il Quotidiano di Salerno

direttore: Aldo Bianchini

IL PALAZZO DELL’EX TRIBUNALE

Avv Giovanni Falci

Avv. Giovanni Falci

E’ partita una specie di concorso di idee su come utilizzare gli spazi del palazzo dell’ex Tribunale di Salerno che insiste tra i corsi V. Emanuele e Garibaldi con due autonomi ingressi.

Come spesso accade in questi casi, più che di “idee” in senso letterale, si tratta di “fantasie” perché non sono sorrette da ragionamenti che indicano i passaggi logici che portano a determinate conclusioni.

In realtà, le fantasie non sono proprio correlate a negatività, anzi.

E poiché qui si parla di città e di fantasia il pensiero non può che correre verso l’opera di Tommaso Campanella: “LA CITTÀ DEL SOLE”, opera ritenuta celebrazione dell’utopia.

Proprio questa parola che viene adoperata per rappresentare la speranza di qualcosa di buono in cui tutto funzioni alla perfezione, deriva dal greco ο (“non”) e τόπος (“luogo”) e significa “non-luogo”. Una specie di controsenso se si parla di urbanistica che dovrebbe produrre luoghi vivibili e sostenibili sotto diversi profili.

Parlando di utopia, inoltre, non può, non farsi riferimento all’altro filosofo, Tommaso Moro che scrisse qualche anno prima di Campanella il famoso “UTOPIA”, nel quale, per un gioco di parole con l’omofono inglese “eutopia”, derivato dal greco ε (“buono” o “bene”) e τόπος (“luogo”), che significa quindi “buon luogo” ha applicato un significato positivo a questo termine.

Questo, dovuto all’identica pronuncia, in inglese, di “utopia” e “eutopia”; dà quindi origine ad un doppio significato: utopia (nessun luogo), eutopia (buon luogo).

L’utopia sarebbe dunque un luogo buono/bello ma parimenti inesistente, o per lo meno irraggiungibile.

E allora, su questo argomento vorrei dare un mio contributo, senza tradire la premessa da cui sono partito; e perciò un contributo “argomentato”.

Ci sono, secondo me, tre criteri che orientano la scelta, e, per noi, a Salerno, anche un quarto criterio tutto locale.

Il primo criterio è quello politico.

Questo criterio si basa sulla scelta che l’amministrazione di una determinata città fa del destino del proprio territorio.

Una politica attenta, perciò, deve innanzitutto decidere che “vocazione” ha la città e, quindi, realizzare le scelte consequenziali.

Per intenderci, una amministrazione che intravedesse una vocazione industriale della propria città, dovrebbe prevedere la realizzazione di strade larghe per il transito di autoarticolati, ottimi e plurimi collegamenti con la ferrovia, e tutto quanto utile a sviluppare la vocazione individuata.

E allora, se la vocazione di Salerno, si è finalmente capito essere quella di polo turistico, in quel luogo e in quell’enorme volume non può che prevedersi un polo museale.

Una città collocata tra Paestum e Pompei, tra i due tra più importanti siti archeologici del mondo, non può non essere dotata di un museo di arte e archeologia greca e romana all’altezza.

Salerno, cioè, deve potersi candidare a essere la capitale delle gite scolastiche di tutta Europa (magari che arrivano in aereo a Pontecagnano) e tappa obbligata di tutte le crociere nel Mediterraneo.

Nessun posto può vantare la possibilità di poter visionare a pochi chilometri di distanza, due realtà archeologiche del calibro di quelle indicate.

Ci saranno posti in cui si potrà sicuramente visitare un sito della Grecia antica o della Roma imperiale, ma non ci saranno molti luoghi in cui si può fare l’accoppiata come da noi.

E che dire, poi del Medio Evo periodo storico di straordinaria importanza per questa città che ha un Duomo che è stato sede papale come solo altre due chiese al mondo: San Pietro a Roma e la cattedrale di Avignone.

Ma, poi, in considerazione del volume dell’edificio veramente imponente, non è detto che il “museo di archeologia greco romana” non possa coesistere con altre iniziative.

E’ il caso, ad esempio, di un grande centro congressi capace di portare in città l’Università che, per dove è ubicata, non pare essere di Salerno.

I convegni, le conferenze, i congressi che si organizzano nell’Ateneo non sono vissuti dai salernitani perché rimangono fuori città ad appannaggio dei soli addetti ai lavori.

Questi eventi, invece, collocati in una sede di prestigio nel centro della città a pochi metri dalla stazione ferroviaria, diventerebbero una grande occasione di crescita culturale di tutta la città che si vedrebbe coinvolta in eventi di sicura importanza.

L’università arricchisce le città in cui sono collocate perché la circolazione di cervelli che comporta non può che giovare all’intero territorio.

Padova, Siena, Urbino, Pisa ma anche Napoli, Roma, Milano hanno le sedi delle loro accademie in pieno tessuto urbano; c’è un continuo “contagio” tra l’Accademia e il popolo che a Salerno manca per la scelta che all’epoca fu fatta e sulla quale non si può tornare indietro.

E’ chiaro, però, che la riuscita di una simile trasformazione andrebbe gestita con attenzione e soprattutto andrebbe affidata a persone capaci di realizzare il progetto.

Una idea senza persone capaci di attuarla non ha alcun senso!

Qui, perciò la questione si inizia a complicare perché la scelta della persona deve necessariamente andare in una direzione opposta a quella della raccomandazione o, peggio, del gradimento politico, del vassallaggio per tornare al Medio Evo cittadino.

Qui torna allora l’utopia di Campanella che costruisce la sua opera ispirandosi al concetto di società Tradizionale che si basa sulla libertà e la giustizia nel rispetto dei ruoli che i singoli individui ricoprono in tale ambito.

Il valore del singolo, infatti, non è legato a ciò che individualmente rappresenta in questa società, ma alla sua espressione spirituale ed esistenziale in quanto uomo.

Il pensiero di Campanella è in antitesi con la religione e la politica del suo tempo e paradossalmente con quella del nostro di tempo.

Campanella con la sua opera si pone contro la politica che ha subito una caduta ed un degrado, e si pone in contrasto con le istituzioni corrotte, mezzo per perpetuare gli interessi di pochi e non per quelli della comunità.

Campanella è sostenitore del leggero vento di rinnovamento che iniziava a farsi avanti nel Seicento italiano ed era un sognatore, un utopista come è necessario che ce ne siano sempre anche se inascoltati.

Gabriel Zuchtriegel è l’esempio più calzante per comprendere questo mio concetto.

Questa persona è stata scelta per le sue capacità senza neanche essere nelle liste elettorali di Salerno o di Capaccio e ha portato il sito archeologico di Paestum a livelli di conoscenza e produttività mai conquistati in precedenza.

Ora è a Pompei per dirigere quell’altra area archeologica e mietere nuovi successi.

Dopo la scelta della persona ci vuole un successivo passaggio e cioè stabilire che l’operazione deve essere fatta da privati.

Il compito dell’amministrazione della città è quello di scegliere le varie operazioni, di decidere, poi l’attuazione della scelta e della decisione va fatta da parte del privato che ha tempi, qualità ed economie diversi e più efficaci dell’Ente Pubblico.

Nulla vieta questa soluzione: destinazione pubblica di un’opera non significa gestione pubblica della stessa. E’ possibile, ed anzi auspicabile, che la destinazione pubblica avvenga attraverso una gestione privata. Questo è il futuro delle amministrazioni.

In fin dei conti per meglio comprendere questo ragionamento basta guardare i diversi risultati della Marina d’Arechi e del Teatro Ghirelli.

La prima gestita e realizzata da privati è una realtà in continua crescita e sviluppo capace di creare ricchezza per la città; la seconda è chiusa e non funziona nonostante le potenzialità enormi dell’area sulla quale sorge.

E ancora il castello Baronale di Torraca di proprietà e gestito dal Comune dopo un restauro (sarebbe più corretto dire ristrutturazione vista la qualità scarsa dell’intervento) costato milioni di euro che è desolatamente chiuso e non è in grado di sviluppare economia per il paese e questo a prescindere dal COVID 19.

Il secondo criterio è quello tecnico, quello, per intenderci in cui la scelta e la valutazione viene fatta  dagli addetti ai lavori, dagli urbanisti.

In quel posto, perciò, da decenni luogo destinato a uffici e in particolare uffici giudiziari, il c.d. “carico urbanistico” non sarebbe alterato o modificato da trasformazioni di uso del volume.

Se si decidesse di trasformare l’edificio in residenze ci sarebbe una trasformazione drammatica del sito perché aumenterebbe a dismisura la popolazione residenziale della zona non sorretta da adeguati e proporzionati standard.

E allora perché non pensare ad un polo di uffici giudiziari?

Il TAR, il Tribunale per i Minorenni, gli uffici UEPE, gli uffici dell’UNEP, il Giudice di Pace, le commissioni tributarie di primo e secondo grado, otterrebbero una loro collocazione razionale, comoda e funzionale a differenza delle attuali sedi impraticabili in pieno centro storico senza zone per parcheggio e senza collegamenti con mezzi pubblici.

La collocazione di uffici giudiziari, ma anche del polo museale andrebbe poi a salvare anche tutte le attività commerciali che per decenni sono fiorite in quella zona e che oggi rischiano di dover chiudere nella mutata situazione urbanistica.

Questi due criteri, ovviamente sono intimamente collegati tra di loro; l’unica differenza consiste nel ruolo di propulsore e di esecutore che può invertirsi, nel senso che se a decidere saranno i tecnici, i politici diventeranno gli esecutori del loro progetto attraverso l’adozione degli atti di attuazione; mentre, invece, se propulsori saranno i politici, i tecnici diventeranno gli esecutori della loro volontà trasformando l’idea di indirizzo in progetti tecnici esecutivi.

Il terzo e il quarto criterio sono anch’essi intimamente collegati tra di loro e, invece che riguardare aspetti razionali delle decisioni, riguardano aspetti sentimentali e come tali irrazionali. Ma non sono sogni nel senso innanzi individuato.

I sentimentali potrebbero essere propensi alla soluzione del polo giudiziario per poter chiamare ancora come i nonni e i bisnonni, quel palazzo “u’ Tribunale”.

Forse questo sarebbe il più democratico dei criteri, ma anche il meno affidabile.

Il quarto criterio, invece, quello solo ed esclusivo di Salerno, è il criterio che definirei “anti De Luca”.

Esiste in questa città una sorte di modo di pensare che porta ad avversare qualsiasi cosa sia proposta, e anche solo pensata dal nostro attuale Governatore.

Come dire: “piace a De Luca? Lo vuole De Luca? E allora no! A prescindere”.

Io penso addirittura che esistano persone che, dopo aver pensato ad una certa soluzione per quel palazzo, siano capaci di rinnegare tutto solo se De Luca si trovasse in sintonia con la loro soluzione.

Anche qui si tratta di un criterio non razionale ma sentimentale perché l’odio rientra tra i sentimenti. Sentimento nefasto, improduttivo che non è rivolta ma risentimento.

E mentre la rivolta è un fatto positivo perché attraverso essa si vuole affermare ciò che si è, il risentimento è negativo perché è sempre verso se stessi e mira ad affermare e ribellarsi per ciò che non si ha e non si è capaci di avere.

A questo punto non ci resta che concludere con la solita e ricorrente frase: ”chi vivrà vedrà”!

Giovanni Falci

1 Commento

  1. Preceduto da un dotto excursus filosofico-etimologico sul concetto dell’utopia a cui si può dare il significato di “non luogo” o, più arditamente, di “buon luogo”, questo intervento dell’avv. Falci ritorna sul tema delle “idee” o, preferibilmente, delle “fantasie” che sono fiorite circa il possibile riutilizzo del Palazzo ex Tribunale, rimasto inutilizzato dopo l’avvenuto trasferimento degli Uffici Giudiziari nella nuova sede di Via Dalmazia.
    Trovo produttivo questo ritorno sull’argomento, che alcune settimane fa aveva destato una certa attiva partecipazione, dopo che da parte del figlio di Vincenzo De Luca era stata avanzata la proposta di farlo diventare sede del Rettorato dell’Università.
    Qui vengono preannunciati quattro criteri che potrebbero guidare una eventuale scelta per la futura destinazione d’uso dell’edificio.
    Gli ultimi due, definiti sentimentali e come tali irrazionali, sembra di capire che meritino scarsa attenzione da parte dell’autore. Sono espressione di un localismo dal marchio ben individuato e spesso molto avversato.
    Non meriterebbero quindi di essere presi in considerazione.
    Sui primi due criteri invece c’è un maggiore indugio per esporre quali sarebbero i motivi che farebbero propendere per l’uno o per ‘altro
    C’è la soluzione del polo di uffici giudiziari con l’accentramento ivi del TAR, del Tribunale dei minorenni, degli uffici dell’UNEP, del Giudice di Pace, ecc.
    Nulla di nuovo sotto il sole. Continuerebbe a esserci “u’ Tribunal”
    la proposta di un insediamento museale è stata avanzata anche in altre occasioni. Si avallava il proposito di accentrare la opere attualmente esposte nei vari musei cittadini, con una operazione difficilmente realizzabile e carica di difficoltà burocratiche e organizzative.
    Suggestiva è ora l’idea di creare un Museo di archeologia greco romana.
    Una “concreta fantasia” porta a vedere la collocazione di Salerno fra Pompei e Paestum come quella capace di attirare migliaia di visitatori che verrebbero nei capoluogo prima (o dopo) essere stati nei due luoghi di millenaria memoria. Dovrebbero però poter ammirare in detto Museo reperti non di poco valore e importanza, onde evitare di andare incontro a inevitabili delusioni.
    il compito della persona – un tecnico o un politico – incaricato di provvedere a un idoneo e produttivo allestimento delle sale sarebbe molto arduo e impegnativo.
    Rimarrebbe infine l’ultima opzione su attività accademiche/universitarie (convegni, conferenze, congressi). Non sarebbe da escludere, anche se andrebbe monitorata la frequenza con cui avviene la frequenza di detti avvenimenti.
    E in ogni caso però la presenza nello stesso stabile del Rettorato dell’Università darebbe una impronta di maggior prestigio, anche nei confronti dei convenuti.

Invia una Risposta

Attenzione: la moderazione dei commenti è attiva e questo può ritardare la loro pubblicazione. Non inoltrare più volte lo stesso commento.