il Quotidiano di Salerno

direttore: Aldo Bianchini

GIUSTIZIA: Davigo-Mieli … quando i simboli diventano indifendibili !!

Aldo Bianchini

Il pm della discordia, Paolo Storari, esce dal Tribunale di Roma dopo l'interrogatorio

SALERNO – Una nuova vicenda giudiziaria rischia di infangare e travolgere la credibilità della magistratura che il libro-intervista, firmato dal giornalista Alessandro Sallusti (direttore del quotidiano “Il Giornale”) e dettato dall’ex magistrato Luca Palamara che in passato è stato anche a capo dell’ ANM (Associazione Nazionale Magistrati), sta letteralmente trascinando decine di magistrati di alto livello nella polvere di gravissime responsabilità penali e nella feroce guerra tra le varie correnti che inquinano l’intero corpo dei magistrati, fin dalle fondamenta e fin dentro il Palazzo dei Marescialli (sede del CSM – Consiglio Superiore della Magistratura).

 

L'ex magistrato Piercamillo Davido (già simbolo di "Mani Pulite")

La vicenda:  Verso la fine del 2019 a Milano il pm Paolo Storari consegna in maniera riservata e non formale all’allora consigliere del CSM Piercamillo Davigo (uno dei simboli di “mani pulite”) sette verbali delle deposizioni rese dall’avv. Piero Amara (personaggio molto discusso). Nei verbali ci sarebbero accuse e veleni contro molti magistrati, alcuni dei quali componenti del CSM, sparsi in diverse Procure italiane. Si ipotizza anche l’esistenza di una cupola (del tipo massonico) denominata “Ungheria” che gestirebbe la vita e le carriere di quasi tutti i magistrati, anche quelli impegnati nei maggiori processi a sfondo politico.

Il magistrato Piercamillo Davigo ne parla informalmente con il vice presidente del CSM David Ermini e con il procuratore Generale della Cassazione Giovanni Salvi; ne parla anche, nella tromba delle scale di Palazzo dei Marescialli, con l’on. Nicola Morra (presidente della Commissione Nazionale Antimafia e parlamentare del Mov. 5 Stelle).

Incontri, ripeto, tutti informali con nessuna nota scritta; tanto da far esclamare al giornalista Piero Sansonetti (direttore del quotidiano “Il Riformista”) che probabilmente in quella tromba di scale Davigo (sostenuto dal giornale “Il fatto quotidiano”) stava impartendo ordini a Morra sulle decisioni politiche da assumere in sede di riforma della giustizia; anche alla luce di quei sette verbali che Davigo fa scorrere sotto gli occhi increduli di Morra per evidenziare anche alcune irregolarità a carico di Sebastiano Ardita (altro magistrato del CSM) che nel plenum aveva osato sostenere chi votava contro la prosecuzione della presenza di Davigo nel CSM oltre l’imminente pensionamento.

Dr. Paolo Mieli (storico - giornalista)

Nessuno assume posizioni ufficiali e nessuno fa passi clamorosi, tutti fermi anche perché una parte di quei verbali (assunti agli inizi del 2019) erano stati forse utilizzati per far fuori Luca Palamara dalla magistratura sulla scontra di una ipotetica accusa lanciatagli contro dell’avv. Amara.

Ma quello che sembra un caso sommerso nel silenzio e nei segreti all’improvvisa scoppia e deflagra in maniera eclatante quando Nino Di Matteo (magistrato antimafia in quota CSM), al quale erano pervenuti anonimamente i sette verbali, decide subito di chiedere per iscritto spiegazioni al riguardo; subito dopo anche due giornali “La Repubblica” e “Il Fatto quotidiano” hanno cominciato a pubblicare stralci di detti verbali che, ovviamente, hanno sollevato un notevole polverone. Era accaduto che la dott.ssa Marcella Contrafatto (già segretaria nel CSM del magistrato Davigo) avrebbe forse deciso autonomamente di inviare i verbali sia ai due giornali che al dott. Di Matteo.

Su tutta questa vicenda che lascio a Voi lettori giudicare si è aperto una dibattito clamoroso a livello di media nazionali; la politica non parla, i vertici della magistratura non rendono dichiarazioni anche perché sulla vicenda indagano, per motivi diversi, ben quattro Procure: Milano, Roma, Brescia e Perugia.

 

Difesa e caduta dei simboli: Tra domenica e lunedì appena passati ho assistito a comparsate televisive che definire squallide è dire poco; le interviste rese e non rese da Piercamillo Davigo (un simbolo di “Mani Pulite”) e le dichiarazioni in presenza fatte da Paolo Mieli (un simbolo del giornalismo storico italiano). La trasmissione di Massimo Giletti “Non è l’arena” ha messo a nudo la pretestuosa autodifesa di Davigo fondata sul nulla e la servile, sconcertante e patetica difesa dell’ex magistrato da parte di Mieli che in un sol colpo ha perso definitivamente tutta la sua potenzialità carismatica che ancora poteva conservare un vecchio e paludato giornalista come lui.

Peccato, un vero peccato; da Davigo, considerato il suo tratto caratteriale, ci si può anche aspettare un’autodifesa ad oltranza, ma per Mieli cercare di difendere l’indifendibile davvero è troppo. In un sol colpo sono caduti due simboli.

Dimenticavo; nello studio televisivo era presente anche Luca Palamara, dal confronto la sua immagini è venuta fuori ingigantita.

Invia una Risposta

Attenzione: la moderazione dei commenti è attiva e questo può ritardare la loro pubblicazione. Non inoltrare più volte lo stesso commento.