Tutti la invocano…! Speriamo…

 

Prof. Nicola Femminella (scrittore)

Prof. Nicola Femminella - scrittore

Ritengo che anche le parole vivano una stagione per poi sparire nel buio, quando non si traducono in azioni concrete. Rimangono in una vetrina e la polvere inesorabile le copre. Appaiono seguendo mode ricorrenti. Oggi, anche nei nostri territori, a sud di Salerno, ne gira una: cultura. E la si ripete specie nei convegni organizzati dalle agenzie in qualche modo connesse alla politica. Altre parole nel passato erano frequenti, ma poi sono svanite come le gocce d’acqua nell’oceano: sviluppo economico, incremento dell’occupazione, eliminazione delle disuguaglianze tra le regioni, mobilità e opere pubbliche salvifiche, finanziamenti, programmi, piani, ecc. Resiste da oltre 150 anni la parola “Questione” intimamente legata all’aggettivo “Meridionale” perché non interessa le sdegnose popolazioni che vivono nel nord, che non vogliono sentirla neppure nominare perché dall’Unità d’Italia-dicono-fagocita voracemente miliardi che, consegnati a loro, farebbero dell’Italia la valle dell’Eden. Senza alcun dubbio sono le due parole che hanno assunto nel tempo sempre maggiore valore per le comunità del Mezzogiorno d’Italia. Le hanno riempite di contenuti voci autorevoli della storia meridionalistica come G. Fortunato, G. Salvemini, A. Gramsci, D. M. Smit. A riguardo dell’argomento che esse richiamano, personaggi eminenti dei nostri giorni lanciano apprensioni inquiete. Draghi: “il reddito del sud è il 55% del Centro Nord; negli anni Settanta era il 65%; nel 2008-18 gli investimenti pubblici al sud si sono dimezzati.” Il ministro dell’Economia, Daniele Franco: “A colmare il ritardo non basta un piano di sei anni del Ricovery Fund, occorre una strategia complessiva di politica economica e sociale.” Fabio Panetta, consigliere della Bce: “il Sud è un motore inceppato da decenni; illusorio pensare di uscire dal declino tirandosi indietro un Sud inerte; un paese non regge se una parte guadagna il doppio dell’altra.” Il Covid ha peggiorato drammaticamente i dati con 390.000 posti di lavoro persi e il recupero previsto per il dopo Covid nel Meridione crescerà di un terzo rispetto al Centro Nord, facendo lievitare ulteriormente il divario tra le due Italia. La sanità, la scuola, i trasporti e gli altri servizi segnano le stesse criticità. Ne sono testimonianza i malati del sud in processione verso gli ospedali del nord; i dati Ocse-Pisa nella lettura, matematica, scienze riguardanti i nostri ragazzi quindicenni che, rispetto a quelli del Nord, compongono un manifesto osceno; i tempi di percorrenza per raggiungere le regioni del sud, partendo da Roma o Milano.

Nel passato, quindi, si è fatto poco o niente. Assumiamo tale giudizio come punto da cui partire, grado di consapevolezza, nucleo fondante di responsabilità. E qui entra in campo la parola magica, stella polare da seguire, l’elemento comune che dovrebbe unire tutti quelli che amano la nostra terra. La parola dai poteri straordinari è quella introdotta all’inizio: cultura. Dovrebbe essere il fondamento dei nuovi tempi per coloro che intendono avere parte attiva nel creare orizzonti inediti per il sud. Indurli a offrire il proprio contributo per il suo riscatto, con l’unico obiettivo di migliorare le condizioni di vita delle comunità e, soprattutto, creare migliori presupposti socio-economici per le prossime generazioni destinate ad abbandonare le nostre belle e amate contrade per offrirsi, vittime sacrificate, agli imprevisti di una terra straniera e lontana.  Dove, fra l’altro, si troveranno a sgomitare nei prossimi anni con milioni di coetanei provenienti dai continenti poveri, che renderanno sovrabbondante l’offerta di chi cerca un lavoro anche a salario misero. La dobbiamo assumere tutti, elevarla, arricchirla di conoscenze, abilità, competenze. Attraverso la coesione, la partecipazione, la determinazione dobbiamo rendere la cultura spendibile per studiare, ricercare, progettare, proporre, lottare e pretendere da chi è abilitato a darci ciò che ci spetta.  Certo gran parte della responsabilità per un cambiamento possibile è a carico di chi il sud lo abita e ci vive, che dovrà mostrare da parte sua le qualità migliori di questo mondo, senza praticare vie traverse, pratiche furbesche, atti indecenti. Opere pubbliche iniziate e predate di tutto quello che vi era stato posto è una condanna che ci umilia; i milioni che abbiamo sprecato per fini utilitaristici di bottega ci corrodono l’immagine; incapacità macroscopiche evidenziate ci fanno arrossire; il veleno sistematico della corruzione e organizzazioni malavitose hanno svuotato di energie il passo verso le soluzioni previste. Per un passato che ci espone al dileggio e ci procura diffidenza e condanne senza appello. Ora è tempo di un imperativo categorico: ogni atto di chi svolge un ruolo determinante deve assumere una dimensione culturale e connotarsi di valori che lo rendano limpido e trasparente, nobile e meritevole di stima e giudizio positivo. E la scuola, le famiglie, il sindacato, la chiesa e le altre agenzie educative la devono professare, promuovere e diffondere soprattutto tra le giovani generazioni. Le istituzioni politiche a cui è affidato il governo del territorio e il destino delle popolazioni devono farla propria e declinare gli ambiti in cui darle vita, perché possa tramutarsi in cultura di governo, cultura di territorio, cultura di rinnovamento, di partecipazione. Perché si possa avere una inversione di rotta radicale. Nel loro animo devono recuperare amore puro e passione cocente per la propria terra; nella mente un neurone che la prenda in considerazione, le dia energia e la traduca in fattualità concreta. Sentimenti e cellule nervose che, è certo, risiedono nell’animo e nel cervello di ogni essere umano. E l’azione educativa delle istituzioni e gli esempi virtuosi di uomini e donne li diffondano e li moltiplichino. Come uomo di scuola non accetto che tutto quanto espresso sia considerato un nugolo di parole al vento, vana e inutile utopia. Se così è, scriviamo le lettere iniziali delle parole Questione e Meridionale con i caratteri minuscoli, togliendo loro la dimensione storica e…culturale che finora hanno indicato quelli maiuscoli!

 

 

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