque una rissa selvaggia nel corso della quale Tiberio Gracco ebbe la peggio perdendo la vita. Che lo scopo degli aggressori fosse di togliere di mezzo fisicamente lo scomodo legislatore si può desumere dal fatto che Tiberio non fu ucciso preterintenzionalmente con un colpo di daga, ma a bastonate utilizzando la gamba di una sedia. Dobbiamo osservare che questo fu il primo delitto che si consumò in un’assemblea e che da quel momento ebbe inizio un conflitto civile che sarebbe durato per quasi un secolo, decimando almeno quattro generazioni di Romani. Questa reazione, verosimilmente ritenuta eccessiva e spropositata, perpetrata da parte dell’aristocrazia è la prova della sua rapidissima involuzione verso l’egoismo di classe provocato dall’arricchimento. Di certo, nella mente di Tiberio non balenava l’idea di organizzare una rivoluzione ma il suo intento era semplicemente rivolto a ripristinare una situazione sociale che aveva permesso a Roma di affermarsi come grande potenza e alla stessa dirigenza governativa di diventare protagonista privilegiata di un successo, che fino a quel momento, non aveva avuto precedenti, se si prendono a confronto le oligarchie del mondo antico. Comunque è utile osservare che la questione dell’ager pubblicus, che si auspicava di sopprimere con l’eliminazione di Tiberio, in realtà doveva portare ai contrasti più violenti di tutto l’ultimo secolo repubblicano e a mandare di traverso il godimento dei suoi privilegi alla dirigenza oligarchica. Il testimone lasciato cadere da Tiberio fu raccolto, dieci anni dopo, da suo fratello Gaio Gracco

Il Senato romano

Gaio, diverso come carattere dal fratello maggiore, aveva più di lui, non solo e tanto, una spiccata attitudine politica ma anche una straordinaria lucidità nell’individuare le situazioni reali. Intuì che il vero problema non era tanto di far passare la riforma agraria patrocinata da Tiberio, quanto piuttosto escogitare una strategia diversa utilizzando gli strumenti idonei che potessero, in un certo qual modo, condizionare e dimensionare quello strapotere che l’oligarchia, attraverso le sue clientele e le istituzioni statali, esercitava sullo Stato e sulle decisioni che riguardavano l’intera comunità. Per poterlo risolvere, appena fu eletto tribuno, fece approvare due provvedimenti che, assecondando le sue intenzioni, sottraevano, con il primo, all’oligarchia il potere giudiziario. Infatti, le giurie dei tribunali erano composte di senatori che molto spesso si servivano del voto in giudizio per sostenere la politica conservatrice o per gestire assoluzioni e condanne. Gaio li allontanò dalle esedre in cui si amministrava la giustizia e li sostituì con gli equites, un ceto sociale molto ricco, che, preferendo fare affari, aveva scelto di rinunciare al servizio di Stato, alla carriera politica e, quindi, a concorrere alle elezioni per ottenere una magistratura. Gli equites (cavalieri), che gestivano il potere economico dell’epoca, non si contrapponevano al potere politico rappresentato dai senatori, nella considerazione che con costoro normalmente colludevano per difendersi dalle pretese dei meno privilegiati, ma dai quali qualche volta erano tentati di distinguersi, specie se la separazione serviva ad aumentare o garantire meglio le ricchezze. Con il secondo provvedimento si assicurò lo strumento più efficace per ottenere lo scopo e cioè la disponibilità assoluta dell’assemblea. Tiberio non era mai certo di poter fare approvare le sue leggi dai comizi tributi, perché la maggioranza dipendeva dal numero dei contadini dell’entroterra laziale disposto a trasferirsi a Roma nei giorni delle votazioni. Gaio invece si garantì questa assoldando la plebe di Roma, stabile in città e quindi sempre pronta a votare. E la ottenne con una trovata ma semplice: un decreto col quale si consentiva ai cittadini poveri di acquistare, nei magazzini governativi, a metà del prezzo di mercato, la quantità di grano sufficiente a portare in tavola ogni giorno quella specie di polenta di frumento che i Romani chiamavano puls e che era il loro piatto nazionale. Era un provvedimento demagogico che infliggeva un colpo micidiale al bilancio della repubblica. Fu accolto però dagli interessati con un entusiasmo che saliva dai precordi; interpretava infatti puntualmente la vocazione profonda degli italiani di tutti i millenni, quella di essere mantenuti dallo Stato. Il provvedimento ebbe successo strepitoso e Gaio riprese e mandò avanti la riforma agraria patrocinata dal fratello e, per renderla più appetibile, cioè per coinvolgere nell’operazione non solo i coloni prescelti nelle assegnazioni, ma anche operai, artigiani e imprenditori, vi abbinò un grandioso programma di opere pubbliche, in particolare strade. L’originalità della sua politica, l’incisività dei metodi con cui l’attuava, avevano fatto di lui il protagonista assoluto della vita dell’urbe. Si muoveva come un re o un principe e svettava sugli altri magistrati con un prestigio che nessuno fino allora era riuscito a meritare. Non gli fu difficile perciò replicare l’elezione a tribuno anche per un altro anno. Il suo secondo tribunato dimostrò che non era soltanto un abile politicante, preoccupato di garantirsi il potere a qualsiasi prezzo, ma che era uno statista di grande livello. Propose infatti di estendere la riforma agraria a tutti i soci italici e nello stesso tempo di riconoscergli l cittadinanza romana. Il progetto era grandioso ma anticipava troppo i tempi. Infatti fu rifiutato non solo dai nobili ma anche dalla plebe di Roma, la quale non voleva altri aventi diritto allo sfruttamento dell’erario. Secondo lei era opportuno che il tesoro pubblico fosse riservato solo agli abitanti della capitale. Il senato tentò varie azioni contro la politica di Gaio e alla fine, prendendo pretesto da un incidente, fornì l’occasione ai suoi sostenitori più accesi di eliminare il tribuno (che preferì farsi uccidere da un servo invece che da un sicario e qualche migliaio dei suoi seguaci. Da sempre aveva saputo, del resto, che con gli avversari davvero difficili conveniva non cincischiare e affrettarsi a toglierli di mezzo definitivamente. I termini della lotta politica che si sarebbe sviluppata negli anni successivi, in Roma e in Italia, sono quelli messi in evidenza dalle idee e iniziative di Gaio. Più di chiunque altro infatti questo geniale tribuno aveva capito cosa bisognasse fare per rendere l repubblica di Roma una comunità la cui potenza, nei confronti di terzi, fosse fondata soprattutto sulla equità di trattamento riservato dalle leggi ai suoi cittadini….” Cosa accadde dopo la morte di Caio Gracco? La morte di Caio Gracco rappresentò un duro colpo per le classi popolari. La riforma agraria fu privata di ogni valore e si tornò appieno al latifondo con una nuova scomparsa della classe dei piccoli proprietari terrieri…ma di questo, parleremo la prossima volta.

 

4 Commenti

  1. E’ una panoramica completa sulla storia di Roma dalle sue origini alla decadenza e alla fine dell’Impero d’Occidente…..e sul primo tentativo di riforma agraria…

  2. Come dice Alberto Angela “La Storia, come spesso accade, arriva silenziosa e in punta di piedi. Ma travolgerà tutto… E tutti….”

  3. Questi articoli sono un reimmergermi in un periodo storico lontano nel tempo ma vicino nel nostro sentire….non pensavo , che la storia Romana fosse cosi vicino a noi del Vallo di Diano…

  4. Questa serie di articoli sul Impero Romano si leggono davvero con piacere e stimola la curiosità di una epoca lontana…

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